30.8.09

L'articolo della domenica. Ai piedi di Pietro.


Ai piedi di Pietro
Il Cardinale è disgustato, il Cavaliere salta la cena e proclama "io non c'entro, a Feltri non telefono mai", il Direttore qui lo nega e qui no, comunque giura "La Polizia non era informata e non informava". La storia delle mazzate di Feltri ai "moralisti", peculiarmente al direttore dell' "Osservatore romano" Boffo, delle reazioni e controreazioni che hanno suscitato, ha assunto toni e movenze da avanspettacolo e ci sarebbe da scompisciarsi dalle risa se non vi fermentasse dentro un fetido finale, da tragedia.
La domanda angosciosa che circola è: riuscirà il Cavaliere a chiudere in senso autoritario quella che hanno chiamato la "lunga transizione" ed era in realtà una vera e propria "crisi di regime"?
Renato Covino, che qualche mese fa sul tema si è interrogato su "micropolis", ha risposto "è possibile". La sua analisi ha trovato conferme nel tempo: il fascio di "poteri forti" costruito intorno all'imperatore mediatico regge e la crisi inevitabilmente rafforza l'esecutivo cui in molti si affidano per la tutela della loro posizione. Non è un processo facile, si tratta di ridisegnare il complesso delle istituzioni e i loro equilibri interni e di sancire le nuove gerarchie sociali e territoriali, è nelle cose che ci siano intoppi, scricchiolìi, momenti di crisi; ma a tutt'oggi la realtà sembra smentire gli ottimisti. Ci capita di vedere quasi ogni giorno amici e compagni aggrapparsi a qualsiasi appiglio per "poter riderci sopra e continuare a sperare": l'ultimo è stato proprio la campagna sulle "orge" di Berlusconi e del suo entourage, campagna giustificatissima e certamente non invasiva del privato, visto che Berlusconi per primo ha sempre mescolato il personale e il politico e che quasi tutti i fatti denunciati hanno importanti implicazioni di etica pubblica. Le reazioni di mezzo mondo, del resto, ci dicono che pochi Paesi tollererebbero una simile presenza alla guida del Governo. Ma l'Italia tollererà: le sue televisioni l'hanno resa una immensa casa di tolleranza.
A favore del Cavaliere gioca del resto la debolezza dell'opposizione politica: il Pd che si divide, Di Pietro che mira a dividere, la sinistra che è arrivata alla scissione dell'atomo, tutti uniti invece nella salvaguardia di rendite di posizione talora risibili, modeste sempre. Si aggiunga che l'Italia pacifica e civile che scendeva in piazza sei o sette anni fa non esiste più e la società spesso dà l'impressione di un agglomerato informe, impaurito e incattivito, in cui corporazioni, gruppi e singoli meschinamente si attaccano al tornaconto immediato.
E' vero che ci sono alcune lotte operaie esemplari, ma ancora episodiche, se non isolate; è vero che la Cgil tiene la posizione, ma la magistratura nel frattempo dà l'impressione di mollare. La resistenza più forte riguarda settori del sistema informativo e dell'intellettualità, pezzi di impiego pubblico (soprattutto scuola e sanità) sotto scopa anche per le fuorvianti campagne dell'indecente Brunetta e un associazionismo ispirato all'ecopacifismo, alla solidarietà, al civismo, diffuso ma spolpato dalla crisi, ridotto a scheletro. Troppo poco.
In Sicilia l'espressione "essere ai piedi di Pietro" significa la più profonda disperazione. E' un modo di dire che aiuta a capire la situazione attuale: ai pensatoi d'opposizione non è rimasto che sperare nella Chiesa cattolica, nella possibilità che si defili dal regime in costruzione. Questa è la sponda agognata della campagna sui vizi del premier, in cui si spera anche per la pervicace caratterizzazione sessuofobica del cattolicesimo romano. I festini, l'esuberanza (forse più ostentata che reale) del Casanova di Arcore, il reclutamento delle belle donne, le promozioni per meriti sessuali non dovevano essere cose sconosciute a "Repubblica" o a "L'Espresso" già cinque o sei anni fa , ma un tempo si sceglievano altri temi e filoni. Oggi va bene tutto ciò che potrebbe allontanare dai governativi il cattolicesimo organizzato.
Al governo la gerarchia ecclesiastica ha chiesto finora soprattutto due cose: la sanzione di un primato morale su vita, morte e famiglia attraverso leggi ispirate dal clero (niente testamento biologico, unioni gay, divorzio breve, ecc) e un crescente sostegno economico (a scuole, oratori, collegi, università, ospedali, banche, cooperative confessionali). Ruini aveva già ottenuto molto, Bertone e Bagnasco sono sul punto di ottenere moltissimo. Questo spiega la prudenza delle prime reazioni e una certa diversificazione di ruoli tra "falchi" e "colombe". "L'Osservatore Romano" ha sempre conservato un diplomatico understatement sui vizietti del Cavaliere, "Avvenire ha a lungo dosato la condanna, "Famiglia Cristiana" è stata invece univoca nell'affermare da subito che chi governa non può ostentare lusso e sesso facile. Altre critiche dai giornali cattolici sono venute al Governo sulla questione dei migranti, prima e dopo la terribile tragedia di Lampedusa, soprattutto per alcune disposizioni del decreto sicurezza di evidente ispirazione xenofoba.
Berlusconi e soci ci hanno messo un po' prima di organizzare la reazione, alla fine la scelta è stata chiara: fare saltare ogni forma di galateo e usare ogni mezzo per silenziare o almeno moderare le voci critiche nella tv, nella grande stampa , nel mondo cattolico e nella rete. Da qui due insidiosissimi commi antiblog nel decreto sicurezza, l'attacco al Tg3 come primo passo per la neutralizzazione della testata e della rete 3 con la scelta unilaterale di nuovi direttori, l'invio di Feltri al "Giornale", la querela a "Repubblica".
E' ovvio che il Cavaliere non ha bisogno di telefonare Ai "suoi" direttori. Feltri sa benissimo che l'hanno mandato lì per sfoderare il manganello ed ha subito colpito duro: il direttore di "Repubblica" e quello di "Avvenire". Il primo giornale, quello che ha sempre contestato la protezione che i berlusconidi concedono agli evasori fiscali, vede il suo numero uno accusato di pagamento in nero a fini di evasione, pratica diffusa ma non certo onorevole. Il responsabile del quotidiano dei vescovi, che hanno giudicato l'omosessualità in sé "disordine morale", è accusato di essere un "noto omosessuale" che fa pedinare e molesta la moglie di una sua fiamma. E' vero che Boffo non è don Minzoni e Mauro non è Gobetti, ma, seppure in forma farsesca, l'aggressione conserva connotati squadristici. Le successive tirate di Feltri hanno lo stile di una intimidazione, di un avvertimento: siamo pronti a colpire chiunque.
Al di là delle scontate prese di distanza, il complesso delle iniziative del Cavaliere sembra pertanto contenere un messaggio alle gerarchie ecclesiastiche: "Io non sono ai piedi di Pietro. In cambio della vostra Benedizione sono disposto a concedere molto, ma se volete la guerra scateno i Feltri! ". Nello stesso tempo alcuni dei Suoi e il corrusco alleato Bossi fanno la voce dolce ai Cardinali e dicono: "Trattiamo!". Bertone non va a cena col Cav e Bagnasco alza il tono, ma tutti sono attenti a non spezzare i fili del dialogo. Sono sceneggiate già viste nei rapporti tra Vaticano e Stato italiano, sono state rappresentate precise uguali ai tempi del fascismo. Chi non ci crede si legga (o si rilegga) Il manganello e l’aspersorio, la documentatissima (e godibile) ricostruzione di Ernesto Rossi. Anche per questi precedenti siamo convinti che, dopo un tira e molla neanche troppo lungo, l'accordo tra il mondo prelatizio e l'associazione "cavalleresca" si farà.
Quanto ai nostri speranzosi compagni non ci resta che incitarli con le parole di Mao: “Abbandonate le illusioni, preparatevi alla lotta!". (S. L. L.)




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