9.10.09

Caro Totò, che mi combini? Una lettera di Angelo Capodicasa, deputato Pd, con una breve risposta.


Caro Totò,

che mi combini? Ti ricordo che ti occupavi di cultura e lettere, non ti rivedo per una vita e ti ritrovo adesso a trafficare con il mio fegato, il mio stomaco e frattaglie varie?

Dalla foto, pubblicata sul blog, ti trovo bene. Hai l’aria un po’ troppo pensosa, ma per un uomo di pensiero, quale sei, non guasta. Di recente ho chiesto notizie di te e di tuo fratello Piero a Cesare, che mi capita, a volte, di incontrare quando vado al tuo paese, Campobello di Licata (stai tranquillo, non ti definirò “il pensatore di Campobello”, alla stregua di quello di Arbore). Tornando a noi: ma chi ti ha raccontato tutte quelle fregnacce sullo “storico” incontro tra me e D’Alema e sulle riunioni di Partito?

Sarà stato di sicuro qualcuno che ti vuol far fare brutta figura. Mai successe cose del genere. Tutte inventate di sana pianta; compresa la circostanza della comune militanza nella FGCI, che giustamente Piero, meglio informato di te, ha provveduto a correggere.

Piuttosto non capisco come, volendo dare l’impressione di conoscermi a fondo, fino al punto da riportare aneddoti, peraltro inventati, sul mio conto, tu ricorra a Wikipedia, per scoprire addirittura che sono stato Presidente della Regione (la tua regione!).

Se non è segno di senilità incipiente, cos è? Rimozione delle radici? Difetto di conoscenza della storia recente dell’Isola? Queste lacune non sono da te! Capisco che respirare l’aria di Perugia può avere determinato qualche vuoto di memoria, ma questa mi sembra troppo grossa. Non c’è niente di male a riconoscere le proprie radici.

Poi prendi anche degli svarioni incredibili.

Da Presidente della Regione avrei “scelto” Cuffaro e Lo Giudice come miei Assessori? “Ahi, Ahi signora Longari…” avrebbe detto qualcuno.

Ma come, non sai che nel 1998, quando si è formato il mio Governo, non vigeva ancora la legge che da’ la competenza al Presidente di scegliere gli assessori?

Come fai, ad ignorare che all’epoca gli assessori erano eletti con voto segreto dall’Assemblea Regionale, e venivano indicati dai rispettivi partiti di appartenenza?

Poi dopo, a partire dal 2001, cambiò la legge ed oggi gli assessori vengono nominati dal Presidente della Regione, anche in Sicilia. Ma all’epoca nisba! Al punto che quando venne eletta la seconda Giunta, con il voto di alcuni franchi tiratori, venne eletto un assessore dell’opposizione.

Noto con piacere che sei informato anche sul mio ricovero in ospedale (dici nel “week-end”, come se si fosse trattato di una pausa feriale: un week end e via…).

Purtroppo non è stato così. Sono stato dimesso la sera di mercoledì 30 settembre (tu dici lunedì 28 ma come è possibile che sei tanto disinformato?).

Dopo un ricovero al pronto soccorso, e poi in terapia intensiva per choc anafilattico da intossicazione alimentare. Ritmo cardiaco sceso a 27 battiti al minuto; pressione che ballava sotto 59 (“non apprezzabile”, come recita la cartella clinica). E tutto ciò non per un breve lasso di tempo, ma per ben 12 ore. Fino a quando, cioè, i medici non si sono decisi ad iniettare noradrenalina, a dosi da cavallo, per sbloccare la situazione, visto che le dosi normali, fino a quel momento non avevano dato alcun risultato.

Ti auguro, e qui non riesco proprio a metterla sul ridere, come fai tu, di non dovere mai provarlo. Come se ti esplodesse in corpo una bomba. Comunque, dopo una coronografia e altri esami, passata la fase acuta sono stato dimesso. Visto che sei così premuroso verso il mio stato di salute ti comunico che mi sto riprendendo.

Il rammarico che mi rimane è di non aver potuto votare contro lo scudo fiscale. So che ci sono in giro degli sciacalli, che in queste circostanze vogliono pescare nel torbido; ma le persone in buona fede capiscono.

In queste condizioni, ammesso che fosse stato possibile partire per Roma, molto probabilmente alla Camera, dicono i medici, non sarebbe arrivato un voto ma un cadavere.

Al momento della dimissione dall’ospedale la pressione arteriosa era ancora sotto 100 e la frequenza cardiaca, come dice la relazione medica di dimissione, intorno a 40.

Solo ieri, dopo oltre 10 giorni, questi valori hanno cominciato a tendere verso la normalità.

Ti scrivo queste cose, approfittando del tuo blog, per informare i tuoi lettori. Per qualche dubbioso o qualche mestatore ho messo a disposizione la cartella clinica ed anche la relazione medica di dimissione.

Lo faccio anche con i tuoi lettori. Per te no, non ne hai bisogno: so’ che mi crederai sulla parola.

Vedo che ti occupi anche della mia attività parlamentare. Lo fai con levità ed ironia. Fai bene. Bisogna ogni tanto metterla sul ridere. Non si può essere sempre seriosi. Devi solo stare attento a non scadere nel greve. Come diceva Sciascia, nostro conterraneo, l’ironia è un’arte difficile. Se non la si maneggia bene si scade nella volgarità. Ma non è il tuo caso, per carità!

Inoltre, sei stato colpito dalla mia proposta di legge sul consulente filosofico. Confesso che fino a poco tempo fa, sconoscevo l’esistenza di questa figura. Fino a quando un’operatrice del settore non mi ha fatto pervenire (a me come ad altri) una proposta per disciplinare la materia. Infatti, alla Camera, oltre alla mia proposta ne esiste un’altra dell’IDV. Non so se anche altri hanno presentato testi analoghi.

Però, mentre è ammissibile per me una tale lacuna culturale (per la quale chiedo venia) non posso credere che un uomo della tua cultura non conosca l’argomento. Secondo me, hai fatto finta di essere ignorante per potere un po’ scherzare sulla cosa. Buontempone!

Io ho dovuto approfondire l’argomento leggendo “La consulenza filosofica” di Gerd Achenbach, edito da Feltrinelli, e “la casa di Psiche” di Umberto Garimberti, che è il filosofo che ha fondato, in Italia, questa “scuola”. Purtroppo, non ho il tempo per leggere l’intera collana che Feltrinelli dedica all’argomento e a tutto ciò che vi ruota attorno.

Non continuo perché queste cose sono sicuro, le sai tutte, e sarebbe offensivo ripetertele.

Infine; l’ultima cosa che mi sarei aspettato è la chiosa sulla mia attività lavorativa.

Ma davvero non sai che lavoro svolgessi? Anche in questo caso non ci posso credere. Possibile che non sai che ho svolto lavoro politico, di partito per tutta la mia vita? Io penso, anche qui, che hai fatto finta di non saperlo per potere celiare sull’argomento e intrattenere così i tuoi lettori.

Non posso crederlo. Anche se non ne fossi stato a conoscenza, avresti potuto chiedere in famiglia, visto che tuoi familiari hanno lavorato per anni, con me alla Federazione Provinciale del PCI di Agrigento.

E questa storia dell’azienda privata nel settore delle infrastrutture? Da dove la tiri fuori? Cosa è ? volevi insaporire con un po’ di pepe lo scritto che, per la verità, risultava un po’ insipido?

Certo quando mi capita di leggere questa dicitura “dirigente di azienda privata” fa’ un po’ impressione anche a me. Ma cosa dovevo fare? Quando nel modulo, che dobbiamo compilare alla Camera, ad inizio di Legislatura, si chiede (alla voce “professione”) se svolgi lavoro autonomo o dipendente cosa scrivi? “lavoro dipendente”; e se poi ti chiedono di segnare la casella “azienda pubblica” o “azienda privata” cosa segni? “Azienda privata”, essendo i partiti, come è noto, registrati come società private. E se poi vogliono sapere che qualifica occupi, non puoi che segnare la voce “dirigente”, che è quella con la quale ero dichiarato all’INPS.

Ed ecco svelato l’arcano. Fu così che un modesto funzionario di partito - un tempo ci definivano pomposamente “rivoluzionari di professione” - si trasformò in dirigente di azienda privata”: miracoli del burocratese!

Come vedi tutto semplice e lineare. Non riesco a capire, per quanti sforzi faccia, che senso abbia quanto scrivi sull’argomento. Quale diavoleria pensavi che avessi combinato? Mi sembri preda della solita sospettosità siciliana. Uno dei luoghi comuni che affliggono questa nostra terra. Come vedi delle tue radici non riesci a liberarti.

In ogni caso, ti sarebbe bastato, sempre che, furbone quale sei, non l’abbia fatto apposta, chiedere a qualcuno, amico o familiare, per risparmiarti questa pappardella sulla mia attività.

Mi potresti dire: ma allora non avrei avuto nulla su cui scrivere? Io risponderei che non è obbligatorio scrivere quando non si ha nulla da scrivere.

Comunque, visto che ora siamo in contatto e vedo che ti vuoi occupare della mia attività, se vuoi qualche informazione di prima mano puoi usare la mia email capodicasa_a@camera.it.

Se capiti in Sicilia, fammelo sapere. Ti farò riconciliare con Joppolo. C’è una trattoria dove si mangia bene e si paga poco. È perfino citata in un romanzo di Andrea Camilleri, che tu, colto quale sei, sicuramente conosci.

Angelo Capodicasa


P.S. Complimenti per il blog. È ben impostato. Solo che mi pare un po’ sfigatello: due articoli, zero commenti, tranne quello di tuo fratello. Ma lo leggete solo in famiglia?







Caro Angelo,

ti sono grato delle parole affettuose e accetto il tuo invito a Joppolo Giancaxio. Ci sono stato una volta sola, quel giorno di luglio in cui giurò il governo Craxi. Lasciando a quell’incontro che spero prossimo le comunicazioni più personali, affronto subito le tue osservazioni, le rettifiche e i chiarimenti.
La fonte dell’aneddoto sulle riunioni romane ai tempi della segreteria D’Alema la consideravo e la considero attendibile, ma, se tu me lo smentisci, credo a te.

Sulle modalità di elezione degli assessori in Sicilia al tempo della tua Presidenza touché: non li hai nominati tu. Ma non ho alcun dubbio che quei due ti abbiano rovinato lo stomaco. Credo che se ti fossi consultato con un medico di vaglia ti avrebbe consigliato di rinunciare alla presidenza.

Delle tue dimissioni dall’ospedale ho avuto notizia da diversi notiziari on line (Siciliainformazioni, Agrigento flash, etc.), che lunedì 28 mattina le garantivano come certe per il pomeriggio. Tu mi racconti di un malessere più serio di quello che avevo immaginato, di una tua più lunga presenza al San Giovanni di Dio e accenni a qualche postumo. Ti assicuro che ne sono estremamente dispiaciuto. Il tono scherzoso, per cui sono mortificato e di cui ti chiedo scusa, era ovviamente legato alla persuasione di parlare dei tuoi malanni a guarigione avvenuta, “quannu si cuntanu”. Ma sulla tua impossibilità di partecipare al voto contro lo scudo fiscale non solo non ho avuto dubbi, ma soprattutto non ho espresso dubbi.

L’ironia sul “fegato” non riguardava te, quanto il paradosso di un ospedale che è stato dichiarato da requisire perché non in regola con le norme antisismiche (e non solo) e che, tuttavia, resta aperto; per cui chi va a curarsi non sa bene se rischia un incidente.

Quanto alla tua proposta di legge sulla corporazioni dei consulenti filosofici da riconoscere, “albizzare”, formare con appositi corsi, perdonami, ma io l’ho trovata uno spiscio. Sarà che il mio vetero-marxismo m’ha guastato la testa con la miseria della filosofia, ma questa storia dei “filosofi salariati” che a pagamento vengono consultati in pubblico e in privato mi fa ridere a crepapelle.

Non vorrei che però sia stato tu, da gran buontempone quale sei, a prenderti gioco di tutti noi, me compreso. Non ho dubbi infatti che, vista la fine dalle ultrarosee previsioni degli economisti, piccoli, grandi e grandissimi, molto consultati e ancor di più pagati, per le consulenze è meglio affidarsi ai maghi, o ai filosofi. Fanno meno danno.

Quanto alla storia dell’azienda, privata, è possibile che io sia affetto dalla sospettosa insularità di cui parla il nostro Sciascia, ma tu (voi) ci metti il carico da 11. Da militante antico pensavo che il dirigere un partito, specie di sinistra, non fosse una professione, ma un incarico pro tempore, e ritenevo che il tuo lungo impegno di lavoro (di cui ovviamente ero a conoscenza) si denominasse “funzionario di partito”, con la disponibilità a funzioni diverse. Il nostro Gramsci, riprendendo il “manifesto degli uguali”, voleva che sparissero non solo le differenze tra sfruttatori e sfruttati, tra oppressori e oppressi, ma anche tra dirigenti e diretti. Ma per quanto sia ad esse affezionato conosco l’inattualità delle nostre giovanili utopie, ho imparato che chi diventa dirigente una volta fa di tutto per restarlo per sempre e non di rado ci riesce. Lasciamo dunque da parte il “dirigente”. Quello che mi ha tratto davvero in inganno è stato quell’ “azienda privata”. Avevo visto in funzione le aziende sanitarie e ospedaliere; avevo sentito qualche forzitaliota (pochi invero) parlare con orgoglio del partito azienda; avevo udito qualche imbecille che voleva aziendalizzare i Comuni; tante, troppe ne avevo dovuto sopportare. Ma questa di un partito di sinistra (o di centrosinistra) che è una azienda, per di più privata, uno come me non poteva proprio capirla.

A presto.

Salvatore Lo Leggio

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