23.12.09

Vendola all'assemblea di Sinistra, ecologia e libertà.


Ho ascoltato alla radio il discorso di Vendola all’Assemblea nazionale di Sinistra e Libertà, domenica 20. Un bel discorso, nel suo stile, con quel ragionare a spirale che è anche un persuadere per avvolgimento e coinvolgimento.

Una delle cose che più ho apprezzato è il legame strettissimo che egli individua tra l’attacco alla democrazia e l’attacco al lavoro ed anche la capacità di connettere in una prospettiva anticapitalista e socialista le diversità di cui si compone il movimento di cui è portavoce.

Tra le tante cose ben pensate e ben dette c’è anche il riferimento alle radici, che sono da preservare, proteggere e curare, ma che restano sotto terra e non devono impedirci di fare attenzione ai germogli, alle piante e ai frutti. Stiamo vivendo gli esiti di una sconfitta storica che non ha riguardato solo i comunisti italiani, ma tutte le sinistre europee. In Italia, dopo il fallimento del tentativo di dare vita ad un partito in continuità con il Pci che organizzasse una parte consistente del mondo popolare ed operaio (lasciamo da parte le ragioni oggettive e le soggettive responsabilità), è giusto e urgente un progetto di grande rimescolamento delle forze, capace di riconnettere esperienze separate, di favorire una nuova elaborazione e un nuovo radicamento. Non si tratta del leniniano passo indietro per poter fare due passi avanti, ma di una operazione analoga a quella che fece Marx dopo il fallimento delle rivoluzioni del 1848. Egli propose e ottenne nel 1852 lo scioglimento della Lega dei comunisti in vista della costituzione di una forza politica e di lotta più ampia e aperta, l’Associazione Internazionale dei Lavoratori, la Prima Internazionale, cui aderivano socialisti e comunisti di tutte le tendenze e, in un primo tempo, persino democratici borghesi come i mazziniani. Quasi tutto di allora è inattuale, ma non il metodo. Dopo una grande sconfitta (e la nostra è assai più rovinosa di quella del Quarantotto dell’800) bisogna mettere insieme le forze e i pensieri del progressismo ugualitario e cercare un dialogo, una osmosi, un confronto, una sfida quando sia necessario, per trovare, possibilmente insieme, strade nuove e più efficaci alla liberazione degli oppressi e degli sfruttati.

Due cose, un po' marginali, non mi sono piaciute nel bel discorso di Vendola.

La prima, quasi all’inizio, riguardava gli orrori della nostra storia comunista sui quali bisogna andare fino in fondo. Mi pare un discorso un po’ monco. Nella denuncia degli orrori non siamo indietro, siamo anche aiutati dai “libri neri” degli avversari di classe; siamo indietro nella comprensione sul come, quando e perché un grande movimento di liberazione collettiva si sia potuto trasformare in un regime oppressivo. Alla denuncia degli orrori e allo studio degli errori andrebbe legata immediatamente la rivendicazione delle grandi conquiste realizzate e la lezione ancora attuale di molti grandi comunisti.

La seconda, quasi verso la fine, riguarda i socialisti italiani. Vendola dice che Sel ne ha assoluto bisogno per valorizzare nel Duemila la tradizione di libertà che il movimento socialista ha portato nel movimento operaio italiano. D’accordo. Nel mio piccolo, in questo blog, è una operazione che faccio anch’io. Tra i pezzi che ho postati se ne troverà più d’uno dedicato a nobili figure di socialisti di molte tendenze: Panzieri, Lombardi, Nenni, Pertini, Turati, Zagari.

Il punto è un altro. Il craxismo è una delle tendenze del “socialismo liberale” italiano o è il suo tradimento? Non voglio parlare del Caf e di Tangentopoli, ma delle scelte politiche qualificanti. E’ vero o no che la compressione dei salari (che ora ha raggiunto livelli intollerabili) è cominciata con Craxi e il primo taglio della scala mobile? Nel militarismo di Craxi (missili e riarmo), nel proibizionismo anticannabis che importò dall’America, nel suo “decisionismo” autoritario, quanto c’è della tradizione umanitaria e libertaria del socialismo italiano?

Su questo Vendola tace. Il perché mi pare evidente. Non è solo alle radici e alle storie socialiste che egli pensa, ma al partitino di Nencini che di Craxi si proclama erede e che organizza, specie nelle “regioni rosse”, pezzi di ceto politico dell’antico Psi tenuti insieme dalla tradizione e dal potere locale e che Vendola ha a lungo corteggiato. Tra questi socialisti ce n’è di buoni e disponibili al grande rimescolamento, ma con il partitino si è cincischiato troppo a lungo, lasciando che mantenesse l’equivoco. Questo ha rischiato di snaturare Sinistra e libertà, riducendo un grande progetto ideale ad una piccola operazione di ceto politico. Oggi si potrebbe prendere il volo.

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