7.4.10

Ancora sulla Ru486. La ritirata dei pastori e dei patriarchi.

Il cardinale Severino Poletto, Arcivescovo di Torino

In una mia noterella degli scorsi giorni, che ho intitolato “In difesa del raschiamento”, cercavo di evidenziare un paradosso: monsignor Fisichella e tutti quegli altri prelati che contrastano con ogni mezzo l’introduzione in Italia della pillola abortiva Ru 486 ed i politicanti che li seguono in questa crociata non hanno alcun titolo per proporsi come difensori della vita, fosse pure quella dell’embrione. La pillola abortiva, infatti, arriva quando la scelta, spesso traumatica, di interrompere la gravidanza è già compiuta. Tutt’al più – insinuavo – la loro è una crociata “in difesa del raschiamento”.

Una compagna medico, intervenendo ieri a commento della mia nota su fb, mi spiegava che in realtà il raschiamento è assai poco usato e che la tecnica oggi più usata per l’aborto è, se non ho capito male, una sorta di aspirazione. Il problema vero – aggiungeva - è di riportare in capo alla donna, alle sua sensibilità e responsabilità la scelta, previa una informazione chiara e completa ed un sostegno medico e psicologico da parte degli operatori.

Giusto. Per i gerarchi vaticani, ma non solo per loro, il problema principale è sempre stato quello della libertà di scelta della donna. Nei loro (abortiti) progetti di riformare (abrogare) la 194 i “movimenti per la vita” hanno cercato sempre di affermare il principio che deve essere del medico l’ultima parola. E più volte Giuliano Amato, in nome di una genitorialità binaria, ha proposto di limitare la sovranità della donna sul proprio corpo e sulla propria gravidanza attraverso l’intervento (una sorta di diritto di veto) del partner. L’iniziativa contro la pillola abortiva non mira pertanto a impedire un aborto, che ci sarà comunque, ma a ridurre le possibilità di scelta della gestante, ad esercitare su di essa una imposizione. Il potere “pastorale” e “patriarcale” non riuscendo, per ora, a sopprimere un diritto conquistato con la lotta e sancito dalla legge, si impegnano a dimostrare con ogni sorta di vessazione l’intrinseca colpevolezza di ogni manifestazione di autonomia.

Ciò non toglie che in questa crociata il mondo ecclesiastico rischia non poco. E non solo rispetto alle donne. C’è un mondo della sanità, di infermieri e medici, anche cattolici e praticanti, che non accettano che la Chiesa, tornando ai tempi di Galileo e Bellarmino, proponga diktat su materie controverse che solo la scienza e l’esperienza possono illuminare. E perfino alcuni “cattolici per la vita” potrebbero pensare che isterosuzione o raschiamento siano torture, non tanto verso la donna di cui poco si curano, ma verso la “vita indifesa” che presumono di tutelare, quella dell’embrione. Ne ho avuto la riprova in uno dei commenti alla mia nota, redatto da un volontario impegnato nei Centri per la vita.

Di questa contraddizione cominciano a prendere coscienza anche i più avveduti tra i prelati, che stanno accortamente preparando la ritirata. Proprio l’arcivescovo di Torino, il cardinale Poletto ieri ha dichiarato: “La Chiesa è da sempre per la difesa della vita comunque e tout court e quindi diciamo no a qualunque forma di aborto”. Comincio a pensare che le barricate contro la Ru 486 verranno smobilitate e la guerra contro la 194 e contro la libertà della donna continuerà nella forma subdola che è stata fin qui praticata: l’incoraggiamento all’obiezione, l’intromissione di centri e movimenti pro-life, la creazione di percorsi ad ostacoli.


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