27.6.10

L'onorevole Cassinelli e l'inno di Mameli. L'articolo della domenica.


Il deputato ligure del Pdl Roberto Cassinelli ama appassionatamente l’inno di Mameli. Il 7 marzo scorso ha presentato un progetto di legge nella cui relazione così si può leggere: “L’«Inno di Mameli» rappresenta una delle manifestazioni artistiche più alte dello spirito patriottico di unità nazionale ed è l'opera che ha spronato, unito e sostenuto i nostri Padri a fare l'Italia. Esso fu un importante strumento di propaganda degli ideali del Risorgimento e di incitamento all'insurrezione, contribuendo in maniera significativa alla svolta storica che portò all'emanazione dello Statuto albertino e all'impegno del Re nel rischioso progetto di riunificazione nazionale. L'inno nazionale esprime l'anima, il carattere di una Nazione e ascoltare le sue note durante celebrazioni solenni e le manifestazioni internazionali rappresenta un momento di profonda commozione e coesione”.
L’amore – è noto – fa stravedere. A me, ma non solo a me, l’inno in oggetto non sembra affatto un’alta manifestazione artistica. Scritto da un giovanissimo genovese imbevuto d’amor patrio e di patriottarda retorica in alcuni suoi passaggi fa persino sorridere, come in quell’iniziale dialoghetto da negozio di parrucchiera: “Dov’è la Vittoria? le porga la chioma”. Il ragazzo Mameli, che morì combattendo con coraggio per la Roma repubblicana contro i francesi e i papalini e che scrisse qualche altra, più fresca, poesia, merita il nostro ammirato ricordo; ma Fratelli d’Italia, con il suo lessico improbabile e la sovraeccitazione che esibisce, non vale granché. E la stessa scelta che fu fatta nel 1946 per sostituire la Marcia reale (“Viva il re, viva il re, viva il re, le trombe liete squillano”) - come ha raccontato Mario Isneghi in Le guerre degli Italiani (1848-1945) - è dovuta più alla mancanza di alternative che ai meriti intrinseci del testo di Mameli o della musica di Novaro (già un po’ migliore).
Dopo il 2 giugno 1946 e la proclamazione della Repubblica c’era tutto un moderatismo conservativo che tentava di frenare il vento di rinnovamento. Si era messo fuori legge il fascismo, si era allontanata la dinastia savoiarda, ma non si voleva fare una più radicale operazione chirurgica contro tutto l’armamentario ideologico che aveva nutrito l’Italia monarchica e perciò come inno non si poteva scegliere Bella ciao. Così, mentre i padri costituenti davano vita a una carta nel complesso molto avanzata, chi sceglieva l’inno “provvisorio” (ma, come si suol dire, “in Italia nulla è così definitivo come il provvisorio”), cioè il governo De Gasperi, i generali, i prefetti, lo faceva guardando indietro. Paradossalmente l’Italia antifascista si trovava a riproporre “l’elmo di Scipio” chiamato a cingerne la testa, mentre la Vittoria rimaneva “schiava di Roma” anche dopo l’8 settembre. E poi la coorte, la morte e, nelle strofe meno conosciute, dell’inno, perfino “i bimbi d’Italia (che) si chiaman Balilla”.
Ma pretendere senso critico e storico da uno come Cassinelli, per di più abbrutito dal ruolo di deputato nell’era di Berlusconi, sarebbe stato troppo. A lui l’inno piace da morire. Per questo progetta una legge onde “promuovere tra i nostri studenti, nella maniera più diretta possibile, la conoscenza del loro Inno nazionale”. Così recita l’articolo 1 della sua proposta : “Ferme restando le forme di autonomia scolastica previste dalla normativa vigente, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono definite le modalità per l'affissione in ogni classe degli istituti scolastici della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado di un pannello con i colori del tricolore italiano con stampato il testo dell'inno «Il Canto degli italiani» di Goffredo Mameli”. Non si capisce se, “ferme restando le forme di autonomia”, le scuole possano rifiutare l’affissione (penso che la Lega ci costruirebbe su una campagna, “Schiavi di Roma mai”). Il Cassinelli, come è giusto fare in questi casi, ha pensato anche alla copertura della spesa che ha valutato in un milione di Euro. Ecco come : “All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a un milione di euro per l'anno 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 39-ter, comma 2, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222”.
Le leggi, si sa, sono scritte in modo che nessuno le capisca, ma oggi, quando il cittadino testardo vuol capire, la rete un po’ l’aiuta. Così, per sapere donde il deputato voglia prendere i quattrini per i pannelli, abbiamo riguardato il decreto-legge in questione (è uno di quei testi omnibus collegati alla Legge finanziaria del governo Prodi). L’articolo 39-ter è intitolato Misure per il miglioramento dell'efficienza energetica e per la riduzione delle emissioni ambientali di autovetture da noleggio e autoambulanze. Il comma 2 prevede di destinare, a partire dal 2008, 24 milioni l’anno per dotare i taxi e, a Venezia e simili, i vaporetti di scarichi meno inquinanti. Insomma, se passasse la proposta Cassinelli, avremmo un po’ di inquinamento in più nelle città, e tanti bei pannelli nelle aule scolastiche.
Il deputato Pdl, nell’esaltare l’inno di Mameli e la sua potenza salvifica, non s’è risparmiato uno sfondone. A Messina la Siae aveva chiesto mille euro per un concerto in cui si era eseguita la musica di Novaro; Cassinelli ha detto: “L’Inno di Mameli è di tutti gli Italiani: pagare per ascoltarlo sarebbe un oltraggio ai sentimenti patriottici”. Ma la Siae lo ha sputtanato: sono decenni che Fratelli d’Italia non paga diritti, dato che sono trascorsi più di settant’anni dalla morte degli autori. I mille euro erano per gli altri brani eseguiti in quell’occasione.
Post scripum
Questo articoletto può sembrare dissacrante, ma è solo sincero. Conosco l’impegno eroico del presidente Ciampi e del presidente Napolitano in difesa dell’inno nazionale e, benché la cosa non abbia sortito alcun effetto contro il separatismo nordista, sono disposto a cantarlo tutte le volte che è richiesto. Ma nel cantarlo un po’ di senso storico, di senso critico e di ironia non guasterebbe, specie nei giovani. Questo la scuola dovrebbe alimentare, non la produzione di ridicoli pannelli. Tra l’altro si eviterebbe il ridicolo di certi calciatori che cantano con grinta e cattiveria “siam pronti alla morte” e poi meritatamente e ignominiosamente le buscano perchè brocchi e svogliati.
Appendice
Fratelli d'Italia
L'Italia s'è desta,
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.


-
Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.


-
Uniamoci, amiamoci,
l'Unione, e l'amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.


-
Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.


-
Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte

L'Italia chiamò

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