Illusioni in fuga è un racconto di vita di Ermanno Sinopoli che credo sia tuttora avvocato ad Eboli. E’ uno dei moltissimi testi raccolti nell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo, fondato da Saverio Tutino. La storia è presto detta. Due ragazzi quattordicenni di Eboli, Ermanno e Leo, animati dal sogno dell’America, ricavato dal cinema, ma simpatizzanti anche, e contraddittoriamente, per il comunismo, nel maggio del 1948, dopo la vittoria elettorale della Dc decidono di tentare la fuga. Dalla zona di Eboli non si erano mai allontanati e sulla geografia, come sulla politica, hanno poche idee e confuse, ma partono, portando seco poche inutili cianfrusaglie, tra cui una cartina dell’Italia strappata da un libro di scuola e una baionetta. Vogliono imbarcarsi clandestinamente su una nave per l’America della cui imminente partenza dal porto di Napoli hanno letto su un giornale. Dopo una serie di peripezie in cui la prosa della misera Italia del dopoguerra consuma la poesia dell’avventura giungono a Napoli, ove, impaurito dalle urla di un poliziotto, Ermanno gli consegna la baionetta. Col questurino faranno amicizia, ma poi s’avventureranno attraverso le strade di Napoli: arrivati al porto scopriranno che la nave è già partita e torneranno a casa: “ci metteremo a studiare di buzzo buono”. I ragazzi sono entrambi curiosi di politica ed Ermanno che, per anticlericalismo sente aumentare la simpatia per i comunisti, cerca la solidarietà del compagno lanciando messaggi, ma Leo sembra non capire e le sue risposte non sono mai nette. Riporto qui una chiacchierata “politica” dei due ragazzi con il brigadiere della polizia (S.L.L.).
“Che ne pensate di questa nuova forma costituzionale?” – chiese Leo al questurino.
“La democrazia è una bella cosa, – convenne lui – dobbiamo solo augurarci che non degeneri. Di non aver mandato via un monarca, per sciropparcene due”.
“Perché due” – chiesi io.
“Uno, è il Presidente della repubblica” – spiegò lui.
“E l’altro?” – lo incitai, mentre riponevo la cartina geografica nel sacco. Ormai una parvenza da intellettuali ce l’aveva data…
“L’altro… pure a Roma sta…”.
“Alludete al …?” – chiesi facendomi il segno della croce. Ma lui m’interruppe: “Non parliamo troppo. Durante il regime era pericoloso. Ora lo è di più. hai l’illusione della libertà… ma della libertà devi fare ciò che ti consentono loro”.
“Loro… chi?” – intervenne Leo.
“I due re”.
Mi compiacevo che il poliziotto si lasciasse andare a discorsi così seri con due ragazzi. Ma chi ha una convinzione politica, non esita nel manifestarla, chiunque sia l’interlocutore, se innocuo. Forse il poliziotto lo faceva anche per sondarci: era il suo mestiere; e forse ancora, quella fiducia che noi nutrivamo nei suoi confronti era reciproca.
Ormai aveva intuito che eravamo proprio due citrulli, e sentiva il bisogno di conversare un po’.
“A Liebo abbiamo un sacerdote che ne fa di cotte e di crude, – dissi io – mi meraviglio che il Padreterno non lo fulmini sull’altar Maggiore, mentre si fa beffe del Vangelo… Ce l’ha a morte con i comunisti, perché, a parer suo, quei diavolacci rossi correbbero trasformare le chiese in tanti bordelli e sale da ballo… Come se lui fosse nato con l’aureola! Ha certe mani lunghe, prensili, e … sporcaccione!”.
Ermanno Sinopoli (Eboli 05/08/1934 - ivi 29/04/2014), ha esercitato la professione di avvocato nel foro di Salerno, ha sempre amato scrivere e ha una produzione di oltre tremila pagine. Tra i suoi scritti: Nora, Malaguerra, Il pentimento di Dio, O bianche tenebre di agosto, Baciare la cenere, Dietro la fronte, A pelo, La rete smagliata, Lucrezia, Australia tarà.
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