12.7.10

Jesse James. Il bandito ribelle.

Sulla scorta della corposa biografia di Jesse James di T.J.Stiles tradotta nel 2003 per Il Saggiatore (Jesse James. Storia del bandito ribelle), Antonio Monda su "La Repubblica" del 27 agosto 2006 traccia un ritratto del celebre fuorilegge. Ne propongo qui un ampio stralcio, rimandando per un inquadramento al mio post che costruisce una sorta di parallelo con il bandito Giuliano, che mi pare risulti confermato (http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2010/07/jesse-james-e-salvatore-giuliano-le.html)
È stato un criminale capace di agghiaccianti efferatezze, e non se ne è mai pentito. È stato un uomo introverso e selvaggio, animato da confusi ideali politici e motivato in primo luogo da rancore,frustrazione, voglia di vendetta. È stato un bandito da strada che non conosceva la fatica e la paura, eppure era in grado di manipolare la stampa illudendosi di non esserne a sua volta manipolato.
Insieme al fratello Frank, ha terrorizzato il Missouri, il Kansas e poi l’intero West, in un crescendo di azioni audaci, inaspettate e violentissime. Ha amato due donne che portavano lo stesso nome,Zerelda, la madre e una cugina che poi divenne sua moglie, ma neanche con loro si è mai aperto completamente, neanche a loro ha confidato cosa lo tormentava al punto di scegliere senza remore la strada del crimine e cercare ossessivamente la fama attraverso gli omicidi e le rapine.
Chi lo ha conosciuto da vicino lo ha descritto come un ribelle feroce e velleitario, solitario e disperatamente bisognoso della ribalta, che nel momento della massima gloria riuscì ad essere celebrato come il “Robin Hood americano”.
Come molti dei protagonisti dell’epopea del West, Jesse Woodson James si è trovato a recitare il personaggio che era riuscito a creare, intuendo che i contemporanei, e soprattutto i posteri, avrebbero sempre preferito la leggenda alla realtà. Ma più di ogni altra cosa è stato e continua ad essere un mito, come testimoniano la magnifica biografia di T. J. Stiles recentemente pubblicata dal Saggiatore (Jesse James, storia del bandito ribelle), la riproposizione della ballata tradizionale che ne celebra le gesta da parte di Bruce Springsteen, e l’ennesimo film agiografico che questa volta vede come protagonista Brad Pitt e sin dal titolo mette in chiaro chi sia l’eroe della vicenda: L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford.
Jesse era nato in un piccolo villaggio del Missouri chiamato Centerville, ribattezzato in seguito Kearney senza cambiare la propria natura di desolata entità nel centro del nulla. Il padre era un reverendo battista di nome Robert, noto per le sue prediche infervorate a difesa del diritto di possedere schiavi, che un bel giorno abbandonò la moglie Zerelda e se ne andò in cerca di fortuna in California, dove visse di espedienti e morì in miseria durante la corsa all’oro. Ridotta ai limiti della povertà, Zerelda cercò di riscattare la propria condizione economica sposando Benjamin Simms, un uomo d’affari che la lasciò nuovamente vedova nel giro di poco tempo, e quindi un medico di nome Reuben Samuel. Il terzo marito era un uomo dal carattere fragile e sin dai primi giorni fu soggiogato dall’energia della donna, che riuscì a impiantare una coltivazione di tabacco e acquistare alcuni schiavi. Dopo un lungo periodo di stenti ed umiliazioni sembrava che le cose si mettessero finalmente bene per Zerelda e i suoi figli, ma in quegli anni l’America si ritrovò immersa nella tragedia della guerra civile e il Missouri, diviso tra unionisti e simpatizzanti per il Sud, fu uno degli stati che visse il conflitto in maniera più lancinante. Zerelda fu molto orgogliosa quando il figlio Frank decise di arruolarsi per combattere gli «orribili invasori abolizionisti» del Nord. La contea di Clay, dove sorgeva la fattoria dei James, era continuamente teatro di violentissime razzie, e una sera Zerelda e il giovanissimo Jesse videro arrivare un gruppo di unionisti che trascinarono l’imbelle Reuben nell’aia, lo massacrarono di botte e lo appesero a un albero minacciando di impiccarlo se non avesse rivelato dove si nascondeva Frank, che si era unito ai bushwackers, i temutissimi guerriglieri confederati. Terrorizzato, Reuben rivelò le poche cose di cui era a conoscenza e ebbe salva la vita, ma da allora campò circondato dal disprezzo della famiglia. Jesse, che era stato a sua volta umiliato e malmenato dal gruppo di unionisti, decise di darsi alla macchia e dopo aver raggiunto il fratello si unì con lui ad una banda di bushwackers chiamata “Quantrill Raiders”. Si trattava di uomini che vivevano con vergogna e furore l’invasione del proprio stato e propugnavano attraverso la guerriglia la difesa dei principi nei quali erano cresciuti, a cominciare dalla schiavitù. Jesse, che aveva solo sedici anni, si trovò immediatamente a proprio agio con questi uomini che ammantavano di ideali politici le razzie e i linciaggi: i “Quantrill Raiders” erano capaci di ogni efferatezza, come testimonia l’attacco condotto alla cittadina abolizionista di Lawrence, che portò al massacro di duecento persone.
Nulla al confronto con quello che successe in seguito, quando Jesse e Frank si arruolarono nella banda di Bill “Bloody” Anderson, un bushwacker noto per l’abitudine di fare a pezzi le proprie vittime. L’episodio più barbaro del loro sodalizio è quello avvenuto nel settembre del 1864 a Centralia, quando la banda bloccò il passaggio di un treno sul quale tornavano a casa dei soldati unionisti, che vennero massacrati dopo essere stati costretti a denudarsi.
Può risultare sconcertante che un uomo coinvolto in simili atrocità sia diventato un personaggio positivo del folklore americano. Ma dopo l’uccisione di “Bloody” Bill, ci furono una serie di episodi che segnarono l’inizio del mito di Jesse James, a cominciare dal suo graduale passaggio da sanguinario partigiano al servizio di una causa sconfitta a vero e proprio bandito. La resa dei confederati non attenuò minimamente i conflitti nati negli anni della guerra, e la devastazione dei territori di frontiera finì per inasprire ulteriormente le tensioni, l’odio e la voglia di riscatto. Jesse intuì che sarebbe potuto diventare un punto di riferimento e persino un modello: era giovane, bello, coraggioso e ribelle, e non riusciva ad accettare che quelli che considerava dei valori irrinunciabili fossero stati spazzati via dai repubblicani abolizionisti, dai «rapaci predatori» del Nord. È importante ricordare che, a cominciare da Lincoln, in quel periodo erano i repubblicani a combattere per la causa abolizionista, mentre i democratici difendevano lo status quo.
L’incontro più fortunato di Jesse James in vista della costruzione del suo mito fu quello con John Edwards, uno spregiudicato giornalista di fede democratica e di sicure convinzioni razziste. Nello stesso momento in cui Jesse, insieme a Frank e ai fratelli Younger, cominciò a rapinare le banche e i treni, Edwards divenne l’agiografo della banda, celebrando le formidabili gesta della «cavalleria del crimine». Nella stragrande maggioranza dei casi, la banda James-Younger non derubò i passeggeri dei treni né i clienti delle banche, ma puntò direttamente alle casseforti di istituzioni finanziarie solidamente nelle mani degli odiati nordisti, e questo diede gioco facile a Edwards per costruire il mito del nuovo Robin Hood.
Inebriato dall’improvvisa celebrità, Jesse cominciò ad arricchire le sue scorrerie con gesti ad effetto e battute studiate per essere immortalate dalla stampa. La strategia si rivelò perfetta, e Jesse divenne per molti un eroe popolare. Poco importava che non esitasse a massacrare chi tentava di resistere alla rapine, e agisse spesso in simbiosi con gli esponenti del Ku Klux Klan. Ma l’apoteosi fu al termine della lunga battaglia con l’agenzia Pinkerton, assoldata dai proprietari delle ferrovie per dargli la caccia. Jesse riuscì a individuare e uccidere due agenti che avevano tentato di infiltrarsi nella sua banda. In risposta, il capo dell’agenzia guidò personalmente un assalto notturno alla fattoria della madre Zerelda, pensando che lì fosse nascosto Jesse. Fu ucciso il fratellino di dieci anni dei due banditi e venne ferita la madre, poi costretta a farsi amputare un braccio. Agli occhi della popolazione e dei lettori di Edwards, Jesse divenne immediatamente la vittima di cacciatori di taglie sanguinari e inetti. Un effetto del fiasco fu la proposta di immunità per i suoi delitti attraverso un’amnistia, proposta avanzata dall’amministrazione democratica, che aveva preso il potere nello stato del Missouri anche grazie alle sue azioni, e che aveva restaurato la segregazione razziale.
Dopo doppia vittoria, personale e politica, Jesse e Frank assaltarono insieme ai fedelissimi Younger una banca a Northfield, nel Minnesota. Il colpo fallì per la resistenza di un impiegato che rifiutò di aprire la cassaforte, e con sgomento la banda si rese conto in quell’occasione di non avere alcun supporto da parte della popolazione. Due dei tre fratelli Younger rimasero uccisi, Jesse e Frank riuscirono miracolosamente a defilarsi dalla caccia che per molti giorni gli diedero più di mille uomini armati. Frank decise di abbandonare per sempre la vita di bandito, Jesse si convinse invece di non avere altro destino.
Cambiò identità e si ritirò a St. Joseph, nel natio Missouri. Formò una nuova banda con uomini di cui non si fidava e, in un crescendo paranoico, cominciò a giustiziarli ogni volta che cominciava a sospettare della loro lealtà. Morì per mano di colui che considerava il suo nuovo braccio destro, un uomo capace di sparargli alle spalle mentre stava appendendo un quadro. Il suo nome era Robert Ford. La notizia si sparse rapidamente per tutto lo stato e una folla enorme accorse per vedere il cadavere e partecipare al funerale. Le due Zerelde della sua vita maledissero pubblicamente l’assassino, che venne graziato dal governatore, ma fu accusato ferocemente da tutta la stampa.
Per l’occasione scrisse un necrologio anche John Edwards, che si chiese «cosa altro poteva fare un uomo come Jesse James se non quello che ha fatto?», descrisse come «vigliacca e inutile» l’uccisione e concluse: «Volesse Iddio che fosse vivo oggi per massacrare giustamente qualcun altro». La morte inaspettata generò un’emozione dagli esiti imprevisti: Frank James si consegnò personalmente a Crittenden e venne assolto dopo uno spettacolare processo che vide opposta la stampa repubblicana, propugnatrice di una condanna esemplare, a quella democratica che giustificava ogni azione criminale con il disordine morale dei tempi. Quando tornò in libertà, Frank organizzò insieme all’unico fratello Younger rimasto in vita uno spettacolo nel quale metteva in scena le loro gesta più celebri. John Edwards rientrò nell’oscurità, vide fallire i suoi ideali politici e morì alcoolizzato.
Ma Jesse, la sua più grande creazione, si trasformò in un mito, celebrato da canzoni, libri e film bellissimi come I cavalieri delle lunghe ombre, prendendo negli anni le sembianze di Tyrone Power, James Keach, Robert Duvall e Brad Pitt.

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