2.10.10

Scarpellini nostro (da "micropolis on line" 1° Ottobre 2010)

Pietro Scarpellini ci ha lasciato. Quando con Stefano De Cenzo, nell’ottobre del 2009, andammo a trovarlo nella sua bella casa ai piani alti di via XX Settembre per studiare i modi di una sua collaborazione con “micropolis”, non parlammo solo del giornale o d’arte o di politica; come uomo esperto del mondo, usò la sua toscana affabilità e antica cortesia per comunicarci le sue sofferenze e insofferenze, culturali e politiche. E scoprimmo una singolare sintonia: non gli piacevano in politica l’affarismo, l’incultura arrogante, la cialtroneria di chi ne inventa una al giorno. E non gli piacevano i preti, le loro intrusioni nella vita civile e politica. Raccontò di tante cose. Dello zio Pancrazi in polemica con Papini; dell’incontro, breve e intenso, con Benedetto Croce; della collaborazione a “Il mondo” e del rigore di Pannunzio; della familiarità con Primo Tenca nata nella battaglia per salvare dalla speculazione l’Ex-Saffa del borgo; dell’amicizia con Calogero e La Malfa (“L’altro. Quello d’adesso è inaffidabile” – e, per farsi intendere, faceva ruotare le dita della mano destra aperta). Alla fine della visita (fu la prima di una serie) ci tenne a regalarci alcuni libri.
Scarpellini fu storico dell’arte di valore e fu il presidente per molti anni in Umbria di Italia Nostra, l’associazione di protezione dei beni artistici, monumentali, paesaggistici e ambientali di cui era stato uno dei fondatori a fianco di Antonio Cederna. Le sue idee politiche erano quelle di un liberale, ma il suo combattivo civismo lo aveva già da molto tempo messo in sintonia con “il manifesto” e quella che chiamava “sinistra intelligente”. Era stato lui a farci conoscere la disponibilità a collaborare con “micropolis”, tramite Jacopo Manna.
Ci raccontò – con una punta d’amarezza – di un suo recente intervento contro la “casta” umbra dei politicanti e contro il loro trasformismo: più di un quotidiano l’aveva rifiutato. In “micropolis”, al contrario, avrebbe potuto scrivere in piena libertà. Ci disse malissimo del governo e dei suoi condoni più o meno mascherati, ma era altrettanto critico verso chi amministra le istituzioni umbre e cementifica con superficialità; denunciava una generale caduta delle qualità culturali del ceto politico (“con Ciuffini si concordava o si litigava, ma lo si faceva sapendo di che cosa si stesse parlando, ora non sanno quel che dicono”).
Dopo un paio di articoli di varia umanità negli ultimi numeri dello scorso anno, si assunse la cura di una sorta di rubrica, “Umbria da salvare”, al cui centro sarebbe stato di volta in volta un sito, un monumento, un’opera d’arte, una istituzione a sua scelta, da porre al centro della pubblica attenzione con critiche e proposte. Scarpellini era scrupolosissimo: non si limitava a mandarci il suo pezzo per tempo, ma pretendeva da me o da Stefano una preventiva approvazione del tema scelto e ci illustrava con precisione la sua ipotesi di lavoro. Soffriva di non potersi muovere agevolmente e di non poter fare i sopralluoghi e le visite di un tempo. I suoi articoli sul giornale si sono sempre caratterizzati per il rigore delle argomentazioni e per la franchezza dei giudizi. Questa sua libertà lo mise in un caso in polemica con alcuni sostenitori orvietani del nostro giornale: il confronto è stato aspro, specie sull’opinabile (i valori estetici), ma civile, o, meglio ancora, civico, sempre teso da tutte le parti a rivendicare il meglio per la comunità. Quella rubrica s’era interrotta a settembre per il ricovero di Pietro in ospedale e non potrà più riprendere. La redazione di “micropolis” salutandolo gli dice “grazie” e si sente vicino alla moglie e al figlio nel dolore. Ci mancherà il nostro “professore”, ci mancheranno i suoi articoli, le sue critiche incursioni in politica, ci mancherà la sua preparazione, il suo coraggio, il suo “onesto e retto conversare cittadino”.

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