12.12.10

Un liberatore del linguaggio. Per Gianni Rodari

Mi è accaduto di raccontare su questo blog del pervertito d’Orta.
(Vedi http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2010/07/lidillio-di-nietzsche-e-il-pervertito.html)
E mi è accaduto di postare più di un testo di Ernesto Ragazzoni,  un poeta-giornalista di genio, nato e vissuto tra Otto e Novecento proprio a Orta.
(Vedi http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2009/10/ballata-una-poesia-di-ernesto-ragazzoni_11.html e http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2010/10/risa-sotto-la-mitraglia-di-ernesto.html ).
E però più passa il tempo più mi convinco che dalle parti di quel paese e del lago omonimo deve circolare un venticello libertario che penetra nei cervelli più aperti e li incoraggia a fuggire dai luoghi comuni, artistici, letterari e non solo. In quei paraggi, infatti, nacque circa novant’anni fa e crebbe anche Gianni Rodari, scrittore, poeta, giornalista, maestro, educatore e, per di più, comunista, un grande. Per essere precisi nacque il 23 ottobre del 1920 in Piemonte (ma al confine con la Lombardia), a Omegna, una cittadina sul lago d’Orta. Sarà per questo che a ricordarsi di lui e della data è stato soltanto un giornale padronale, ma anche molto piemontese come “La Stampa”, che un tempo gli operai chiamavano la bugiarda. Una piccola ricerca nella rete rivela che l’anniversario è stato dimenticato non solo dal “corrierone” e dalla paginosa “Repubblica”, ma anche da “l’Unità”, su cui a lungo Rodari scrisse (come scrisse su “Rinascita”), e dai giornali comunisti “Liberazione” e “il manifesto”; e che anche fuori dai giorni canonici (il 14 aprile era il trentennale della morte) lo scrittore non è particolarmente presente alla cultura italiana.
Eppure è, a tutt’oggi, l’unico italiano a potersi fregiare del premio Andersen, una sorta di Nobel per la letteratura dell’infanzia.
Anche per questo va reso onore al quotidiano di Torino che ha fatto il suo dovere con un intervista a Roberto Piumini, considerato l’erede di Rodari, curata da Raffaella Silipo e un articolo di Ernesto Ferrero. Piumini dice: “Rodari é un grandissimo - dice -, dopo di lui non è stato più possibile ignorare le ragioni della democrazia linguistica. Rodari è prima di tutto un insegnante, un educatore, un liberatore di linguaggio”. Ferrero, dal canto suo, racconta la storia dello scrittore e, in particolare, dei suoi difficili rapporti con serioso il Pci togliattiano e con figure come Mario Alicata, custodi dell’ortodossia culturale. Ne propongo qui un ampio stralcio.
In questo stesso blog è possibile trovare alcune amabili filastrocche del poeta di Omegna.
( http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2010/04/trentanni-senza-gianni-rodari-due.html;  http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2010/12/filastrocca-del-bimbo-malato-di-gianni.html ).
Ho "postato" anche un articolo da “Rinascita” 1961, di Rodari critico televisivo, sul telegiornale di Enzo Biagi.
(http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2010/04/gianni-rodari-e-il-telegiornale-di-enzo.html )  S.L.L.
Gianni Rodari in Russia

Rodari, non sono solo canzonette
Nasceva 90 anni fa il grande scrittore per l'infanzia: in un Paese serioso ma non serio ha insegnato a imparare divertendosi 

''Per colpa d'un accento / un tale di Santhià / credeva d'essere alla meta / ed era solo a metà». A 30 anni dalla scomparsa, 90 dalla nascita (domani 23 ottobre) e 40 dalla consacrazione europea del premio internazionale Andersen, si puo' vedere benissimo che quella che Gianni Rodari ha introdotto sin dagli Anni 50 è stata una vera rivoluzione. Per dirla con l'apologo cinese: al bambino non bisogna regalare dei pesci (libri zuccherosi, stucchevolmente buonisti, ispirati da un'idea fasulla dell'infanzia), bisogna insegnargli a prendere i pesci, cioè dargli un meccano: una «grammatica della fantasia», un metodo sperimentato con il quale impareranno a inventare storie per conto loro. Bastano materiali poveri come le parole e strumenti alla portata di tutti: la filastrocca, la rima, l'associazione d'immagini, l'assurdo, il surreale, «i nonsensi e i plurisensi», perfino l'errore, il cortocircuito rivelatore.
Il gioco come modalità principe di apprendimento e di sperimentazione, di autoformazione, di crescita: tutto semplice, adesso, ma allora? Come tutti gli innovatori e i pionieri, Rodari non ha avuto vita facile. I tempi andavano da tutt'altra parte.
Figlio di un fornaio del Varesotto con bottega a Omegna, studi in seminario, breve ma intensa esperienza organizzativa in Azione Cattolica, maestro nel 1941, arriva alla redazione milanese dell'Unità nel 1947, diventa presto inviato, scrive racconti per bambini. Nel 1950 gli affidano la direzione del “Pioniere”, il settimanale per ragazzi che se la deve vedere con due corazzate: “Topolino” e il cattolicissimo “Vittorioso”. L'aria e' pesante, il muro contro muro politico e ideologico rende tutto difficile, impone rigidezze manichee. Nel 1951 su Rinascita Nilde Iotti aveva collegato la corruzione e la delinquenza giovanile nientemeno che al dilagare del fumetto. E quando lui aveva auspicato con la dovuta cautela «la nascita di una nuova letteratura per l'infanzia, capace anche con i suoi mezzi organizzativi di condurre una lotta efficace», s'era beccato un cartellino giallo dal medesimo Togliatti, il quale dichiarava di non condividere la posizione del Rodari: «Non metteremo in fumetti la storia del nostro partito o della rivoluzione». E aggiungeva che piuttosto bisognava elaborare narrazioni ispirate alle stampe cinesi. Altro che «correre dietro alle forme più corruttrici dell'americanismo». Anni dopo Rodari dirà che al Pioniere lo avevano «crudelmente snobbato e praticamente cacciato», lui e le sue «canzonette», trovandolo «poco divertente, poco progressivo, poco tutto». E concludeva: «Nemo propheta in patria alicata». Ma tira diritto e continua a lavorare sodo. In un Paese serioso ma non serio, con scarsa attitudine all'umorismo, insegna nientemeno che a imparare divertendosi.
Comincia a andar meglio quando alla fine degli Anni 50 approda alla corte di Einaudi, ma persino lo Struzzo, preso com'e' dai furori dell'impegno, considera i libri per ragazzi una cosa simpatica, divertente, ma decisamente minore, quasi marginale. Anche se le Filastrocche in cielo e in terra sono un successo immediato, nelle lettere a Via Biancamano il nuovo autore deve vincere l'imbarazzo di chi deve chiedere ogni volta se la tal proposta può interessare. Ma lo fa con una vis comica che trova perfino in pratiche amministrative e solleciti di pagamento le occasioni per scatenare pirotecnie verbali, clownerie, intermezzi e siparietti, veri e propri racconti («Nello scavare le fondamenta per la mia casina in campagna i muratori hanno incontrato e sfasciato un muro: ho i Lucomoni in cantina! Porsenna mi regge la tazza del cesso! »)…
Ci sono centinaia di scuole intitolate a Rodari, a Orvieto un Centro studi cerca di mantenerne viva la lezione, dalla Sardegna al Friuli si organizzano eventi celebrativi. Il «metodo Rodari», cioe' la capacita' di smontare e rimontare meccanismi non solo verbali per capire come sono fatti, e' piu' necessario che mai, in tempi di omologazione, pressappochismo, appiattimento sulle immagini. Certo, comporta un po' di impegno, perfino di fatica, parola oggi impronunciabile.

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