Argo non mai, non vide Cipro o Delo
d'abito o di beltà forme sí care:
d'auro ha la chioma, ed or dal bianco velo
traluce involta, or discoperta appare.
Cosí, qualor si rasserena il cielo,
or da candida nube il sol traspare,
or da la nube uscendo i raggi intorno
piú chiari spiega e ne raddoppia il giorno.
30
Fa nove crespe l'aura al crin disciolto,
che natura per sé rincrespa in onde;
stassi l'avaro sguardo in sé raccolto,
e i tesori d'amore e i suoi nasconde.
Dolce color di rose in quel bel volto
fra l'avorio si sparge e si confonde,
ma ne la bocca, onde esce aura amorosa,
sola rosseggia e semplice la rosa.
31
Mostra il bel petto le sue nevi ignude,
onde il foco d'Amor si nutre e desta.
Parte appar de le mamme acerbe e crude,
parte altrui ne ricopre invida vesta:
invida, ma s'a gli occhi il varco chiude,
l'amoroso pensier già non arresta,
ché non ben pago di bellezza esterna
ne gli occulti secreti anco s'interna.
32
Come per acqua o per cristallo intero
trapassa il raggio, e no 'l divide o parte,
per entro il chiuso manto osa il pensiero
sí penetrar ne la vietata parte.
Ivi si spazia, ivi contempla il vero
di tante meraviglie a parte a parte;
poscia al desio le narra e le descrive,
e ne fa le sue fiamme in lui piú vive.
Da Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, Canto IV, ottave 29-32.
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