6.3.12

I Dumas e i Borboni

Thomas-Alexandre Davy Dumas de la Pailleterie
generale napoleonico e padre di Alexandre Dumas 
All’inizio dell’anno scorso, sotto il titolo un po’ ingannevole Io, giornalista per Garibaldi, “La Stampa” pubblicava una intervista di Alberto Mattioli a Jean-Paul Desprat, su una imminente pubblicazione dedicata a Dumas.
La premessa dell’intervista, in verità, non è chiara: in verità non s’intende esattamente che cosa in Francia fosse in via di pubblicazione e chi ne fosse l’autore. Scrive Mattioli di “tremilaseicento pagine di Alexandre Dumas padre edite per la prima e ultima volta nel 1864, Les Bourbons de Naples”. Per quel che ho potuto appurare nella rete l’opera di Dumas ha come titolo esatto Des Bourbons de Naples e riguarda la storia della dinastia napoletana. La pubblicazione è prevista in diversi volumi di cui lo scorso anno è uscito il primo dedicato a Les deux révolutions : Paris (1789) et Naples (1799).
Desprat, che Mattioli presenta come “storico e romanziere arrivato con questo al suo diciassettesimo libro e capace, come sanno fare in Francia e in Italia meno, di raccontare la Storia senza dimenticare le storie”, ha probabilmente le belle qualità che il suo intervistatore gli attribuisce, inclusa quella di cuoco, ma di quest’opera è solo curatore e traduttore, giacché queste inedite storie dei Borboni napoletani – come spiega l’intervista - furono originariamente scritte o, piuttosto, dettate da Dumas in italiano per un quotidiano.
E’ certo che una parte considerevole dei materiali e delle notizie su cui Dumas costruì l’opera tra il 1862 e il 1964, furono raccolte nel suo viaggio italiano con la goletta Emma, che accompagnò l’impresa dei Mille e di cui in questo blog c’è qualche traccia. Ed è altrettanto certo che l’interesse di Dumas padre per l’Italia e per la Napoli borbonica (e antiborbonica) precede di molto quest’opera ed è documentato dal Corricolo (anche di questo c’è qui traccia) e da un romanzo dedicato a Luisa Sanfelice. Da quanto si legge nelle recensioni francesi il primo volume di questa epopea borbonica (e antiborbonica) contiene storie, notizie e aneddoti variamente documentati, ma di buona qualità romanzesca.
Quanto a Desprat non ho avuto la ventura di assaggiare i suoi manicaretti all’anatra né di leggere i suoi libri, ma l’intervista è gustosissima e piena di curiosità. Invoglia. (S.L.L.)

Su Dumas, l’Italia e Napoli puoi vedere in questo stesso blog:
Alexandre Dumas padre
Partiamo dall'inizio: Dumas a Napoli.
«Parte da Marsiglia il 9 maggio 1860 su una goletta ribattezzata Emma dal nome della sua amante del momento, Emma Mannoury-Lacour. In realtà non pensa a Garibaldi: visto che, come al solito, ha bisogno di soldi, vuole fare un tour del Mediterraneo per ricavarne un libro illustrato. Il 22 giugno, in Sicilia, incontra per caso il generale; il 29 è già a Marsiglia a comprare fucili per le camicie rosse. Poi va a Napoli, ne viene espulso e ci torna dopo l'ingresso di Garibaldi, che lo nomina su due piedi direttore delle Belle arti e responsabile degli scavi di Pompei. Già che c'è, Dumas fonda anche un giornale, L'indipendente».
Dumas direttore...
«Per poco tempo. Il giornale fallisce, poi risorge nel '62, con una nuova proprietaria, la contessa Capecelatro, il cui braccio destro è Eugenio Torelli Viollier, il fondatore del Corriere. Dumas torna a scriverci come collaboratore: dal 15 maggio 1862 al 6 febbraio 1864 pubblica un feuilletton quotidiano di quattro pagine».
Ma scriveva in italiano?
«No, dettava a collaboratori-traduttori ogni mattina, a braccio, stando a letto. Di autografo restano tredici foglietti appartenuti, pensi un po', a Stefan Zweig. E' che il libro Dumas vuole venderlo».
A chi?
«Al governo francese. Infatti si interessa all'affare il principe Napoleone detto Plon-Plon, cugino di Napoleone III e genero di Vittorio Emanuele II perchè marito di sua figlia Clotilde. Che però il libro non lo compra. E così la Storia dei Borboni di Napoli viene pubblicata in italiano: dieci tomi e cinque volumi».
Che lei ha tradotto.
«Con l'aiuto del mio amico Philippe Godoy. Il primo volume, sulla Rivoluzione napoletana del 1799, uscirà a maggio, da Fayard».
Com'è Dumas come storico?
«Beh, aveva un asso nella manica. Garibaldi gli aveva permesso di accedere all'archivio segreto dei Borbone. Dopo la fine della Repubblica partenopea, Re Nasone, scusi, Ferdinando I, ordinò di distruggerne tutti i documenti, tranne una sola copia per ognuno. Che Dumas potè leggere in esclusiva».
Un grande scoop.
«Lettere di Nelson, della regina Maria Carolina, del cardinale Ruffo... E celebri aneddoti, come quello del generale rivoluzionario Championnet che conquista Napoli, va a rendere omaggio a San Gennaro e, siccome il santo tarda a liquefare il sangue, appoggia due pistole sull'altare minacciando il cardinale. E, oplà, il sangue si scioglie subito».
Insomma, dietro lo storico spunta il romanziere...
«Dumas ripete di continuo: voglio fare opera di storico. Ma ogni tanto si tradisce e scrive: se questo fosse un romanzo, vi direi che… e giù digressioni. Non è sempre obiettivo. Con i Borbone di Napoli aveva un conto personale».
Perché?
«Era convinto che avessero avvelenato suo padre, il generale Alexandre Davy-Dumas de La Pailleterie, reduce dalla spedizione napoleonica in Egitto che noi francesi fingiamo sia stata un successo, mentre in realtà fu un disastro. Comunque riesce a salvarsi e approda fortunosamente a Brindisi insieme a un collega e al savant Dolomieu...».
Quello delle Dolomiti?
«Esatto. A Brindisi vengono arrestati, poi rilasciati. Ma, secondo Dumas, dopo essere stati avvelenati. Infatti tornati in Francia muoiono misteriosamente tutti e tre. E lui vendica il padre con la penna». 

"La Stampa", 15 gennaio 2011 

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