10.4.13

Poesia nostalgica delle locomotive... (di Ernesto Ragazzoni)

Poesia nostalgica delle locomotive
che vogliono andare al pascolo
(ovverosia: delle oscure cause
di tanti disastri ferroviari)
Dal muro in fondo al prato, in mezzo al fieno
una forma si muove e si distacca,
ed è una vacca
che avanza il muso per guardare il treno,
il diretto che passa all’11 ore;
perché (sappia il lettore
di questa commovente poësia),
in fondo al prato c’è la ferrovia.

La vacca guarda: uno dei gran diletti
dei bravi ruminanti,
(e possono osservarlo tutti quanti),
è di fermarsi in estasi davanti
ai treni in corsa, specie se diretti.
Ma un po’ per uno: se ci sono vacche
che fan l’occhietto alle locomotive,
(anime sensitive,
e non automi o rapide baracche)
ci sono pur delle locomotive,
che guardano le vacche.

Le guardano coi grandi occhi di vetro
dei loro due fanali,
ed è con infinita nostalgia
ch’esse si lascian dietro
oltre i fuggenti pali
del telegrafo, a vol, la prateria,
i campi, dove ci si può sdraiare
tanto tranquillamente, e contemplare
— lungi obliando le stazioni fosche —
il vol delle farfalle e delle mosche!
«Oh! — sospiran le macchine (e nel mentre,
con il fuoco nel ventre,
tirano via rotando e strepitando)
quando — ripeton — quando
potremo essere libere anche noi;
goderci la cuccagna
di vivere in campagna,
tra le famiglie placide de’ buoi?
Oh, potere campar senza gran stento
di un po’ di fieno e un po’ di sentimento
come certi poeti!
Poter far nulla, all’ombra dei querceti!
Non più mangiar carbone e sputar fumo,
per l’uso ed il consumo
di gnomi irrequïeti
sorti dall’umo, e spinti verso l’umo.
Oh gioia, starsi con le ruote all’aria
in grembo all’erbe tenere,
vicino a qualche fonte solitaria
che piglia il fresco sotto il capelvenere!
«Ma quando s’è locomotive occorre
— fatalità! — essere sempre altrove,
sempre lasciarsi imporre
la volontà tiranna degli orari
ferroviarii,
compreso quando piove
e fanno i peggio tempi de’ lunarii!
Bisogna sempre aver la testa a segno,
anzi ai segnali,
e prendersi l’impegno
d’essere puntüali,
perché c’è sempre, in questo od in quel posto,
da non mancare una coïncidenza.
Se non si può... pazienza!
Ma intanto, avanti, avanti ad ogni costo!».
E le locomotive vanno, vanno
senza riposo; eppure,
nelle latebre oscure
de’ lor cilindri a triplice espansione,
conservan sempre una speranza, ed hanno
sempre un’illusïone.
Che proprio mai debba spuntare il sole
del giorno avventurato
che potran rotolarsi in un bel prato,
vigilate da buoni contadini,
a fare capriole
insieme ad una lor giovine prole
di saltellanti locomotivini?

           NOTA DELL’AUTORE:
Così, fantasticando
questi lor sogni tàngheri
avvien che, a quando a quando,
qualche macchina sia
presa da acuti accessi di follia
ed è allora che va fuori dei gangheri,
e, quello che è peggio, dei binarii,
causando così de’ gravissimi e spiacevolissimi
accidenti ferroviarii.

Poesie (a cura di Arrigo Cajumi), Aldo Martello Editore, Milano, 1956

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