1.7.13

Walter Binni tra letteratura e politica (S.L.L.)

La prima manifestazione perugina per il centenario della nascita di Walter Binni si è svolta il 4 maggio 2013 nella sala dell’ex oratorio annessa al Museo Archeologico, subito dopo la dedica all’italianista, scrittore e uomo politico di una rotonda in una importante arteria cittadina. L’incontro intitolato a Un protagonista del Novecento aveva al centro il volume appena edito da “Il Ponte”, La protesta di Walter Binni. Una biografia, opera di Lanfranco Binni.
Gli atti del convegno saranno disponibili prossimamente in un "quaderno" dedicato al centenario. Stralci da alcuni interventi sono stati pubblicati da "micropolis" di fine maggio. Qui riprendo, appunto, la parte della mia relazione inserita nel mensile umbro. (S.L.L.)

[...]
Dal 1983, per i limiti di età, Binni è fuori dall’insegnamento, ma non è cessata la sua volontà di comunicazione con le generazioni più giovani e attraverso di esse con le generazioni a venire. Tema centrale ne è il poeta più amato, Giacomo Leopardi, con il quale – per la durezza dei tempi – Walter Binni si sente in sintonia ancora maggiore che in passato. Opera in lui una convinzione d’origine leopardiana, che condivide con Sebastiano Timpanaro il quale in quegli anni non esita a definirsi “marxista-leopardista”: non può darsi una socialità umana fraterna e solidale basandosi sulla pura analisi economica e storica, senza una diffusa coscienza della terribile condizione naturale e materiale dell’uomo e senza lo smascheramento degli autoinganni, delle perniciose ideologie ottimistiche e consolatorie.
In questo Binni, educatore e profeta, il “leopardismo” ben si connette a un originale “capitinismo”: ateo e materialista, egli non può seguire fino in fondo l’amico nella sua “religiosità”, per quanto laica e aconfessionale essa sia, ma dalla filosofia e dalla vita di Capitini trae la persuasione che non si dia azione capace di sconfiggere l’oppressione e lo sfruttamento, se non ha alla base le domande radicali sull’esistenza.
La proposta politica del Leopardi di Binni e del Binni di Leopardi (secondo la felicissima formula di Walter Cremonte) non ha in verità niente a che vedere col mondo dei potenti e con la “politica politicante”, coi “brutti ceffi” su cui pesa la definizione leopardiana di “lega dei birbanti”. Essa si identifica piuttosto con il verace sapere che fonda la convivenza e la fratellanza democratica e repubblicana e richiede una socialità senza privilegio, senza sfruttamento ed oppressione. E’, infatti, la difesa contro una natura che fa vivere gli uomini nella pena e li destina inesorabilmente alla morte a fondare il vincolo sociale, etico, politico e affettivo tra gli uomini, quello che Binni chiama, leopardianamente, “vero amore”.
La “politicità” di Binni-Leopardi viene dunque prima di ogni concreta partecipazione alla vita politica e la ispira, ma viene anche dopo ogni politica e ogni rivoluzione, perché come scriveva il critico già nel 1948 sul “Nuovo Corriere” di Firenze e come ribadiva nel suo intervento del 1987 al Convegno leopardiano svoltosi all’Istituto Orsola Benincasa di Napoli questa peculiare politicità è “su un onda più lunga, ma più lunga di qualsiasi onda che approdi a una civiltà che si consideri ottimisticamente definitiva nella sua struttura, e contro cui Leopardi sarebbe ricorso al suo rigore assoluto di malpensante, alla sua nuda persuasione antimitica, che, lungi da ogni scetticismo, lo rendeva più progressivo di ogni limitata rivoluzione”. E’ il modello di politicità che predomina nell’ultimo Binni, quello di un intellettuale tutt’altro che “sradicato” dai problemi del suo tempo, ma irrimediabilmente e irriducibilmente “ribelle”. […]
All’anziano studioso non manca peraltro qualche nostalgia per un’altra Italia e per un’altra politica. Se ne trova traccia in un “quasi racconto” dedicato a Perugia, nel ricordo che accompagna l’addio alla città natale: “Ripensavo alle semplici, schiette feste che proprio su quel torrione intorno alla rossa bandiera con la falce, il martello e il libro si erano svolte con compagne e compagni socialisti e comunisti, con i loro cari volti a cominciare da quello soavissimo di Maria Schippa comunista a quelli fraterni di Bruno e Maria Enei socialisti, i piú amati dalla mia compagna”.
E’ nostalgia per la “compagnevolezza”, per il sentimento umano che lega uomini e donne uniti da una comune lotta, per una solidarietà di classe, tra lavoratori, che abbraccia anche gl’intellettuali che hanno tradito le proprie origini sociali. E’ nostalgia dei comizi, delle discussioni, dei canti, degli sguardi, delle lacrime che segnalavano un “vivo amore” e alludevano a una fraterna umanità. Il suo Leopardi non aveva potuto conoscere questo tipo di gioia, la gioia della rivoluzione, e non poteva sentirne la mancanza, Walter Binni sì. Penso che, in questo senso, la politica gli mancò per tutta la vita.

"micropolis", maggio 2008

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