17.12.13

Anni Sessanta. Una trattativa sindacale a Perugia. (S.L.L.)

Perugia, Uno stabilimento industriale negli anni Sessanta
Sono leggendari gli esordi sindacali di M., un perugino che poi avrebbe fatto una grande carriera politica.
Impiegato nell’industria cioccolattiera della città, giovane e comunista, M. avvertiva tra gli operai il clima di insofferenza alla direzione paternalistica dell’azienda. I padroni erano affabili e cordiali, alla Befana c’era il pacco e, dopo riuscite campagne di produzione, si poteva ottenere perfino un fuoribusta; ma niente sindacato, niente diritti riconosciuti, niente trattative su straordinari, premi di produzione o altro. Gli impiegati erano grati e servizievoli, ma gli operai e, soprattutto, le operaie non ne potevano più.
Il giovanotto, che aveva naso, lo capì e riuscì in un proselitismo che mai aveva dato frutti nella fabbrica dolciaria sebbene quasi tutti i dipendenti votassero comunista o socialista ed alcuni di loro avessero addirittura la tessera.
Fatta una riunione alla Camera del Lavoro, raccolto un buon numero di firme, fu chiesto un incontro con la direzione, che venne accordato. Il giovane si presentò insieme a un funzionario della Cgil, suo coetaneo, il quale doveva spalleggiarlo e significare il sostegno della organizzazione operaia (è lui la fonte di questo aneddoto). Dall’altra parte del tavolo, a trattare, erano in due: il direttore del personale, un duro, magro e con baffetti, e – a far da spalla - un giovane rappresentante della proprietà, più che altro noto per le sue passioni di sportivo.
M. si era preparato un papello e cominciò ad enumerare problemi e rivendicazioni. Non dimenticò niente: turni, straordinari, permessi, premi di produzione, indennità mensa. L’uomo coi baffetti somigliava a una faina; lasciava parlare, senza interrompere, e non sembrava dare segni di insofferenza.
Quando M. ebbe finito si limitò a replicare: “E il cul chi ce l' mette?”.

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