23.2.14

1960.Paolo Bongiorno ucciso dalla mafia. Giuseppe Berti (Pci) interviene in Senato

Paolo Bongiorno
Nel settembre del 1960, Paolo Bongiorno, segretario della Camera del lavoro di Lucca Sicula, in provincia di Agrigento, venne ucciso a colpi di lupara nella sera, mentre tornava a casa da una riunione politica ove era stata decisa la sua candidatura alle elezioni comunali. Nativo di Cattolica Eraclea, un paese vicino, s’era trasferito a Lucca Sicula, un comune di circa tremila abitanti, nel 1949. Bracciante agricolo, padre di 5 figli, si era distinto nelle lotte per la terra fino a diventare un dirigente riconosciuto del movimento contadino. Sulla sua tragica fine un giovane studioso della zona, Calogero Giuffrida, ha scritto un denso volumetto (Delitto alle elezioni, Istituto Gramsci siciliano, 2007), scaricabile dalla rete, la cui lettura vivamente si consiglia non solo perché porta alla luce la figura esemplare di un militante comunista, ma perché racconta e documenta la durezza della lotta politica nell’agrigentino degli anni Cinquanta.
Qui riprendo una parte del discorso tenuto in Senato da Giuseppe Berti, che fu uno dei più autorevoli dirigenti del Pci (addirittura segretario per un breve periodo degli anni trenta), stalinista, e nel dopoguerra venne a lungo impegnato dal partito in Sicilia (fu sindaco di Sciacca e senatore di quel collegio). (S.L.L.)   
 
Giuseppe Berti
Signor Presidente, onorevoli colleghi,
pochi mesi fa noi dovemmo occuparci dei delitti di mafia che continuano a rimanere impuniti in Sicilia. Io vi dicevo allora che quaranta dirigenti di sezioni comuniste e socialiste erano stati uccisi da questa organizzazione delinquenziale. Alla vigilia della consultazione elettorale, sempre nella provincia di Agrigento, della quale avevo particolarmente parlato, a Lucca Sicula, il segretario della Camera del Lavoro di quel centro agricolo, Paolo Bongiorno, mentre stava per ritirarsi a casa, veniva raggiunto da due fucilate a lupara ed assassinato. Dopo il voto unanime del Senato della Repubblica io mi attendevo perlomeno che fossero prese nella zona più tragica della lotta mafiosa delle misure atte a salvaguardare i dirigenti sindacali e politici.
Così non è stato. Paolo Bongiorno è stato assassinato, e la vittima è stata ben scelta: egli era in quella località il più combattivo, il più capace. Non era del paese ed era più facile ucciderlo: proveniva da un paese vicino (…).
Noi siamo abituati, ogni volta che succede un delitto di questo genere, a sentire avanzare il dubbio circa la causale politica. Quando fu ucciso Carnevale a Sciara è stata detta all’inizio la stessa cosa, e poi è venuta fuori la cruda e terribile realtà: Carnevale fu ucciso perché era socialista. Ricordate le belle pagine del libro di Carlo Levi, Le parole sono pietre?
Mi pare necessario per comprendere il significato di questi delitti e l’atteggiamento del Governo e delle Forze dell’ordine, ricordare qual era il clima politico a Lucca Sicula prima delle elezioni politiche. La Democrazia cristiana e il Movimento sociale Italiano avevano deciso di fare una lista unica per strappare il comune ai comunisti, che lo detenevano da otto anni, ed hanno fatto questa lista unica. Non solo, ma hanno esercitato delle pressioni perfino su un gruppo di Cristiano sociali: in un primo momento costoro aderirono, ma poi fecero in tempo a ritirarsi dalla lista ed a rimanere in disparte. Si doveva assolutamente riuscire a strappare ai comunisti questo comune, non esiste sezione socialista a Lucca Sicula; si doveva riuscire con ogni mezzo. Ed allora è arrivato il delitto. Si è preso l’esponente più in vista, più intelligente, più capace, colui che si sacrificava di più, che aveva dato tutta la propria vita alla causa dei lavoratori ed una sera, mentre si ritirava a casa, questo bracciante, padre di cinque figli, è stato ucciso.
Io non posso tacere che Lucca Sicula è il paese del deputato all’Assemblea Regionale Siciliana Mangano, uno dei più violenti esponenti del Movimento sociale italiano. L’alleanza politica era alleanza non soltanto con un piccolo gruppo locale del Msi, ma con Mangano, uno dei dirigenti più rappresentativi. La Dc sapeva quello che faceva quando concludeva l’alleanza e ne riceveva l’approvazione anche dalla Federazione provinciale. Il delitto significava, doveva significare qualcosa.
Dobbiamo, possiamo dimenticare che la strage di Portella della Ginestra del Primo maggio anch’essa è venuta alla vigilia di una consultazione elettorale per terrorizzare il popolo di Sicilia?
Avvenuto il delitto, si sono mobilitate le forze politiche dei partiti governativi: a che scopo? Forse per cercare di trovare il colpevole? No, per cercare di dimostrare che il delitto non era delitto politico. Si è cominciato ad interrogare la famiglia, i familiari, gli amici più intimi, il nipote con cui quella sera Paolo Bongiorno si ritirava a casa e che era distante da lui pochi passi su quella strada accidentata in cui fu ucciso. Si doveva trovare assolutamente un motivo di carattere familiare o di carattere interno, di partito. Tutte le domande vertevano su questo, l’interrogatorio verteva su questo: con chi aveva avuto dissensi nel partito o nella famiglia. E dopo tre mesi di interrogatori non è venuto fuori niente. (…)
Ma quello che abbiamo detto alle autorità di Pubblica Sicurezza, quello che ha detto l’onorevole Li Causi che ha parlato due giorni dopo il delitto a Lucca Sicula, è stato questo: vogliamo che voi troviate il colpevole, che lo arrestiate chiunque esso sia; foss’anche nostro padre o nostro fratello, arrestatelo, e quando l’avrete arrestato sarà facile da lui rimontare ai mandanti. Questi mandanti non possono essere che la mafia locale e provinciale, quella mafia che è entrata largamente nelle vostre liste di candidati, signori della Democrazia cristiana, e che è stata eletta nei posti dirigenti nella provincia di Agrigento.
(…) Si è detto: forse non è stato un delitto politico, perché il Bongiorno sapeva dei responsabili di certi abigeati che si erano compiuti da parte della mafia nella zona ed avrebbe detto una volta che egli sapeva queste cose e che le avrebbe eventualmente riferite alle autorità di pubblica sicurezza. Ma allora la nostra tesi è giusta: è la mafia che lo ha colpito, e non nel momento (otto o dieci mesi fa) quando egli avrebbe detto queste parole, ma alla vigilia della lotta elettorale, lui che era il dirigente delle forze comuniste di quel paese. Ed allora se è un delitto di mafia è un delitto politico: la mafia è un’organizzazione delinquenziale che trova la sua forza negli appoggi politici e in tanto riesce ad avere una autorità, in quanto riesce a sfuggire alla giustizia e in quanto l’intromissione delle forze politiche che la proteggono è tale che essa può riuscire a tanto.

Senato della Repubblica. Resoconto stenografico di mercoledì 20 novembre 1960. Svolgimento di interpellanza

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