12.3.14

La sinistra oltre la sinistra (S.L.L.)

Ho scritto la paginetta che segue a settembre del 2010, come parte finale del commento a un incontro politico perugino. Sono ancora convinto delle riflessioni che facevo allora, ma temo che i tempi della ricostruzione siano molto lenti, assai più di quanto allora non prevedessi. (S.L.L.) 
1948, Sciopero alla Breda
Che cosa vuol dire “sinistra”?
A me la parola non piace. Sarà che sono saturo di cognizioni storiche, ma io collego il termine alle sue origini, alla collocazione dei rappresentanti della democrazia sugli scanni parlamentari nel primo Ottocento francese. Insomma "sinistra" è un termine legato al progressismo borghese e all'istituzione parlamentare: in senso proprio non c'è "sinistra" fuori dal Parlamento; tutt'al più c'è una sinistra che si trova per  debolezza o per le leggi elettorali fuori dal Parlamento, ma  aspira a entrarci o a ritornarci.
Il socialismo, il comunismo, come soggetti storici legati alla lotta di classe e al movimento operaio, erano una “sinistra” che andava oltre la “sinistra” parlamentare e si faceva promotrice di una battaglia a tutto campo che utilizzava il Parlamento, le istituzioni locali, i movimenti sindacali, la cooperazione, l’educazione per trasformare alle radici la società. E qui non importa davvero se la trasformazione dovesse avvenire per un moto graduale di riforma o per effetto di una rottura rivoluzionaria.
La chiave di questa trasformazione era per i socialisti e per i comunisti la fine della proprietà privata dei mezzi di produzione, fonte di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, e la fine del privilegio ereditario; l’obiettivo era di socializzare e mettere in comune tutta la ricchezza sociale, dalle risorse naturali alle conquiste della scienza e della tecnica. Non mancava chi pensava che la nuova società non potesse essere assolutamente egualitaria e dovesse remunerare il merito e l’impegno anche con il possesso di beni, ma non certamente con la proprietà ereditaria.
Non tutto era chiaro, anzi ben poco lo era, sulle modalità in cui, nel nuovo mondo per cui gli sfruttati lottavano, si sarebbe organizzata la produzione della vita materiale, ma nitido era il disegno di una società senza servi né padroni, senza proprietari e nullatenenti.
Oggi molti di quelli che si considerano eredi del socialismo e del comunismo locuzioni nette come “abolizione della proprietà privata” non sono capaci di pronunciarle, e si limitano ad alludervi. Con una sorta di autocastrazione, accettano a malapena di chiamarsi “sinistra”.
Perché accade tutto ciò?
Perché è caduto nel fango e nella vergogna il progetto di comunismo del XX secolo, quello inaugurato dalla Rivoluzione d’Ottobre e che aveva mosso alla lotta e alla speranza milioni e milioni di donne e di uomini in tutto il mondo. Non parlo soltanto della componente maggioritaria di questo grande movimento, della Terza Internazionale staliniana e dei partiti e sindacati che ne furono eredi, parlo di un movimento più vario che comprendeva anche i critici più radicali dello stalinismo. C’è oggi nelle masse popolari, in Italia e altrove, una sfiducia generalizzata nell’azione collettiva che è conseguenza di questa storia e che in Italia sembra aver trovato conferma nelle scelte politiche, negli arricchimenti, negli stili di vita e nei piccoli opportunismi di quelli che furono dirigenti del movimento operaio socialista e comunista e di quelli che se ne proclamano oggi eredi. E' tornato tra i lavoratori l’“ognun per sé” e le stesse lotte sociali raramente vanno al di là dei ristretti orizzonti sindacali. Io credo che non ci siano prospettive di rinascita finché continuerà la rimozione e non si saprà elaborare non tanto il lutto, ma una spiegazione credibile e una risposta in avanti, cioè un’idea di società.
Non so trovare la parola giusta: “socialismo” e “comunismo” sono usurate (la seconda più della prima), “sinistra” non la trovo appropriata (è di sinistra anche Pannella); ma penso che il mondo abbia bisogno di un nuovo grande movimento di donne e di uomini che innalzi come bandiera l’uguaglianza e metta in discussione i rapporti di produzione, i rapporti di proprietà e i rapporti tra i sessi. Quale che ne sia il nome vecchio o nuovo, bisognerà che noi reduci, con la testimonianza, la memoria, la ricerca e l’impegno di base, aiutiamo questo movimento a nascere in Italia e nel mondo, senza provare a metterci alla testa.

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