26.9.14

1981. Napolitano contro Berlinguer sulla questione morale (S.L.L.)

Massimo Angelucci fu dirigente di buon livello del Pci in Umbria negli anni 70 e 80, membro tra l'altro della segreteria regionale. Non ho avuto rapporti con lui, ma apprezzavo che arrivasse alle riunioni con classici letterari e filosofici del tutto estranei alle letture canoniche del funzionariato e che, durante gli interventi più inutili e ripetitivi, si lasciasse tentare dalla lettura.
Poi – credo già prima della “svolta” di Occhetto – si allontanò dal partito. Non ricordo i percorsi, ma di sicuro simpatizzò per l'“Alleanza” di Segni e forse ebbe una cotta, di brevissima durata, per Berlusconi. Scomparve da Perugia nei primi anni 90. Credo che scelse allora il mestiere di insegnante di Filosofia, che a quanto vedo esercita in Calabria. Dai post che sono nella sua bacheca fb desumo che abbia superato quello sbandamento. Qui riprendo a mio modo – assumendomi pertanto tutta la responsabilità - alcuni spunti che ho trovato in una sua nota su fb.
Il 21 agosto 1981 “l'Unità” pubblicò un articolo di Giorgio Napolitano che prendeva spunto dell'anniversario della morte di Togliatti per sferrare un duro attacco contro la “svolta moralistica” annunciata di Berlinguer in una intervista a “la Repubblica” un mese prima.
Napolitano, come era prassi nel mondo comunista, svolgeva un discorso a due livelli: il primo si indirizzava a tutti i lettori, il secondo – più cifrato – aveva come destinatari i quadri dirigenti del Pci. L'articolo preannunciava la rottura con Berlinguer e le imminenti dimissioni di Napolitano dalla Direzione del partito.
“È decisivo saper procedere secondo il metodo che Togliatti ci ha insegnato quello dell’“analisi differenziata”, che preserva dal grave errore “di non saper distinguere cose diverse” o di “mettere sullo stesso piano forze che occorre tenere distinte”. Dopo aver ricordato i meriti di Togliatti, Napolitano così incomincia l'attacco a Berlinguer, sostenendo che la sua intervista pecca di generalizzazione e che, mettendo sullo stesso piano tutti gli altri Partiti, egli si è arroccato su una presunta diversità morale che impedisce al P.C.I. di realizzare le alleanze, con il Psi di Craxi in particolare, necessarie a portarlo al governo.
Napolitano continua ricordando “la grande scelta togliattiana del partito nuovo”...che “non si limita alla critica e alla propaganda ma propone soluzioni” e promuove “una combattiva e costruttiva partecipazione e azione di massa”. I riferimenti virgolettati a Togliatti rafforzano il concetto della sterilità ed inutilità delle affermazioni di Berlinguer, implicitamente accusato di avere una visione ideologica e propagandistica della politica
Qui è il punto cruciale del ragionamento di Napolitano: “Ciò vale in particolar modo di fronte a questioni come quelle del risanamento morale e del rinnovamento dei partiti...Dinanzi alle degenerazioni prodottesi nella vita pubblica, non ci limitiamo a sottolineare la nostra estraneità a quei fenomeni ed a quei comportamenti; non ci chiudiamo in una orgogliosa riaffermazione della nostra “diversità” ma intendiamo far leva sulle “peculiarità” del nostro partito per contribuire ad un corretto rilancio della funzione dei Partiti in generale come elemento insostituibile di continuità e di sviluppo della vita democratica”. Il senso è chiarissimo ed è il seguente: è inutile e dannoso sottolineare una presunta diversità del Pci rispetto agli altri giacché questo isola; è preferibile collaborare con gli altri Partiti anche per favorire, grazie ad un positivo rapporto con noi, che siamo migliori, una loro evoluzione positiva, anche sul piano morale.
Prosegue: “E d'altra parte sappiamo che la crisi dei rapporti tra partiti e società, e la crisi della democrazia, non sono legate solo a fenomeni degenerativi, ma a processi e problemi assai complessi con cui anche il nostro partito fa fatica a misurarsi “. Quel che intende dire a Berlinguer è che è inutile avere atteggiamenti eccessivamente puri, giacché il problema morale ce lo hanno tutti, compreso il P.C.I che, governando Regioni e Comuni, fa, spesso, esattamente come fanno gli altri (insomma, siamo diversi, sulla questione morale, ma non così radicalmente).
Per Napolitano la corruzione, non è una questione prioritaria, lo è assai più la ricerca di un'unità con il P.S.I. e con gli altri Partiti: “La necessaria polemica con altri partiti, la preoccupazione per i loro comportamenti più torbidi, non può comunque oscurare la nostra visione unitaria. Specie per quel che riguarda la ricerca dell'intesa con quei partiti che rappresentano forze sociali interessate al cambiamento, legate all'esigenza di una guida nuova, progressiva, della società italiana”.
La conclusione è al veleno: “E' indispensabile che da parte nostra si sappia sollecitare e praticare questo confronto con la stessa, instancabile insistenza unitaria” ...“scendere e muoversi sul terreno riformistico” anziché pretendere di combattere il riformismo con “pure contrapposizioni verbali” o “vuote invettive”. La stoccata finale e l'insulto politico è evidentemente rivolto a Berlinguer ritenuto un utopista, chiacchierone e velleitario.
L'articolo di Napolitano suscitò un grande dibattito negli organismi dirigenti del P.C.I. e Berlinguer risultò spesso in minoranza, soprattutto in quegli organismi dove, già allora, prevalevano Amministratori di Enti e Istituzioni e i rappresentanti delle potenti Coop rosse. La morte improvvisa del Segretario del Pci determinò un allentarsi della pressione comunista. Della “questione morale” poco si parlò e ancor meno si fece fino a Tangentopoli, nel 1992, quando il Pci non c'era più e il Pds occhettiano la cavalcò un po' strumentalmente contro Craxi, ma senza andare a fondo. In realtà nelle pratiche di governo molte amministrazioni regionali e locali di sinistra sono risultate ammalate da quello stesso cancro pervasivo, la corruzione appunto, che al tempo di Berlinguer non si volle combattere ed estirpare.

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