Massimo Angelucci fu dirigente di buon
livello del Pci in Umbria negli anni 70 e 80, membro tra l'altro
della segreteria regionale. Non ho avuto rapporti con lui,
ma apprezzavo che arrivasse alle riunioni con classici letterari e
filosofici del tutto estranei alle letture canoniche del
funzionariato e che, durante gli interventi più inutili e
ripetitivi, si lasciasse tentare dalla lettura.
Poi – credo già prima della “svolta”
di Occhetto – si allontanò dal partito. Non ricordo i percorsi,
ma di sicuro simpatizzò per l'“Alleanza” di Segni e forse ebbe
una cotta, di brevissima durata, per Berlusconi. Scomparve da Perugia
nei primi anni 90. Credo che scelse allora il mestiere di insegnante
di Filosofia, che a quanto vedo esercita in Calabria. Dai post che
sono nella sua bacheca fb desumo che abbia superato quello
sbandamento. Qui riprendo a mio modo – assumendomi pertanto tutta la responsabilità - alcuni spunti che ho
trovato in una sua nota su fb.
Il 21 agosto 1981 “l'Unità”
pubblicò un articolo di Giorgio Napolitano che prendeva spunto
dell'anniversario della morte di Togliatti per sferrare un duro
attacco contro la “svolta moralistica” annunciata di Berlinguer
in una intervista a “la Repubblica” un mese prima.
Napolitano, come era prassi nel mondo
comunista, svolgeva un discorso a due livelli: il primo si
indirizzava a tutti i lettori, il secondo – più cifrato – aveva
come destinatari i quadri dirigenti del Pci. L'articolo preannunciava
la rottura con Berlinguer e le imminenti dimissioni di Napolitano
dalla Direzione del partito.
“È decisivo saper procedere secondo
il metodo che Togliatti ci ha insegnato quello dell’“analisi
differenziata”, che preserva dal grave errore “di non saper
distinguere cose diverse” o di “mettere sullo stesso piano forze
che occorre tenere distinte”. Dopo aver ricordato i meriti di
Togliatti, Napolitano così incomincia l'attacco a Berlinguer,
sostenendo che la sua intervista pecca di generalizzazione e che,
mettendo sullo stesso piano tutti gli altri Partiti, egli si è
arroccato su una presunta diversità morale che impedisce al P.C.I.
di realizzare le alleanze, con il Psi di Craxi in particolare,
necessarie a portarlo al governo.
Napolitano continua ricordando “la
grande scelta togliattiana del partito nuovo”...che “non
si limita alla critica e alla propaganda ma propone soluzioni” e
promuove “una combattiva e costruttiva partecipazione e azione di
massa”. I riferimenti virgolettati a Togliatti rafforzano il
concetto della sterilità ed inutilità delle affermazioni di
Berlinguer, implicitamente accusato di avere una visione ideologica e
propagandistica della politica
Qui è il punto cruciale del
ragionamento di Napolitano: “Ciò vale in particolar modo di fronte
a questioni come quelle del risanamento morale e del rinnovamento dei
partiti...Dinanzi alle degenerazioni prodottesi nella vita pubblica,
non ci limitiamo a sottolineare la nostra estraneità a quei fenomeni
ed a quei comportamenti; non ci chiudiamo in una orgogliosa
riaffermazione della nostra “diversità” ma intendiamo far leva
sulle “peculiarità” del nostro partito per contribuire ad un
corretto rilancio della funzione dei Partiti in generale come
elemento insostituibile di continuità e di sviluppo della vita
democratica”. Il senso è chiarissimo ed è il seguente: è inutile
e dannoso sottolineare una presunta diversità del Pci rispetto agli
altri giacché questo isola; è preferibile collaborare con gli altri
Partiti anche per favorire, grazie ad un positivo rapporto con noi,
che siamo migliori, una loro evoluzione positiva, anche sul piano
morale.
Prosegue: “E d'altra parte sappiamo
che la crisi dei rapporti tra partiti e società, e la crisi della
democrazia, non sono legate solo a fenomeni degenerativi, ma a
processi e problemi assai complessi con cui anche il nostro partito
fa fatica a misurarsi “. Quel che intende dire a Berlinguer è che
è inutile avere atteggiamenti eccessivamente puri, giacché il
problema morale ce lo hanno tutti, compreso il P.C.I che, governando
Regioni e Comuni, fa, spesso, esattamente come fanno gli altri
(insomma, siamo diversi, sulla questione morale, ma non così
radicalmente).
Per Napolitano la corruzione, non è
una questione prioritaria, lo è assai più la ricerca di un'unità
con il P.S.I. e con gli altri Partiti: “La necessaria polemica con
altri partiti, la preoccupazione per i loro comportamenti più
torbidi, non può comunque oscurare la nostra visione unitaria.
Specie per quel che riguarda la ricerca dell'intesa con quei partiti
che rappresentano forze sociali interessate al cambiamento, legate
all'esigenza di una guida nuova, progressiva, della società
italiana”.
La conclusione è al veleno: “E'
indispensabile che da parte nostra si sappia sollecitare e praticare
questo confronto con la stessa, instancabile insistenza unitaria”
...“scendere e muoversi sul terreno riformistico” anziché
pretendere di combattere il riformismo con “pure contrapposizioni
verbali” o “vuote invettive”. La stoccata finale e l'insulto
politico è evidentemente rivolto a Berlinguer ritenuto un utopista,
chiacchierone e velleitario.
L'articolo di Napolitano suscitò un
grande dibattito negli organismi dirigenti del P.C.I. e Berlinguer
risultò spesso in minoranza, soprattutto in quegli organismi dove,
già allora, prevalevano Amministratori di Enti e Istituzioni e i
rappresentanti delle potenti Coop rosse. La morte improvvisa del
Segretario del Pci determinò un allentarsi della pressione comunista. Della
“questione morale” poco si parlò e ancor meno si fece fino a Tangentopoli, nel 1992, quando il Pci non c'era più e il Pds occhettiano la cavalcò
un po' strumentalmente contro Craxi, ma senza andare a fondo. In realtà nelle
pratiche di governo molte amministrazioni regionali e locali di
sinistra sono risultate ammalate da quello stesso
cancro pervasivo, la corruzione appunto, che al tempo di Berlinguer non si volle combattere ed
estirpare.
Nessun commento:
Posta un commento