5.12.14

Lettera dall'ergastolo (Carmelo Musumeci, 2007)

Ripubblico i testi che l'ergastolano Musumeci inviò a Micropolis nel 2007 dal carcere di Spoleto, con la breve spiegazione che li precedeva. Musumeci, ergastolano, alla condanna subita e (forse) meritata ha reagito studiando, scrivendo, organizzando la protesta contro quel “fine pena mai”, che segna i documenti carcerari degli ergastolani e a gli pare a buona ragione contrario ad ogni principio di umanità. Oggi Musumeci non è più a Spoleto, trasferito a Padova ove collabora a una esperienza importante, ma a Spoleto, un carcere nell'occhio del ciclone, se ne sente probabilmente la mancanza (S.L.L.)

Dal carcere di Maiano a Spoleto (ma la lettera è stata spedita da Firenze, forse per scansare remore e censure) arriva alla redazione di “micropolis” un bigliettino scritto a mano firmato Carmelo Musumeci che promette gratitudine se troveremo spazio per una sua “Ballata dell’ergastolano” e un breve testo narrativo. Lo scopo è di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’abolizione dell’ergastolo, riproposta in un disegno di legge presentato dal Prc nell’ottobre scorso e sostenuta dalla campagna “Mai dire mai” (confrontare il sito www.informacarcere.it). Gli siamo grati noi di averci scritto e pubblichiamo volentieri il materiale inviato. (micropolis)

Questa mattina al passeggio
Questa mattina al passeggio correvamo in quattro, tutti ergastolani. Cielo nuvoloso con una leggera pioggia autunnale che ci bagnava, sembravamo anime in pena o meglio degli zombi che correvano. Fra un giro di cortile e l’altro, parlavamo della disumanità della nostra pena:
L’ergastolo ti fa morire dentro a poco a poco.Più ti avvicini al traguardo più questo si allontana. Non siamo morti ma neppure vivi.

La vita di un ergastolano è di una inutilità totale, non senso, aberrazione, sofferenza infinita.

La pena dell’ergastolo è un’invenzione di nonDio, di una malvagità che supera l’immaginazione.

L’ergastolo è una pena che rende il nostro futuro uguale al nostro passato. Un passato che schiaccia il presente e toglie la speranza al futuro. E’ una pena stupida perché non c’è persona che rimanga la stessa nel tempo.

All’ergastolano rimane solo la vita, ma la vita senza futuro è meno di niente. Non c’è bisogno di fare progetti per il giorno dopo e per il giorno dopo ancora poiché, in un certo senso, la pena dell’ergastolo è una vittoria sulla morte, perché è più forte della morte stessa.

Con l’ergastolo puoi immaginare di vivere, ma immaginare non è vivere. L’ergastolo è una morte bevuta a sorsi, perché non ci mettiamo d’accordo e smettiamo di bere tutti insieme? E’ una buona idea, passiamo la parola agli ergastolani delle altre carceri.

La ballata dell’ergastolano
Passi lunghi ben distesi
un passo, ancora un passo
per tornare subito indietro
un altro giorno null’altro
senz’andare da nessuna parte
cogni che iniziano dove finiscono
rumori di metallo di chiavi
giorni per mesi per anni
mura di cinta sbarre cancelli
occhi carichi di ricordi
ormai solo corpi parlanti più
vicini alla morte che alla vita.
Passi lunghi ben distesi
un passo, ancora un passo
per tornare subito indietro
prigionieri per sempre
togliendoci tutto
senza lasciarci niente
neppure la sofferenza
la disperazione il dolore
perché non si fa più parte degli esseri umani.
Passi lunghi ben distesi
un passo, ancora un passo
per tornare subito indietro
morendo dentro a poco a poco
presente uguale al futuro
uguale a domani uguale a ieri
sofferenza per il giorno dopo
e per il giorno dopo ancora.
Passi lunghi ben distesi
un passo, ancora un passo
un altro giorno null’altro
immaginando di vivere
ma immaginare non è vivere.
Passi lunghi ben distesi
un passo, ancora un passo
con l’ergastolo la vita diventa una malattia
una morte bevuta a sorsi;
non ci uccidono: peggio,
ci lasciano morire per sempre
di un dolore che è per l’eternità.
Un altro giorno, null’altro.

“micropolis”, maggio 2007

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