Ripubblico i testi che
l'ergastolano Musumeci inviò a Micropolis nel 2007 dal carcere di
Spoleto, con la breve spiegazione che li precedeva. Musumeci,
ergastolano, alla condanna subita e (forse) meritata ha reagito
studiando, scrivendo, organizzando la protesta contro quel “fine
pena mai”, che segna i documenti carcerari degli ergastolani e a
gli pare a buona ragione contrario ad ogni principio di umanità.
Oggi Musumeci non è più a Spoleto, trasferito a Padova ove
collabora a una esperienza importante, ma a Spoleto, un carcere
nell'occhio del ciclone, se ne sente probabilmente la mancanza
(S.L.L.)
Dal carcere di Maiano a Spoleto (ma la
lettera è stata spedita da Firenze, forse per scansare remore e
censure) arriva alla redazione di “micropolis” un bigliettino
scritto a mano firmato Carmelo Musumeci che promette gratitudine se
troveremo spazio per una sua “Ballata dell’ergastolano” e un
breve testo narrativo. Lo scopo è di sensibilizzare l’opinione
pubblica sull’abolizione dell’ergastolo, riproposta in un disegno
di legge presentato dal Prc nell’ottobre scorso e sostenuta dalla
campagna “Mai dire mai” (confrontare il sito
www.informacarcere.it).
Gli siamo grati noi di averci scritto e pubblichiamo volentieri il
materiale inviato. (micropolis)
Questa mattina al
passeggio
Questa mattina al
passeggio correvamo in quattro, tutti ergastolani. Cielo nuvoloso con
una leggera pioggia autunnale che ci bagnava, sembravamo anime in
pena o meglio degli zombi che correvano. Fra un giro di cortile e
l’altro, parlavamo della disumanità della nostra pena:
L’ergastolo ti fa morire dentro a poco a poco.Più ti avvicini al traguardo più questo si allontana. Non siamo morti ma neppure vivi.
La vita di un ergastolano è di una inutilità totale, non senso, aberrazione, sofferenza infinita.
La pena dell’ergastolo è un’invenzione di nonDio, di una malvagità che supera l’immaginazione.
L’ergastolo è una pena che rende il nostro futuro uguale al nostro passato. Un passato che schiaccia il presente e toglie la speranza al futuro. E’ una pena stupida perché non c’è persona che rimanga la stessa nel tempo.
All’ergastolano rimane solo la vita, ma la vita senza futuro è meno di niente. Non c’è bisogno di fare progetti per il giorno dopo e per il giorno dopo ancora poiché, in un certo senso, la pena dell’ergastolo è una vittoria sulla morte, perché è più forte della morte stessa.
Con l’ergastolo puoi immaginare di vivere, ma immaginare non è vivere. L’ergastolo è una morte bevuta a sorsi, perché non ci mettiamo d’accordo e smettiamo di bere tutti insieme? E’ una buona idea, passiamo la parola agli ergastolani delle altre carceri.
La ballata
dell’ergastolano
Passi lunghi ben distesi
un passo, ancora un passo
per tornare subito
indietro
un altro giorno
null’altro
senz’andare da nessuna
parte
cogni che iniziano dove
finiscono
rumori di metallo di
chiavi
giorni per mesi per anni
mura di cinta sbarre
cancelli
occhi carichi di ricordi
ormai solo corpi parlanti
più
vicini alla morte che
alla vita.
Passi lunghi ben distesi
un passo, ancora un passo
per tornare subito
indietro
prigionieri per sempre
togliendoci tutto
senza lasciarci niente
neppure la sofferenza
la disperazione il dolore
perché non si fa più
parte degli esseri umani.
Passi lunghi ben distesi
un passo, ancora un passo
per tornare subito
indietro
morendo dentro a poco a
poco
presente uguale al futuro
uguale a domani uguale a
ieri
sofferenza per il giorno
dopo
e per il giorno dopo
ancora.
Passi lunghi ben distesi
un passo, ancora un passo
un altro giorno
null’altro
immaginando di vivere
ma immaginare non è
vivere.
Passi lunghi ben distesi
un passo, ancora un passo
con l’ergastolo la vita
diventa una malattia
una morte bevuta a sorsi;
non ci uccidono: peggio,
ci lasciano morire per
sempre
di un dolore che è per
l’eternità.
Un altro giorno,
null’altro.
“micropolis”, maggio
2007
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