20.12.14

Migrazioni italiane. “Ammonticchiati là come giumenti” (Piero Innocenti)

Da “Narcomafie” una bella rievocazione. (S.L.L.)
Il porto di Genova pieno di emigranti in partenza in un quadro di fine 800
A leggere, quotidianamente, dei soccorsi in mare di centinaia di migranti infreddoliti e affamati, in una massa unica di corpi su quei barconi-carrette, mi sono tornati alla mente i versi di Edmondo De Amicis, quando erano i nostri emigranti a varcare i mari “ ammonticchiati là come giumenti/ sulla gelida prua mossa dai venti,/ migrano per terre inospiti e lontane/ laceri e macilenti,/…per cercar del pane…”. Carrette del mare, non solo oggi, ma anche a quei tempi, quando, nel “bastimento”, “..al primo entrarvi lo abbiamo trovato sì lurido che ci veniva schifo..le navi, all’imbarco, si rivelavano spesso assai diverse dalle promesse..a volte erano delle vere e proprie carrette del mare destinate al naufragio” ( da una lettera di un emigrante italiano partito da Genova, nel 1887, con il vapore “Messico”). Quante somiglianze con il presente quando, sulle coste libiche, i migranti che hanno già pagato consistenti somme di denaro ai trafficanti per un “viaggio” sicuro, si ritrovano costretti, con la violenza, ad imbarcarsi su fatiscenti imbarcazioni o su gommoni che non potrebbero contenere un numero così elevato di esseri umani. I tanti annegati-dispersi nel Mediterraneo, oltre tremila solo nel 2014, dovrebbero ricordarci la tragedia dell’immigrazione. Rispetto alle migrazioni del 1880, ai tempi di De Amicis, quelle di questi anni sono diventate ancor di più un dramma umano di dimensione straordinaria, che riguarda una parte consistente di mondo ridotto in condizioni sempre più disumane a causa di conflitti armati, terrorismo, persecuzioni e povertà. Frutto, spesso, di ingiustizie e di sfruttamento secolare da parte dei paesi del cosiddetto mondo civile. Quando sbarcano nei porti italiani, lo avrete notato, gran parte del personale dell’assistenza e delle forze di polizia indossa una mascherina di protezione sul viso. Si dice che serva per evitare infezioni, ma anche per attenuare gli odori di corpi impregnati di sudore, stanchezza, dolore. Anche sui nostri emigranti di un tempo, che erano “generalmente di piccola statura e di pelle scura..” si sottolineava che “..molti di loro puzzano anche perché tengono lo stesso vestito per molte settimane..” (dalla relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano, ottobre 1912). E se, oggi, qualcuno ha allarmato l’opinione pubblica sui pericoli infettivi dei neri che sbarcano sulle nostre coste, oltre cento anni fa, a Basilea, gli abitanti erano preoccupati di mandare a giocare i loro bambini in strada, per il rischio che potessero tornare a casa “…con i pidocchi o altri parassiti presi dagli sporchi bambini italiani..” (vedi Peter Manz in Emigrazione italiana a Basilea e sobborghi 1890-1914). Per non parlare dei trattamenti riservati, sempre a Basilea, nella stazione ferroviaria, dove i nostri emigranti, considerati “troppo sporchi”, non potevano accedere neanche alla sala d’aspetto di terza classe, ma venivano letteralmente accatastati in un budello sotterraneo in condizioni igieniche pessime. In quel periodo, i pregiudizi verso il nostro paese, minato da colera, pellagra, gastroenterite e tubercolosi, erano davvero forti. L’Australian Workman, il 24 ottobre del 1890, definiva impietosamente “locuste” i migranti italiani, oltre che “briganti, lazzaroni, fannulloni, corrotti nell’anima e nel corpo”. Che fossero un po’ “briganti” non era, a ben vedere, del tutto una falsità. L’emigrazione è sempre stata segnata da violenza e dolore. Quando, oggi, nel nostro paese, si dice che molti stranieri delinquono, si afferma una verità che è la stessa che caratterizzò la delinquenza italiana dei nostri emigranti negli Stati Uniti d’America agli inizi del secolo scorso (1904), infatti, per omicidio, erano detenuti nelle carceri 96 italiani e ben 175 per tentato omicidio. Record assoluto in confronto alle altre nazionalità. Oggi in Italia, l’incidenza della delittuosità degli stranieri sul totale dei delitti, è piuttosto apprezzabile, come abbiamo avuto occasione di sottolineare più volte parlando di sicurezza. Una buona fetta riguarda lo spaccio di stupefacenti e lo sfruttamento della prostituzione. Niente di nuovo a ben vedere in tema di prostituzione (sullo spaccio di droghe, agli inizi del secolo scorso il fenomeno era quasi inesistente), ambito nel quale il traffico di giovani donne fu, più di un secolo fa, in mano agli italiani. Basterebbe leggere quanto scriveva, nel settembre 1902, su “Nuova Antologia”, il diplomatico Paulucci de Calboli, parlando della “merce italiana” particolarmente gradita in Egitto. Oggi, si può pensare di contrastare il fenomeno del traffico illegale di migranti solo contrapponendo, con forza, all’indifferenza generale, quel sentimento “globale della solidarietà e della fraternità”, più volte richiamate da papa Francesco (ne parlerà ancora nel messaggio in occasione della 48ma Giornata della pace, che sarà celebrata, il primo gennaio 2015, sul tema Non più schiavi ma fratelli).
Certo, a Salvini, segretario della Lega Nord, che, per aumentare il suo indice di “gradimento” nei sondaggi, parla, a sproposito, di “immigrazione selezionata” o, tanto più, a quei malviventi che hanno disgustosamente speculato sulla pelle dei richiedenti asilo, come emerso nella recente indagine sulla “mafia romana”, sarebbe tempo perso provare a far capire di cosa si tratti.


“narcomafie”, 17 dicembre 2014  

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