13.1.15

Maria Luigia e Napoleone. Un amore complicato (Luca Goldoni)

Nelle pagine culturali della domenica, nel novembre duemilaotto, il QN pubblicava nella rubrica Il caffè di Goldoni, l'articolo che segue, come risposta alla sollecitazione di una lettrice. Luca Goldoni, brillante moralista e umorista conservatore, aveva già scritto un volume divulgativo su Maria Luigia d'Austria, la figlia degli Asburgo che sposò Napoleone. In verità la sua interpretazione del personaggio non sembra immune da qualche antipatia maschilista. Attendo conferme dalla rete. (S.L.L.)
Maria Luisa d'Austria con il suo sfortunato infante
Nei primi anni dell'Ottocento Vienna cade per due volte nelle mani di Napoleone. E Francesco I, lo sconfitto imperatore d'Austria, intuisce che, per contenere i danni, bisogna favorire il matrimonio della sua primogenita Maria Luisa con l'imperatore dei francesi.
M.L. recalcitra (detesta l'invasore) ma poi si piega alla ragion di stato. Lascia Vienna il 13 marzo 1810. L'appuntamento con lo sposo è a Compiègne, dove il corteo nuziale arriva dopo quattro giorni di viaggio. A ogni sosta M.L. trova nuovi doni che lo sposo con sapiente regia le spedisce: nonostante la sua abissale inesperienza in affari di cuore, è ormai chiaro anche a lei che Napoleone fa di tutto per piacerle. Forse sotto il matrimonio tra Francia e Austria c'è anche quello tra un uomo e una donna. A metà del viaggio Napoleone non tradisce il suo mito di imprevedibile stratega: apre la carrozza e balza dentro, fradicio di pioggia, allegro, emozionato. Ha persino dimenticato la sfarzosa uniforme fatta confezionare per l'occasione e indossa la solita leggendaria divisa. Lei sobbalza, è presumibilmente contegnosa, ma aggraziata. Lui la bacia, le dice cose gentili. Miracolosamente un certo feeling, pur epidermico, si è innescato.
Alla fine del viaggio, a Compiègne, Napoleone dovrà sfoderare ben altra diplomazia di quella con cui ha sottomesso tutta l'Europa, per non traumatizzare la pallida vergine allevata come una suora di clausura. Per non sbagliare sceglie modi quasi militareschi: «Che istruzioni avete avuto dai vostri genitori?». Si ignorano i particolari, si sa però che l'incontro con Napoleone risvegliò la fortissima sensualità di M.L. Pare infatti che lo sposo imperiale si sia abbandonato il mattino seguente, ad un imperdonabile commento da caserma col suo cameriere: «Sposati una tedesca».
E' il primo aprile 1810, il giorno delle nozze ufficiali. Una giornata massacrante, tra cortei, ali di folla, una corona pesantissima, i metri di ermellino del manto imperiale. Rientrata sfinita nelle sue stanze, l'imperatrice trova una maestosa corbeille colma di fiori, gioielli, pizzi e seta. Ma tra i doni scopre anche i ricami che aveva cominciato e interrotto a Vienna e persino il cagnolino Zozo che aveva dovuto abbandonare. Sotto il manto dell'imperatore batte insospettabilmente il cuore di un marito pieno di attenzioni. Lei prova quell'attrazione un po' perversa, quel misto di disgusto e riconoscenza che l'ostaggio prova per il carceriere gentile. Lui, che si è messo sotto i tacchi l'Europa, si fa in quattro per piacerle, ed evidentemente ci riesce, se lei scrive al padre che l'imperatore è amabilissimo, e che «forse presto lo amerà». M.L. soprattutto ha ancora una grande carta da giocare: sta infatti per regalare a N. l'agognato erede, sperando che sia maschio. Quella del parto è probabilmente la notte più lunga della vita di M.L.: l'imperatrice soffre, il parto si annuncia difficile, il principino si presenta di piedi. E N. ci sorprende ancora una volta. Costretto ad una drammatica scelta, ordina al medico «Salvate la madre». Fortunatamente non sarà necessario sacrificare nessuno, e il piccolo Re di Roma viene alla luce. N. si rivela fin da subito un padre tenerissimo, fiero e molto presente, al punto da suscitare la gelosia di M.L.: teme che la tenerezza e la dedizione di N. siano ora monopolizzate dal bambino.
Intanto la fortuna di N. comincia a impallidire. Partito per la campagna di Russia, subisce una disfatta dietro l'altra. E in questa fase che M.L. ha la sua prima vera occasione per comportarsi da imperatrice. Finalmente più moglie che figlia, affronta il padre prendendo le parti del marito e rivelando la fede incondizionata nella sua invincibilità. E' il momento più alto della loro storia d'amore, i sentimenti sono spogli, le lettere sincere, unico tema il dolore. N. si batte, ormai da solo, contro l'Europa intera, e quando a Parigi giunge la voce che il nemico è alle porte, M.L. per un attimo sa cosa deve fare. Aspetterà gli invasori a testa alta, col bambino in braccio, rifiutando l'idea di una ritirata vergognosa. Lo stato di grazia dura poco. Il Consiglio di reggenza decide per la fuga dell'imperatrice e del principino.
Mentre N. crolla definitivamente, ormai abbandonato da tutti, e costretto a una resa incondizionata, vacillano i fragili sentimenti di M.L. Era stata costretta a sposare un uomo che detestava, e che era riuscita forse ad amare un po', solo perché si trattava dell'idolo di mezza. Europa. Ma restare accanto ad un uomo avvilito che invecchia male non ha più alcuna attrattiva. Comincia così una penosa manfrina: le lettere di M.L. a N. (che nel frattempo si è rifugiato all'Elba) sono sempre più distratte, le sue promesse sempre più vaghe. E lui, che ha sempre saputo leggere nel pensiero dei suoi avversari, ora vuole soltanto illudersi: ignora che la sua donna si è innamorata del fascinoso Conte di Neipperg, e ha messo seriamente gli occhi sul Gran Ducato di Parma, non potendo più contare sull'impero di Francia. E' ancora convinto di avere una moglie affezionata e fedele, alla quale scrive cose struggenti come «Addio, mio bene», ricevendo come risposta una ciocca di capelli firmata «la tua fedele e tenera amica Louise». N. non ha ancora imparato a diffidare degli amori che si trasformano in amicizie.
In parole povere M.L. lo sta scaricando perché non le serve più. Chissà se N. avrebbe tentato la avventura della fuga dall'Elba e dei Cento Giorni che seguirono se non avesse sperato di riconquistare, oltre la Francia, anche una moglie. Ma la disfatta di Waterloo è alle porte. Pare che M.L. abbia appreso la notizia «fuori di sé dalla gioia». Ormai libera dallo scomodo vincolo con l'ex imperatore, che sarà mandato a finire i suoi giorni a S.Elena, in fondo non deve costarle molto scrivere al padre qualche caritatevole parola a buon mercato: «Spero che lo tratteranno con bontà e clemenza... Gli devo essere riconoscente della tranquilla indifferenza con la quale mi ha lasciata vivere, invece di rendermi infelice». Non una parola di più per l'uomo che, avendola sposata quasi esclusivamente come fattrice, al momento del difficile parto non esitò a preferire la vita sua a quella del sospirato erede.
Resta un mistero come un uomo tanto grande abbia potuto perdersi dietro le sottane di una donna così piccola. Ma è un mistero per modo di dire: l'amore batte strade indecifrabili, e la Storia è piena di coppie male assortite. Sta di fatto che la modesta M.L. è rimasta nei pensieri di N. fino all'ultimo. Infatti parla di lei come della sua «buona Luisa», la quale, se lo ha abbandonato, è perché «impedita da quel carceriere di suo padre». E' ovvio che ha capito tutto, però ufficialmente difende la moglie. e indirettamente anche se stesso. L'ipotesi di un'amata che vorrebbe ancora amarlo ma non può, è sicuramente la più dignitosa. E' accaduto anche a noi, quando siamo stati piantati.
Alla notizia della morte di N., forse la prima cosa che M.L. pensa è che adesso potrà avere un letto ufficiale con Neipperg. Finalmente vedova. Altre celebri donne hanno condiviso il declino del loro uomo. Lei no. E finirà per dimenticare anche il delizioso figlio, rifilato alla Corte di Vienna mentre lei si ricicla con gioia in Granduchessa di Parma, modificando persino il suo nome: dal dolce Luisa al rustico Luigia. I nuovi sudditi padani preferiscono così.
Ultima seccatura: rispedire quel macabro souvenir che il grande defunto aveva lasciato scritto di recapitarle: un cofanetto con dentro il suo cuore.

QN, 19 ottobre 2008 . .


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