Le ragazze sono
malinconiche e pazze. Al liceo il professore di italiano trattò con
freddezza Chiare, fresche e dolci acque e ci assestò che
l'esame più importante della vita una donna lo passa la sera delle
nozze. Mi rivoltò. Eravamo mezze donne, i primi tacchi alti, la vita
stretta, il seno appena disegnato, i bei capelli dorati sulle spalle
delle amiche. Una, Chicca, la ricordo mentre si volta, guizzante, una
cintura sulla vita esile, il viso sicuro, spiritoso. Mi pareva che le
compagne delle famiglie più abbienti fossero più disinvolte,
sapessero più cose. E poi due o tre erano già donne, non fra le più
brave perché intente a più appassionanti cose che
all'interrogazione.
Al liceo mi trovai per la
prima volta in una classe interamente femminile. La classe mista si
dà un primo equilibrio fra maschi e femmine, loro e noi. Ma una
trentina di ragazze assieme sono esiziali. Il professore di greco e
latino, Orsini, miopissimo, passava fra i banchi immerso nel testo
che leggeva, mentre intrecciavamo e disfacevamo a gran velocità i
capelli della compagna davanti per confonderlo. Una volta
introducemmo in classe un'anitra - un'anitra non è una presenza da
poco in un'ora di latino. C'è una punta di sadismo nelle
giovanissime verso l'uomo vecchio (la donna vecchia neanche la
vedono). Oggi avremmo trasgredito in altro modo, ogni generazione fa
quel che può. Lui alzava la testa e sbatteva le palpebre smarrito,
ci trovava compunte, il naso sul libro. Ma mi insegnò latino e
greco, quella sua religione traforava la nostra stoltezza.
All'estremo opposto il professore di storia, Lennovari, ci impedì di
farci gioco di lui e ci trasmise una percezione della storia come
assoluto non senso. Per due delle sue tre ore settimanali elencava,
fissandoci da potenti occhiali, un seguito di guerre che cominciavano
e finivano, di re e imperatori che assurgevano e declinavano, di
terre che cambiavano di signore e confini, in un tempo senza
connotazioni. La terza ora ci interrogava tutte a raffica: Lei, in
che data Alboino prende Pavia? Lei, chi tratta la pace di Utrecht?
Quando passa agli Hohenzollern il Brandeburgo? La storia rimase per
me un seguito di eserciti che correvano, si trucidavano e si
fermavano fino alla corsa seguente. In quegli anni una disposizione
particolarmente cretina fece sì che il professore di storia dovesse
insegnare filosofia, e là il povero Lennovari affogò. Nelle ore di
lezione proferiva insensatezze, lui stesso incredulo di quel che
andava dicendo, e nell'interrogazione si limitava a date di nascita,
morte e pubblicazione. Per cui sulle monadi senza porte né finestre
e la materia come prodotto dello spirito assoluto starnazzammo con
vigore.
Rinvivite, buttammo fuori
il professore di religione accusandolo di insultare la nostra
innocenza, e all'ora di scienze ci offrivamo in coro di andare a
prenderne i pochi strumenti per scorrazzare nei corridoi. «Che fa
qui, signorina?» sbucava il preside. «Porto il canguretto,
professore». A quell'età si è certi che la scuola è piena di
insensatezze e non c'è che traversarle col minimo dello sforzo e il
massimo dei risultati. Non conoscevamo la parola istituzione, ma
eravamo sicure che la vita stava fuori, al più spuntava nei ritagli,
faceva segno da qualche parte.
Tuttavia il professor
Lennovari enunciava tali stramberie che nella filosofia doveva per
forza esserci dell'altro, e papa confermò comprandomi due libri: La
visione della vita nei grandi pensatori di Eucken e la Storia
della filosofia moderna di Windelband. Nei quali mi immersi con
delizia, pancia a terra sul tappeto e rinviando i compiti, era una
trasgressione sotto la rispettabile forma di anticipo, mi parve di
capire tutto, gli occhi finalmente dissigillati sugli abissi dello
spirito. Facevo la ruota come un pavone...
da La ragazza del
secolo scorso, Einaudi 2005
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