17.5.15

Uccelli: chi migra, chi resta (Bozzi & Camanni)

Fenicotteri nello stagno di Molentargius (Sardegna)
Alcuni uccelli trascorrono tutta la vita in una particolare area, o al massimo compiono brevi spostamenti stagionali, come ad esempio la discesa da zone in quota verso il fondovalle alle prime nevicate (uccelli stanziali). Altri invece seguono veri e propri «viaggi migratori», il più delle volte anche di migliaia di chilometri, in modo da trascorrere i mesi invernali in aree calde e ricche di cibo (uccelli migratori). Il costo della migrazione è molto alto, perché comporta un enorme dispendio di energia, il rischio di morire se un uragano sorprende i viaggiatori in mare, il rischio di essere predati dai rapaci in attesa in alcuni punti del passo e il logorio fisico che uno sforzo così prolungato comporta. Ma tale costo sembra essere compensato dal fatto che gli animali, spostandosi da un luogo all'altro, dispongono di buone risorse alimentari durante tutto l'arco dell'anno oppure di un luogo tranquillo al riparo dai predatori dove nidificare. Gli uccelli migratori che nidificano in Europa e in Italia seguono 3 principali «rotte migratorie» per e da i quartieri di svernamento africani. Le due vie preferite dai grandi uccelli veleggiatori, come le cicogne e i rapaci (uccelli che raramente battono le ali perché sfruttano le correnti ascensionali di aria calda come i deltaplani e gli alianti), passano per lo stretto di Gibilterra e per il Bosforo. In queste due zone infatti il braccio di mare, dove non si formano le correnti ascensionali, è molto limitato. Nei due stretti si concentrano migliaia di individui ad aprile, il mese in cui gli uccelli arrivano dall'Africa, e a settembre, quando vi fanno ritorno. La terza «rotta migratoria» passa per la penisola italiana, lo stretto di Messina e la Tunisia. Anche se meno frequentata delle due precedenti per la maggiore estensione del braccio di mare da attraversare, è comunque seguita da molte specie, in particolare da quelle che nidificano in Italia e nell'Europa centrale. Alcuni uccelli migratori coprono distanze di diverse migliaia di chilometri, come le cicogne dell'Europa orientale che raggiungono i loro quartieri invernali nel Sud Africa. La durata della migrazione dipende dalla distanza coperta e da fattori climatici e ambientali.
Molti scienziati hanno investito le loro ricerche per cercare di capire come fa un uccello ogni anno a seguire sempre la stessa rotta migratoria e a tornare a nidificare nella medesima località e magari nello stesso nido. In queste ricerche si applicano piccoli anelli numerati a una zampa degli animali in modo da poter verificare la loro provenienza nel caso siano ritrovati morti o catturati per qualche motivo. Moderne tecniche che utilizzano il radar e radio trasmittenti applicate ai singoli animali consentono di seguire grossi stormi in volo e di conoscere con una certa precisione molte rotte migratorie. L'etologo tedesco Peter Berthold in vent'anni di ricerche ha messo in evidenza che in alcuni uccelli il comportamento migratorio è influenzato dai geni. Oggetto delle sue ricerche furono occhiocotti e capinere (silvidi) tenuti tutto l'anno in ampie voliere mantenute in condizioni uniformi in modo che gli uccelli non percepissero l'avvicendarsi delle stagioni. Nonostante ciò, in coincidenza dell'autunno e della primavera gli uccelli diventavano particolarmente irrequieti e frenetici spiccando balzi nella direzione della rotta della migrazione, e mantenendo questo comportamento per il numero di giorni corrispondente alla durata del viaggio. Non solo: all'inizio gli uccelli si orientavano verso Sud-Ovest se la rotta prevedeva il passaggio sui Pirenei, o verso Sud-Est per i Balcani, per correggerla progressivamente verso Sud al passare dei giorni. I silvidi dimostrano quindi di possedere un «orologio interno» a ciclo annuale, calibrato sulle quattro stagioni del clima temperato e di «sapere» per informazione genetica quando partire e dove andare. Altri uccelli, come le oche selvatiche, imparano invece la rotta nel primo viaggio seguendo gli adulti che hanno compiuto altre volte la migrazione. Più o meno dotati di una rotta predeterminata geneticamente, gli uccelli usano a quanto sembra diversi «strumenti» per orientarsi. Può essere la posizione del sole e delle stelle, la morfologia del paesaggio, il campo magnetico terrestre o una «bussola olfattiva» che segue gli odori familiari fino a quelli di casa. Più di un fattore probabilmente concorre all'orientamento dell'animale.

da Maria Luisa Bozzi, Stefano Camanni, Turisti per scienza,  La Biblioteca di "Scienza e Vita", Rusconi, 1994

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