1.7.15

CasaPound. Fascisti postmoderni (Renato Covino)

Radicosa è una località nel comune di Trevi; nel 1943-1944 è stata sede del comando della IV Brigata Garibaldi che operava nella montagna folignate. Qualche mese fa alcuni soci della Federazione escursionisti italiani - loro sponte - mettono una lapide in ricordo del fatto. La lapide viene distrutta e al suo posto compare una svastica. Uno dei sopravvissuti della Brigata, ormai novantenne, la cancella. Immediato il plauso delle autorità: gli telefonano per encomiarlo il sindaco di Foligno e presidente della Provincia, Nando Mismetti, la governatrice dell’Umbria, Catiuscia Marini, la vicepresidente della Camera, Marina Sereni. Qualche settimana prima, a Terni, un giovane antifascista viene minacciato con un coltello da un esponente di CasaPound. La cosa ha un impatto minore sui giornali, circola solo nei siti web. CasaPound non è percepita dalle autorità pubbliche come un rischio e del resto i giovani antifascisti un po’ estremisti di Terni non sono simpatici ai maggiorenti locali del Pd e agli amministratori. Non hanno certo il fascino (e la inoffensività) del novantenne che cancella la svastica a Radicosa, non sono una testimonianza del passato, ma una rottura di scatole che opera nel presente.
Lo hanno dimostrato anni fa con la questione dell’aviosuperfice, quella dove ogni tanto si muore durante un lancio, già appaltata a imprenditori fascisti (ma sottoscrittori della Fondazione Italiani Europei, quella di Massimo D’Alema) e dove si esercitavano paracadutisti aderenti a forze di estrema destra. C’è voluto del bello e del buono per far revocare la licenza di esercizio, si è negato fino all’ultimo che si trattasse di una luogo dove si esercitavano giovani di fede mussoliniana, con relativi saluti romani, divise, distintivi, ecc. Sono state necessarie alcune manifestazioni e una martellante campagna d’informazione - per cui alcuni antifascisti si sono beccate denunce e ammonizioni - per revocare la licenza ed ammettere che il sito era frequentato da militanti fascisti. Intanto Casa Pound ha aperto sedi in quasi tutte le città maggiori dell’Umbria. A Terni addirittura la sua sede si trova presso la Casa del combattente. L’ha presa in affitto dalla locale Associazione nazionale combattenti e reduci. Nonostante la denuncia dell’Anpi non c’è stato verso di far revocare il contratto. E’ tutto in regola, i combattenti e reduci hanno le finanze allo stremo e, come si sa, pecunia non olet. Di fronte all’espansione organizzativa dell’associazione ovunque gruppi, più o meno sparuti, di antifascisti hanno protestato nel più totale isolamento. Non è stato mai presente, un sindaco, un assessore, un consigliere, un segretario di partito.
Come sempre avviene il fenomeno CasaPound è sottovalutato dall’insieme delle forze politiche. Ciò è il frutto della politica “pacificazionista” inaugurata da Luciano Violante quando era presidente della Camera, ma in generale di una prassi ormai consolidata di cui l’ultimo esempio umbro è stata la celebrazione della “giornata del ricordo”, quella in onore degli infoibati, a Terni con la contemporanea presenza degli onorevoli Walter Verini (Pd) e Renata Polverini (ex segretaria nazionale dell’Ugl). Insomma in nome della libertà di associazione e della pretesa irrilevanza del neofascismo, oggi in Italia si ritiene di non dover intervenire sul fenomeno né a livello di conoscenza e quantomeno di contrasto. Il tutto deriva dallo sdoganamento della destra attuato a partire dai primi anni novanta del secolo scorso, dalla costituzionalizzazione del Msi e dall’irrilevanza elettorale dei movimenti fascisti complessivamente attestati su valori che non superano l’1%.
Sfugge, peraltro, la diversità di CasaPound dalle altre organizzazioni dell’estrema destra, che differisce - pur nella sua dichiarata ispirazione fascista, nel mito del mussolinismo, nella pratica costante di aggressione a militanti della sinistra e soprattutto dei centri sociali, nel richiamo al poeta americano aderente alla Repubblica sociale italiana - dalle formazioni dell’estremismo fascista e nazista così come lo si conosceva negli anni settanta e ottanta del Novecento.
Il movimento nasce nel 2003 con l’occupazione a Roma di un edificio disabitato in zona Esquilino dove apre il primo centro sociale di estrema destra. Opera negli anni successivi continuando ad occupare case nella capitale, sfruttando l’emergenza abitativa. Aderisce al Movimento
sociale fiamma tricolore, il partito fondato da Pino Rauti. Sfugge al declino di quest’ultimo, costituendosi nel 2008 in associazione - in realtà in partito - la cui cifra è l’antiglobalismo, la xenofobia più che il razzismo e l’antisemitismo, le politiche di assistenza ai poveri e ai bisognosi, una politica degli alloggi che ponga in prima linea gli italiani, le politiche di nazionalizzazione e di welfare mutuate dal fascismo non tanto come regime, ma soprattutto come viene disegnato dalla repubblichina Carta di Verona. Si riprendono, insomma, gli stereotipi della cultura post moderna. Lo scontro non è più, a parole (come dimostra il morto di Cremona), con la sinistra, ma con il potere e con la concorrenza rappresentata dai centri sociali che si rivolgono alla “moltitudine”, agli stessi mondi a cui punta l’organizzazione neofascista. Il punto di riferimento è la comunità, la sua difesa, i suoi bisogni. Non a caso si raccolgono firme per l’istituzione di asili nido per bambini disabili a Bastia, si distribuiscono pacchi di pasta, ci si schiera a difesa dei lavoratori precari e via di seguito.
Questo messaggio ambiguo si schiera, tuttavia, lungo la linea tradizionale del fascismo repubblicano: contro il marxismo (cosa oggi difficile dato che quasi nessuno dichiara la sua discendenza dal filosofo di Treviri), contro il capitalismo, per una terza via.
C’è però un dato in più. CasaPound negli ultimi messi è entrata, sia pur di soppiatto, nel gioco politico. Lo aveva già fatto nel 2014, favorendo a Roma l’elezione al parlamento europeo del leghista Borghezio, lo sta facendo adesso con l’alleanza organica con la Lega che ha virato decisamente verso le tematiche che l’associazione neofascista propaganda. In altri termini non si tratta di un accordo tattico, temporaneo, ma strategico. Dirigenti leghisti e casapoundisti sono sostanzialmente d’accordo. L’obiettivo è la costruzione di una destra sociale che solo su alcuni temi, quelli della polemica anti europeista, è d’accordo con il Front National di Marine Le Pen. Per proprietà transitiva appare ovvio che questa alleanza, soprattutto nelle aree deboli per la Lega come l’Umbria, si coniughi con il tentativo di costruire un populismo di destra,
oggi si chiama civico, che assume l’aspetto mimetico dell’antipolitica e dell’anticasta. Più semplicemente nella coalizione che alle prossime regionali sosterrà Claudio Ricci, il campione del centrodestra, c’è anche CasaPound.
Il fenomeno è meno banale e più pericoloso di quanto appaia e difendersi da esso è difficile: non è descrivibile come un evento residuale e nostalgico. CasaPound è la destra della modernità, anzi è la destra postmoderna. Senza prendere atto di ciò è difficile combatterla, mettere in piedi azioni di contrasto.
Certamente non è possibile opporvisi in modo tradizionale. Non c’è da contare su sindaci, amministratori, parlamentari di centrosinistra, i quali il massimo che possono e vogliono fare è mettere corone ai caduti il 25 aprile o partecipare alla giornata della memoria. D’altro canto pensare che si possa rispondere con una permanente mobilitazione “militare” appare perlomeno ingenuo, rischia di innescare un circuito di azione e reazione naturalmente perdente, in quanto riservato a sparute minoranze. Ciò non vuol dire affatto che non bisogna manifestare, testimoniare anche in piazza una presenza antifascista. Ma sapendo che la cosa in sé non è dirimente né risolutiva.
Le soluzioni invece sono, per molti aspetti, più articolate. In primo luogo è necessaria una conoscenza meno approssimativa del fenomeno, che come abbiamo cercato di delineare prima non è analizzabile con le categorie tradizionali. In secondo luogo questa conoscenza deve coinvolgere le organizzazioni che hanno come missione l’antifascismo e che sempre meno possono farlo vivere come ricordo della Resistenza e mistica della Costituzione (anche se si tratta di questioni non irrilevanti). Infine si tratta di sciogliere le ambiguità, anche culturali, che attraversano le nostre società e che provocano un connubio e una confusione innaturali e tra nuove culture di destra e di sinistra. In altri termini CasaPound è il terreno di sperimentazione di una battaglia che non può, allo stato dei fatti, non essere di tipo culturale che, critichi anche chi predica forme di pacificazione, ritenendo che sul passato sia bene mettere una pietra sopra.


“micropolis” marzo 2015

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