21.8.15

La lotta per un linguaggio colto (Lev Davidovic Trotzkij, 1923)

In occasione dei 75 anni dalla morte di Trotzkij, da un recente libretto curato da David Bidussa, recupero questo scritto poco noto, ma importante. Non c'è solo la polemica contro la volgarità, residuo dello sfruttamento e dalla brutalità delle società classiste, ma una sorta di "legge dello sviluppo disuguale della coscienza" nelle società postrivoluzionarie. È ipotesi di lavoro da meditare e sviluppare come una delle chiavi per rileggere la sconfitta del comunismo noventesco. (S.L.L.)
Trotzkij
Il linguaggio scurrile e la volgarità sono un lascito della schiavitù, dell’umiliazione e della mancanza di rispetto per la dignità umana, la propria e quella degli altri. Questo è in particolare il caso della scurrilità in Russia. La scurrilità russa tra le classi più basse era il risultato della disperazione, dell’amarezza, e soprattutto della schiavitù senza speranza e senza fuga. E la scurrilità delle classi più alte, quella che sgorga dalle gole della nobiltà, delle autorità, era il risultato delle regole di classe, dell’orgoglio degli schiavisti dal potere incrollabile.
La rivoluzione è prima di tutto un risveglio della personalità umana nelle masse, che si supponeva non avessero personalità. Malgrado la crudeltà occasionale e la crudele spietatezza dei suoi metodi, la rivoluzione è, innanzitutto e soprattutto, il risveglio dell’umanità, la sua marcia progressiva, ed è contraddistinta da un crescente rispetto per la dignità personale di ogni individuo e da un interesse costante-mente crescente per i deboli. Una rivoluzione non è degna del suo nome se, con tutti i mezzi e la forza a sua disposizione, non aiuta la donna a incamminarsi sulla strada del progresso individuale e sociale.
Una rivoluzione non è degna del suo nome se non si ha la massima cura possibile per i bambini, la futura generazione a beneficio della quale è stata fatta la rivoluzione. Come si può creare giorno dopo giorno, a piccoli passi, una nuova vita basata sulla mutua considerazione, sul rispetto, sulla vera uguaglianza delle donne, sulla cura efficiente dei bambini, in un’atmosfera avvelenata dalla fragorosa, rimbombante ed echeggiante scurrilità dei padroni e degli schiavi, quel bestemmiare che non risparmia nessuno e che non si ferma di fronte a niente? La lotta contro il «cattivo linguaggio» è una condizione della cultura intellettuale tanto quanto il combattere contro il sudiciume e i parassiti è una condizione della cultura del proprio corpo.
Finirla radicalmente con il linguaggio scurrile non è cosa semplice, considerando che il linguaggio sboccato ha radici psicologiche ed è un risultato degli ambienti incolti. Le abitudini psicologiche che si tramandano di generazione in generazione e impregnano l’atmosfera della vita sono veramente difficili da abbattere; d’altro canto da noi in Russia accade spesso che, fatto un violento slancio in avanti, si abusi delle nostre forze e poi si lascino andare le cose nel vecchio modo.
Come regola, che ovviamente ha delle eccezioni, gli uomini che usano un cattivo linguaggio disprezzano le donne e non hanno riguardo per i bambini. Questo non vale solo per le masse incolte, vale anche per la cosiddetta classe dirigente dell’attuale ordine sociale. E innegabile che, sei anni dopo l’Ottobre [la Rivoluzione d’ottobre del 1917, ndr], le vecchie forme prerivoluzionarie del linguaggio siano ancora in uso e siano quasi la moda più in voga. Quando fuori dalla città, in particolare da Mosca, i nostri dignitari considerano loro dovere usare un linguaggio forte, evidentemente pensano che ciò li metta a più stretto contatto con i contadini.
La nostra vita in Russia è fatta dei più sorprendenti contrasti, in economia come in tutto il resto. Nel centro più profondo del nostro paese, vicino a Mosca, ci sono migliaia di paludi, di strade impraticabili, e poco distante puoi inaspettatamente trovare una fabbrica che potrebbe impressionare un ingegnere americano o europeo per il suo equipaggiamento tecnologico. Contrasti simili abbondano nella nostra vita nazionale. Fianco a fianco a qualche vecchio tipo di profittatore ingordo e rapace, tornato in vita nell’attuale generazione, passato attraverso la rivoluzione e l’espropriazione, impegnato nel truffare e nell’arricchirsi in modo disonesto, mascherato e legalizzato, che presenta intatta, in ogni momento, la sua volgarità suburbana e la sua ingordigia, notiamo i migliori tipi di comunisti della classe operaia che dedicano le loro vite giorno per giorno agli interessi del proletariato mondiale e sono pronti a combattere in ogni momento possibile per la causa della rivoluzione in ogni paese, anche quello di cui, probabilmente, non sarebbero in grado di indicare la posizione geografica.
Oltre a questi contrasti sociali - l’ottusa bestialità e il più alto idealismo rivoluzionario - spesso assistiamo a contrasti psicologici in una stessa persona. Un uomo è un solido comunista devoto alla causa, ma le donne sono per lui solo «femmine», da non prendere in nessun senso seriamente. Oppure accade che un altro affidabile comunista, mentre discute di questioni nazionalistiche, cominci a parlare irrimediabilmente di argomenti reazionari. Per darci una spiegazione di questo dobbiamo ricordarci che parti diverse della coscienza umana non cambiano e non si sviluppano simultaneamente e su linee parallele. C’è una certa economia nel processo. La psicologia umana è particolarmente conservatrice per natura e il cambiamento dovuto alle domande e alla spinta della vita agisce in primo luogo su quelle parti della mente che ne sono direttamente coinvolte.
In Russia lo sviluppo sociale e politico degli ultimi decenni procedette in modo abbastanza inusuale, con sorprendenti passi da gigante, e questo dà una spiegazione della nostra attuale disorganizzazione e confusione, che non è solamente confinata all’economia e alla politica. Gli stessi inconvenienti sono manifesti nelle menti di molte persone, esprimendosi in una curiosa mescolanza di visioni politiche avanzate, ben ponderate e sentimenti, abitudini, per certi versi idee che sono una diretta eredità di ancestrali leggi interne. In generale la formula corretta per l’educazione e l’autoeducazione, soprattutto per il nostro partito, cominciando dall’alto, dovrebbe essere l’organizzare il fronte ideologico, cioè riplasmare tutte le aree della coscienza usando il metodo marxista. Ma qui ancora il problema è estremamente complicato e non può essere risolto solo dall’insegnamento scolastico e dai libri: le radici delle contraddizioni e delle incoerenze psicologiche risiedono nella disorganizzazione e nella confusione delle condizioni nelle quali vive la popolazione. La psicologia dopotutto è determinata dalla vita. Ma la dipendenza non è puramente meccanica e automatica: è attiva e reciproca. Di conseguenza il problema deve essere approcciato in molteplici modi diversi.
La battaglia contro il cattivo linguaggio è anche parte della lotta per la purezza, la chiarezza e la bellezza della lingua russa. Gli stupidi reazionari sostengono che la rivoluzione, se non l’ha completamente rovinata, causa un processo di deterioramento della lingua russa. In realtà c’è un’enorme quantità di parole in uso che sono state originate dal cambiamento, molte di esse sono espressioni provinciali perfettamente inutili, alcune contrarie allo spirito della nostra lingua. E malgrado tutto gli stupidi reazionari si stanno completamente sbagliando sul futuro della lingua russa, come su tutto il resto. Fuoriuscendo dallo sconvolgimento rivoluzionario, la nostra lingua verrà rafforzata, ringiovanita con un’accresciuta flessibilità e finezza. Il nostro linguaggio giornalistico prerivoluzionario, ovviamente burocraticamente ossificato e liberale, è già considerevolmente arricchito da nuove forme descrittive, da nuove espressioni più precise e dinamiche. Ma durante tutti questi anni burrascosi il nostro linguaggio è certamente diventato alquanto farraginoso e parte dei nostri progressi nella cultura dimostreranno, tra l’altro, la capacità di liberare il nostro linguaggio da tutte le parole e le espressioni inutili, e da quelle che non sono in armonia con lo spirito del linguaggio, mentre verranno preservate le indiscutibili e inestimabili acquisizioni linguistiche dell’epoca rivoluzionaria.
Il linguaggio è lo strumento del pensiero. La precisione e la correttezza del linguaggio sono condizioni indispensabili di un corretto e preciso pensare. Nel nostro paese la classe operaia è arrivata al potere per la prima volta nella storia. La classe operaia possiede una ricca quantità di esperienza di lavoro e di vita e un linguaggio basato su questo. Ma il nostro proletariato non ha avuto un sufficiente insegnamento scolastico per quanto riguarda il leggere e scrivere elementari, per non parlare dell’educazione letteraria. Questa è la ragione per cui l’attuale classe operaia al potere nonostante tutto non si è ancora levata con l’energia necessaria contro l’intrusione di nuove parole ed espressioni inutili, corrotte e a volte orribili.
Il linguaggio ha anche bisogno di igiene. E la classe operaia ha bisogno di una lingua sana non meno, ma un po’ di più delle altre classi: per la prima volta nella storia essa comincia a pensare in maniera indipendente sulla natura, sulla vita e sui suoi principi; e per pensare ha bisogno di un linguaggio chiaro e incisivo come strumento.


Dalla “Pravda”, 16 maggio 1923 – ora in Leon Trotsky, La vita è bella, Chiare lettere, 2015

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