29.6.16

Misericordiando. Cronache giubilari giugno 2016 (S.L.L - micropolis).


Seminaristi
Il mese clericale
Dell'Anno santo in corso giugno è il mese clericale. Nei suoi primi tre giorni s'è svolto, infatti, a Roma il Giubileo dei preti, poi diventato nelle cronache ufficiali, il Giubileo dei sacerdoti, visto che Bergoglio ha preferito questa dizione. Non a caso. Il prete è, etimologicamente, “l'anziano”, una figura autorevole della comunità ecclesiale. Il sacerdote è di più, ha in dotazione il “sacro” e gode di un rapporto speciale con il dio che gli conferisce speciali poteri, come quello di trasformare pane e vino in corpo e sangue o di cancellare i peccati. Il papa ha così voluto ribadire il primato del clero, che è stigma (insieme all'aspirazione universalistica) della variante cattolica del cristianesimo.
A quanto riferiscono le cronache vaticane il triduo giubilare è stato una “maratona di spiritualità sacerdotale”. Il papa ha coniato il verbo “misericordiare”, usandolo in forma attiva e passiva. Ai preti convenuti in Roma ha spiegato della misericordia sia l'aspetto femminile, cioè l'amore viscerale per la propria creatura, sia l'aspetto maschile, “la fedeltà forte del Padre che sempre sostiene e perdona i figli”. In questa distinzione sembra rispecchiarsi la tradizione patriarcale del cristianesimo, che vuole la donna più “natura” e l'uomo più “cultura”, cioè più dotato di riflessione e volontà: sono queste le basi di una “fedeltà” più paterna che materna, perché – come cantava il duca di Mantova - “la donna è mobile”. A naso si può prevedere che le speranze di un sacerdozio femminile imminente rimarranno frustrate.
Ai preti Bergoglio propone tuttavia un atteggiamento meno severo e muscolare, parlando – a questo proposito – di “sguardo sacerdotale”. Si tratta dello “sguardo di un padre”, quello con cui il padre misericordioso della parabola guardò con amore il figliuol prodigo, quello del Padre celeste che nessun tradimento, nessuna cattiveria umana può deviare e che Dio riserva agli stessi preti, fragili ed erranti in quanto uomini. Sostiene Bergoglio: “Permettetemi, ma io penso qui a quei confessori impazienti, che bastonano i penitenti, che li rimproverano… Ma così ti tratterà Dio, eh! Così! Almeno per questo, non fate queste cose …”.
Giubilei dei sacerdoti si sono svolti, a cascata, in molti luoghi: uno in Umbria a Colvalenza giorno 9. Il vescovo Cancian, di Città di Castello, per commentarne lo svolgimento, parla di “declericalizzazione”, ma intende solo sottolineare il rapporto di vicinanza tra pastori (vescovi), clero e laici nella Chiesa. Il 22 del mese, infine, il papa cattolico ha annunciato nuove canonizzazioni, cinque beati promossi alla categoria di “santo”: quattro preti (tra cui un vescovo) e una suora carmelitana che si offrì come “preda” alla Trinità. Tra i nuovi santi c'è anche Salomon Leclerq, beatificato da Pio XI; si legge su “Avvenire” che fu anche martire, uno dei “preti refrattari” della Rivoluzione francese, quelli che rifiutarono di giurare fedeltà alla Repubblica.

Bergoglio e Lambertini
L'11 e 12 il Giubileo dei malati e dei disabili in Vaticano ha visto la partecipazione dei ragazzi del “Serafico” di Assisi ed ha avuto un paio di proiezioni anche nella nostra Umbria. Il 16 si è svolto quello degli artisti itineranti: circensi, lunaparkisti, artisti di strada, madonnari, definiti dal papa “la grande famiglia dello spettacolo viaggiante e popolare”. Ma neanche questo ha giovato a far crescere l'attenzione per l'Anno santo. Si legge su “La Voce” di un un Giubileo “in sordina”: era stato immaginato come strumento di amplificazione di un grande slancio riformista e invece Bergoglio riesce solo a pronunciare mezze frasi, prive di riscontri effettuali.
È uscito l'anno scorso per Quodlibet un libro strano e bello, Vite efferate di papi: l'autore, il filologo Baldi, seguendo scrupolosamente fonti coeve, racconta di pontefici il più delle volte orrendi. Ma ce n'è anche uno simpatico, Prospero Lambertini, già cardinale di Bologna, papa dal 1740 con il nome di Benedetto XIV. Pare che abusasse dell'intercalare “cazzo”. Succedeva un incendio e lui “Cazzo, ci sono morti?”. Chiedeva udienza un ambasciatore e lui “Cazzo, che vorrà?”. Per frenare il malvezzo aveva chiesto al maestro di camera, monsignor Boccapaduli, di tirargli la tonaca ogni volta che quella parola gli usciva di bocca. Una volta, per la stranezza dei fatti riferitigli, Lambertini non riusciva a trattenersi e il monsignore dovette più volte tirargli la tonaca. Alla fine, stanco di quel tirare, il papa urlò: “Hai rotto i coglioni, Boccapaduli. Cazzo cazzo cazzo! La voglio santificare questa parola e dare l'indulgenza plenaria a chi la pronunci dieci volte al giorno”.
L'impressione è che qualche Boccapaduli tiri sistematicamente la tonaca al papa argentino, ma che lui, a differenza del Lambertini, reprima l'empito e si morda la lingua, senza mai trovare il coraggio per dire: “M'avete rotto i coglioni”.

"micropolis", 28 giugno 2016

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