14.8.16

Pirandello e Sciascia, geni e drammi allo specchio (Matteo Collura)

Luigi Pirandello con la figlia Lietta a Buenos Aires
Leonardo Sciascia a proposito di Antonietta Portolano: «Già Balzac aveva detto: 'Dio preservi le donne dallo sposare un uomo che scrive libri'. E da un uomo che scrive i libri che Pirandello ha scritto?».
La gran parte dell’opera di Pirandello, la più significativa, viene dalla sofferenza sua e della consorte, finita in una casa di cura per malati di mente. E non soltanto Antonietta ebbe la vita segnata dall’essere moglie dell’autore dei Sei personaggi, ma tutti coloro che, in modo diverso, gli furono vicini. Specie le donne. Altra sua «vittima» fu la figlia Lietta, innamorata del padre al punto da non staccarsene mai, neanche quando il matrimonio la portò in Cile. Non fece che pensare al genitore, Lietta, nel mentre tentava di vivere la sua vita con il marito e con i figli. E questo la costrinse ad andare avanti e indietro attraverso l’Oceano, in un succedersi sconvolgente di gioia e di strazio. Era tale l’affetto di Lietta per il padre, e quello di lui per la figlia, da spingere Antonietta, già preda della follia, ad accusarli d’incesto. E vi sono tracce, di questa macchia orrenda, in alcune opere del drammaturgo.
Un inferno, la vita familiare di Pirandello, speculare a quello delle donne che gli stavano vicino. Un inferno, cui a suo modo si sottrasse l’attrice Marta Abba, divenuta l’unica musa ispiratrice del «Maestro» senza condividerne né una casa né tanto meno il talamo.
Se dell’inferno domestico di Pirandello ci dicono tutto o quasi le sue opere, raramente è emerso qualcosa dal punto di vista femminile (quello di Antonietta e Lietta, soprattutto). Questo punto di vista ci viene offerto ora da Anna Maria Sciascia, figlia dello scrittore Leonardo, in un piccolo ma denso libro: Il gioco dei padri - Pirandello e Sciascia (Avagliano Editore, pagine 88, e 5). Un volumetto che vuol essere anche una confessione che sa di sfogo personale: «Scrivendo di loro mi è capitato spesso di piangere, un pianto non solo di intensa partecipazione emotiva, ma anche di liberazione. Il dramma di Antonietta, l’inquietudine di Lietta mi hanno portato, per simpatia, a rivedere la mia vita; pian piano attraverso il ricordo di episodi, lacerazioni, piccoli traumi in parte dimenticati e talvolta rimossi... ».
È certo gratificante vivere — da figli, da mogli — con un genio; ma se ne possono subire conseguenze gravi, per la propria personalità, per la propria famiglia, per la propria carriera. Attraverso un processo d’identificazione, a volte doloroso, Anna Maria Sciascia ha potuto osservare dal di dentro i drammi di Antonietta e Lietta; così come ne ha colto anche le gioie e i momenti esaltanti. «Il destino », scrive, «ci ha portate accanto a uomini straordinari e ognuna di noi ha reagito in maniera diversa anche se il filo conduttore è unico: un alternarsi di stati d’animo contrastanti: tormento ed estasi, croce e delizia». Antonietta e Lietta, pirandellianamente, hanno trovato la loro autrice.


Corriere della Sera, 15 dicembre 2009

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