1.2.17

Accademia della Crusca. Neologismi sotto controllo (Lorenza Tomasin)

Accademi della Crusca. Biblioteca
Si chiama Gruppo Incipit, e si è costituito nell’autunno scorso presso l’Accademia della Crusca, cioè presso la stessa istituzione che assieme al piccolo Matteo di Copparo ha fatto tanto parlare di sé, recentemente, per la gioiosa accoglienza data all’aggettivo petaloso, sùbito diventato un vero fenomeno linguistico di tendenza. Il Gruppo Incipit, però, non si occupa di neologismi floreali e suggestivi, ma di quei termini che politici, economisti e opinionisti - proprio perché non hanno la fantasia e il gusto del piccolo Matteo - prendono di peso dal burocratese intemazionale (cioè dall’inglese o pseudo-inglese dei tecnici) e spiattellano nei notiziari, stillano nelle reti sociali, profondono nelle analisi di mercato o nei testi di legge. Altro che termini petalosi: in pochi mesi d’attività, il gruppo - sono una decina di esperti, non solo linguisti di professione come il Presidente dell’Accademia Claudio Marazzini, visto che tra loro c’è anche la pubblicitaria Annamaria Testa - ha detto la sua su termini come smart work, bail in, voluntary disclosure, stepchild adoption. Su tutti, il gruppo si è espresso sempre con misurato buon senso e senza censure nette, proponendo alternative possibili e ben più comprensibili per termini tanto modaioli quanto, spesso, oscuri nel loro esatto significato alla stragrande maggioranza degli italiani.
E anche se forse lavoro agile non passerà al posto di smart work, non sarà male ricordare - con gli esperti del gruppo - che il nome di hot spot dato ai centri di accoglienza per immigrati rischia di suonare addirittura offensivo, o nel migliore dei casi paradossale. Almeno in Italia, dove i prestiti inglesi hot e spot sono rispettivamente riferiti a situazioni o entità che ben poco hanno che fare con i drammi della migrazione. Bisognerà ammettere anche che l’alternativa con figlio proposta in luogo di stepchild (su suggerimento di un presidente emerito della Crusca, Francesco Sabatini) è interessante, anche se forse non risulterà seducente per media e politici, che a quanto pare di stepchildren non vogliono sentir parlare né in inglese, né in italiano. Del resto, l’alternativa «adozione del figlio del partner» proposta dai saggi di Incipit (con partner che non è certo una parola italiana) dimostra che il loro nemico non è l’inglese in quanto tale, ma la poca chiarezza. O la tendenza a nascondere dietro parole nuove e misteriose concetti di cui forse si ha poca voglia di parlare con la dovuta sincerità.
Non editti, né sentenze in forma di fatwa: solo comunicati stampa produce, per ora, il Gruppo Incipit. Nulla che incuta abbastanza rispetto, evidentemente, da provocare un’applicazione immediata dei suoi savi consigli: il giorno dopo l’uscita di una raccomandazione di Incipit su bail in (sarebbe meglio parlare di«salvataggio interno», giusto per essere capiti da qualche milione d’italiani in più), i giornali - né solo quelli economici e finanziari - continuavano tranquillamente a sbandierare nelle prime pagine l’esoterico anglicismo bancario. Ma la task force dei cruscanti (si potrà dire, task force?)non si perderà d’animo per questo.


“Il Sole 24 Ore Domenica”, 10 marzo 2016

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