Giorgio Amendola a venti anni |
(...)
Ero preparato da tre “allenatori”, i più bravi della classe:
Pietro Grifone, Carlo Marchiani e Alessandro Lizier, che si
alternavano a turno per più ore, fino a quattro ore consecutive.
Dormivo sei ore, mangiavo poco ma sostanzioso. La preparazione
scolastica assunse il carattere di un allenamento sportivo. La
pagella di febbraio era stata disastrosa, quella finale migliore, ma
con un 4 in scienze naturali e molti 5. Compresi allora il valore
dell’esame, che difendo ancora oggi contro la generale
contestazione. Il valore dell'esame non è certamente culturale,
perché un imbottimento accelerato e massiccio di notizie imparate a
memoria sulla base di compendi e tavole riassuntive non può servire
a nulla. Il valore è essenzialmente morale, di prova di carattere e
di volontà. Una prova da superare, una selezione da affrontare; come
la vita esige fuori della scuola e in ben più severe condizioni e
con maggiori ingiustizie.
Sentivo
allora attorno a me la fiducia degli amici e la tesa diffidenza degli
altri. Per me la posta non era il pezzo di carta della licenza
liceale, ma la conquista di una stima di cui avevo bisogno per
riorganizzare la mia nuova vita (...).
da
Una scelta di vita,
Rizzoli, 1976
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