24.6.17

Alberi. Il Solitario nella nebbia sulla rocca di Pebble Beach (Tiziano Fratus)

La prima volta che vidi le coste della California venni attratto dalle geometrie nervose delle chiome dei Cipressi di Monterey, una specie che cresce spontaneamente solo lungo la Penisola di Monterey, fra Big Sur, Car-mel e le spiagge da surfisti di Santa Cruz. Colonie in Europa ne ammirai sulla costa occidentale e sabbiosa della piccola Jersey, nella Manica mentre in Italia ce ne sono in Toscana e Liguria. Sono alberi da ultimo tratto e da penitenza, per questo gli esemplari maturi assumono forme contorte e piegate dalla costante azione del vento. Mi piace la contraddizione cromatica che c’è fra la corteccia sfilacciata e grigio-chiaro e la chioma verde scuro.
Quando mi sono immerso nella lettura di un testo classico come «Conifers of California», autore il professor Lanner, autorità in materia, ho dovuto constatare che esistono dieci specie di cipresso californiano che si assomigliano: si passa dal Cupressus macrocarpa al Cupressus pigmaea (alias Cipresso di Mendocino), dal Cupressus macnabiana (Cipresso di Macnab) al Cupressus abramsiana (Cipresso di Santa Cruz) e così via.
La botanica è disciplina che mette a dura prova la certezza della propria conoscenza: quando pensi di aver capito sei soltanto all’inizio dell’insegnamento.
Dopo Big Sur avevo in mente di visitare la riserva di Punta Lobos a Carmel, la cittadina dove Clint Eastwood fu sindaco per tre anni, dall'86 all'88. In un negozio mi ritrovai fra le mani una cartolina molto bella, vi si ritraeva il Solitario di Pebble Beach, sempre a Carmel, ma più a nord; mi ricordai di aver già visto quell’albero solitario, cresciuto su una rocca, nelle foto in bianco e nero del grande Carleton Watkins, uno dei primissimi fotografi che raggiunsero in groppa a un mulo Yosemite documentando le sequoie, negli Anni 60 del secolo XIX.
Watkins era un autodidatta, aveva aperto un piccolo negozio di fotografia a San Francisco, dove viveva, e qui s’era dilettato nel creare una macchina fotografica di dimensioni giganti con cui andava in giro a far suoi pezzi di realtà. Anche il cipresso di Pebble Beach.
Carmel by the Sea è deliziosa, è un museo a cielo aperto dove architettura e natura si sono sposate magnificamente: casette in legno, giardini curati, specie rare, magnifici cipressi contorti. All’incrocio fra Ocean e San Antonio Avenue c'è uno spettacolare eucalipto, il tronco in torsione antioraria. Si sale e s’imbocca Carmel Way, s’arriva all'ingresso della riserva naturale di Pebble Beach: 9 dollari e 75 cent per l’accesso. In sostanza Pebble Beach è una vasta residenza di lusso per signori attempati e giocatori di golf, un circolone esclusivo dove ci si dimentica di vivere in quella che eufemisticamente noi europei chiamiamo «la più grande democrazia del mondo».
Il turista segue il percorso della 17-Mile Drive, una strada che tocca i punti naturalistici più suggestivi. I generi arborei dominanti sono quattro: pino, cipresso, quercia e eucalipto. Il campo da golf nasce e rinasce, occupa interi pianori e poi scompare, ma mi chiedo anche se abbia un senso farlo qui dove il vento soffia deciso e costante. A Restless Sea (che significa letteralmente «Mare agitato») il mare è lacrimoso, melmoso, rocce scure tinte d’inchiostro, vi abitano cormorani di Brandt e gabbiani occidentali, vibra una luce da Bretagna e Nord Europa. Guardando indietro, all’interno, oltre gli edifici, s’intravede una corona verde e boschiva, una cinta di 20 e più metri di conifere, pini e cipressi.
A Bird Rock ci sono i leoni marini, che in verità non vedo ma sento, il loro richiamo ingolfato - «Hjo-hjo-hjo» - è un sottofondo insistente. La strada che porta al Solitario transita a Crocker Grove, dove si contano tre posti auto: la cartina che mi è stata consegnata all’ingresso della riserva dice che vi abitano i più grandi e annosi Cipressi di Monterey, è questo il punto zero della specie, il luogo da cui è iniziata la colonizzazione.
Mr. Crocker fu l’ideatore della 17-Mile Drive. Gli alberi che mi vedo davanti non sono granché, i più belli e aggrovigliati li ho visti salendo e si trovavano in proprietà private e nel tentacolare campo da golf. Proseguo e arrivo al parcheggio del Solitario, lo si riconosce per la quantità di visitatori che si fermano alla balaustra e scattano foto. Oggi è giorno di nebbia, e devo ammettere che arrivare al mare, in California, e vedersi circondati dalla nebbia stupisce. In Italia non è una condizione contempiabile. La nebbia sarà sempre più frequente salendo a Nord, avvicinandosi al confine con l’Oregon, ma è proprio grazie alla nebbia che esistono le ampie foreste di sequoia costale (Sequoia sempervirens), ecosistemi che necessitano di questo clima umido e al contempo ventoso.
Il «Lone Cypress» (appunto, il Solitario) se ne sta sospeso sulla cima della sua rocca a uso personale, inaccessibile - e per fortuna. Sembra più lontano di quel che è. Dalla strada si dilunga una scalinata in legno, che scivola sulla scogliera, con palizzate che contengono l’esuberanza del turista. A guardarlo, il Solitario sembra un bonsai di proporzioni maggiorate, monumentali, si respira aria Zen in questo spicchio di luce sulla costa di Carmel. Ovvio pensarlo, direi pure scontato. Ma vero. L’albero alla base si divarica in due branche principali, sale a V e ha chioma ridotta. D’altro canto è qui da 250/300 anni.
L’umanità che raggiunge questo punto d’osservazione e si fotografa è variegata e interessante: coppie di ragazzi, famiglie con figli annoiati, fotografi accaniti, pensionati in marcia, facce serie, facce gioiose, facce allegre, facce sbacalite... un campionario che si amplificherà alla base di molti giganti.


“La Stampa, 21 agosto 2013

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