24.6.17

I “Ragionamenti” di Pietro Aretino. Spose suore puttane (Guido Almansi)

L'edizione economica dei Ragionamenti di Pietro Aretino (con premessa di Roberto Roversi, Savelli, pagg. 256, lire 3.000) porta finalmente questo sconcio capolavoro alla portata di tutte le borse (le due magnifiche edizioni precedenti, quella Laterza a cura Giovanni Aquilecchia e quella. Einaudi curata da Guido Davico Bonino, erano più care). Il libro funziona per due tipi di lettori: o il lettore lubrico che cerca gli oltraggi contro le convenzioni morali, o il lettore poetico che cerca gli oltraggi contro le convenzioni linguistiche e stilistiche. Ma si potrà pensare a un lettore ideale, che combini questi due interessi, solo apparentemente divergenti.
La violenza aretinesca esplode sia al livello del contenuto sia al livello della forma; e alla estenuante attività fornicatoria dei suoi personaggi corrisponde una frenetica attività linguistica dello scrittore. Guardate che stupenda orgia sonora: «A la fine le suore dei letto, e i giovincelli, e il generale, s’accordarono di fare ad una voce, come s’accordano i cantori, o vero i fabbri martellando, e così, attento ognuno al compiere, si udiva un ahi, ahi. un abbracciami, un voltamiti, la lingua dolce, dammela, totela, spinge forte, aspetta ch’io faccio, òimé fa, stringemi, aitami: e chi con sommessa voce, e chi con alta smiagolando, pareano quelli da la, sol, fa, mi, rene, e faceano un stralunare d’occhi, un alitare, un menare, un dibattere, che le banche, le casse, la lettiera, gli scanni, e le scodelle se ne risentivano, come le case per i terremoti ».
La metafora musicale non viene subito dichiarata, ma accompagna sornionamente il testo. Nei suoi momenti più felici, che spesso corrispondono all’articolazione verbale di un piacere fisico, Aretino giunge a grandi finezze edonistico-linguistiche: «Questi son guai... più dolci che non è un poco di rognuzza a chi la sera intorno al fuoco, mandato giù le calze, viene in succhio, per il piacere di grattarsi ».
Ma Aretino non è solo un pragmatico dell’edonismo, bensì un teorico, fortemente impegnato a un livello tecnico. Gli insegnamenti della Nanna alla Pippa sull’arte di essere puttane comprendono pagine da manuale (sullo smaneggiamento, sulla finzione della verginità, ecc.) secondo il modello di celebri testi rinascimentali come Il Cortegiano e il Galateo (il parallelismo è di Ettore Bonora). Se si riaprissero le case chiuse, come oggi qualcuno vorrebbe, i libri di testo per un corso di addestramento professionale potrebbero essere ancora L’Arte di Amare di Ovidio e I Ragionamenti (cioè Le Sei Giornate, per dar loro il titolo filologicamente corretto) piuttosto che il prontuario americano sull’argomento, The Happy Hooker (cioè La Battona Felice). Ci sono dei passi nei Ragionamenti che sono mirabili di precisione tecnica e di penetrazione psicologica, e forse utilissimi per l’aspirante prostituta. Il tono falsamente solenne delle massime a sfondo lubrico sono giocosamente ironiche ma sono anche assolutamente convincenti (veritiere?): «Perché le chiappettine son di calamita, tirano a sé la mano... ». Chi potrebbe contraddirlo?
Pure, una volta detto tutto questo, bisogna confessare che Aretino è scrittore noioso. Superata la sorpresa e lo shock delle prime pagine, il testo finisce per deludere. Il rapido fluire delle immagini e delle similitudini, la vivacità della scrittura, l'irrisione di ogni forma di classica moderazione, lo spigliato anticonformismo dell’uomo di mondo e del letterato, hanno ormai poca presa su di noi. La riluttanza a cedere alle lusinghe dell’Aretino non dipende dalla sua oscenità, o dall'assenza di senso morale, come valeva la critica ottocentesca; o dalla eccessiva e ostentata disinvoltura dello scrittore verso la sua materia turpe. In ultima istanza non ci delude la carenza di coscienza etica, ma la carenza di temperamento artistico. Perché Aretino manca di alcune qualità primarie dell’artista: l’uso dei silenzi, delle pause, delle intermittenze; il controllo dei ritmi alterni di alta e bassa pressione; la insinuosa preparazione, in sordina, del clamoroso colpo di scena.
Aretino spende subito tutto quello che ha; il suo esibizionismo stilistico potrebbe anche nascondere insicurezza e incertezza, visto che lo scrittore non osa mai rallentare il flusso della sua esuberanza nemmeno per poche righe. Aretino vuole sempre sconvolgere il lettore, ad ogni istante; e per ovvia conseguenza il lettore diventa immune dalla sua irruenza. L’oscenità strarompente dei contenuto e la stravaganza della lingua diventano ordinaria amministrazione: quindi normali, senza sorprese. Se il lettore sa di potersi aspettare eccitamento e goduria a ogni seconda riga, si annoierà presto del gioco. Il piacere di essere stuzzicato è connesso all’incertezza del comportamento dello stuzzicatore: ma essere stuzzicato a intervalli regolari è esperienza spiacevole.
Il canto di gioia della carne nella prosa di Aretino tende verso la pienezza vitale di Rabelais: ma è un Rabelais caricato all’eccesso, fino al punto di rottura. Forse i passi più intensi dei Ragionamenti corrispondono alle pieghe d’angoscia che si nascondono nella felice fluenza della scrittura. «Il sesso in queste pagine è un sesso senza tormento» dice Roberto Roversi nella sua discutibilissima premessa al volume: ma è vero il contrario. Aretino si finge ebbro (di parole, se non di vino) per poter dire delle cose terribili: e i minuti dettagli sono qui rivelatori. Durante un bacio conventuale la suora vuole «bere i labbri, e mangiare la lingua del confessore, tenendo fuori tutta via la sua, che non era punto differente da quella d’una vacca». Dietro la goliardica descrizione di una penetrazione sodomitica troviamo una delle evocazioni più lugubri di questa pratica sessuale nella letteratura europea. Le avventure quasi autonome degli organi sessuali, trattati come se fossero indipendenti dal resto del corpo, sono scherzi di un’epica pornografica, ma anche esorcismi contro la prepotente invadenza di questi gioielli indiscreti.
Aretino afferma, e Roversi ripete, che secondo il libro «le puttane non son donne ma son puttane». Ma il senso ultimo è che tutto è uguale e indifferente. Spose, suore e puttane, le tre categorie femminili dell’Aretino, si comportano allo stesso modo, livellate al minimo comune denominatore della loro fisiologia sessuale. I Ragionamenti fingono brillantemente la letizia della carne, ma esprimono cinismo ed angoscia. Il sesso è qui «senza tormento» solo per un lettore che prenda tutto alla lettera.
La premessa di Roberto Roversi è, come abbiamo detto, molto discutibile, ma ha una frase degna di attenzione per il suo rampante parrocchialismo: quando il prefatore sparla dell’aria morandiana (sic!) della scrittura dell’Aretino. « Oh Bolognesi, uomini diversi... ».

“la Repubblica”, ritaglio senza data, ma 1979

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