"I pugni in tasca" (Marco Bellocchio) - Paola Pitagora e Lou Castel |
Sembra un racconto alla
John Fante, o in stile Moehringer, ma siamo a Roma, sono i primi anni
Sessanta, quando i sogni si confondevano con la realtà e Paola
Pitagora stava per entrare nel mondo fatato di Fellini: "Tutto è
nato da un distributore di benzina, Renato (Mambor) lavorava lì, la
sua arte non bastava per vivere, quindi bene arrangiarsi. Un giorno
si ferma un'auto, un'auto importante, dentro c' erano Federico
Fellini e il suo aiuto-regista, Guidarino Guidi. Guardano Renato e
restano folgorati: era alto quasi due metri, bellissimo, grande
personalità, spiccava nella sua tuta azzurra. Viene ingaggiato per
la Dolce vita, e mi porta con sé. Ci amavamo e
condividevamo".
Paola Pitagora racconta
quegli anni improvvisi, "vissuti quasi con incoscienza", in
un libro bello, vero, di atmosfera (Fiato d' artista. Dieci anni a
Piazza del Popolo, ripubblicato di recente da Sellerio),
costruito tra i vicoli della Capitale, la solidarietà, le
discussioni, il maschilismo, la politica e le aspettative di un
gruppo di artisti (da Kounellis a Pino Pascali, fino a Schifano oltre
allo stesso Mambor) ancora lontano dall'incidere il proprio nome e
cognome negli annali dell'arte.
Era il tempo delle
mezze porzioni al ristorante
Sì, ma le chiedevamo
abbondanti. Oppure puntavamo sulle minestre, magari intere, costavano
meno e davano sollievo allo stomaco.
Non c' era una lira
Zero. E vivevamo al
centro di Roma, tutti gli studi degli artisti erano intorno a piazza
del Popolo, giravamo sempre per quel triangolo, la nostra vita
racchiusa in un fazzoletto. Una meraviglia non ce ne rendevamo conto.
Di cosa, in
particolare?
Di quanto fosse bella
quella Roma. Unica. Stimolante.
Era anche l' epoca di
via Veneto.
Lontanissima da noi:
eravamo dei poveracci, non ci andavamo, era per cinematografari, vip,
turisti statunitensi, altri prezzi, altre liturgie, altra
generazione.
Vietata a voi
Il punto è un altro: non
ci veniva proprio in mente. Con Renato abbiamo sfiorato
quell'atmosfera solo con la comparsata nella Dolce vita. Ah,
Anita Ekberg era strepitosa.
Bella come poche.
Circondata da una serie
infinita di innamorati, da Walter Chiari a scendere, tutti appresso a
lei, a contendersela, mentre aveva già scelto il preferito: Gianni
Agnelli. O almeno così si diceva
Insomma, tutto nasce
per un rifornimento di benzina
Professionalmente devo
molto a quel caso. L'unica domanda che l'assistente di Federico fece
a Renato, fu: 'Sai ballare?'. Sì. 'Bene'. Poi prese il suo telefono
e se ne andò.
E dopo?
Renato ottiene un
appuntamento e si porta dietro la ragazza, cioè io. L' ingaggio era
di ben 15 mila lire, una cifra pazzesca, noi inebriati di ricchezza,
e per lavorare appena una settimana e di sera.
I suoi genitori erano
d'accordo con le aspettative d'attrice?
Mia madre no, era l'epoca
del 'cosa ti laurei a fare, tanto ti devi sposare'. Volevano mi
iscrivessi a un corso da segretaria d'azienda e a 19, 20 anni avrei
avuto un impiego fisso.
Lei non ci pensava
minimamente.
Ci ho provato, poi la
malinconia mi ha assalito, mi sono iscritta a una scuola di
recitazione part-time, dove ho incontrato Mambor. Però non intendevo
intraprendere questo mestiere, volevo solo uscire da un bozzolo.
Poi ha frequentato la
celebre scuola di Alessandro Fersen
La svolta. Venni
selezionata insieme ad altre nove persone, cinque femmine,
altrettanti maschi, un contratto di sette anni con 50 mila lire al
mese garantito dal produttore Franco Cristaldi, in cerca di talenti
da crescere. Poter lavorare senza l'assillo della fame. E poi allora
c'erano set ovunque, Fersen ci diceva: 'Dovete difendervi dal lavoro,
dovete fare scelte giuste'. Capisce? 'Difenderci dal lavoro', una
frase che oggi fa sorridere.
Com'era da
studentessa-attrice?
Impacciata. Una volta il
maestro mi prese a schiaffi: 'Datti una mossa, svegliati!'. Inoltre
arrossivo sempre e per le situazioni più imprevedibili, specialmente
per gli sguardi maschili.
Nel libro racconta i
provini di allora
Maschilismo puro, le
attrici erano catalogate per le doti fisiche, la prima frase era
'signorina faccia vedere le gambe', e non parliamo solo del regista,
le richieste arrivavano pure dalle maestranze o dagli aiuti. Anzi, il
test partiva da loro.
E lei?
Mi presentavo con una
fotografia in costume da bagno, ma non bastava, spesso scappavo.
Insomma, allora
funzionava così
Perché, oggi no?
Ce lo dica lei
(La risposta è chiusa in
un suo sorriso)
Comunque, questo
atteggiamento era costante
Non sempre, come nel caso
della Rai, un altro livello. Una volta mi sono trovata in un provino
con Pintus, Barbato e Zavoli, carinissimi a scrivermi i testi che poi
imparavo a memoria. E poi il teatro: un' altra storia, migliore.
Mambor come si
rapportava ai suoi primi successi?
Insomma, la donna di
talento è sempre difficile da sopportare, e anche Renato accusava
qualche colpo. Temeva di non sapermi gestire. Però finita la nostra
storia, siamo rimasti amici, fino alla fine.
Era infastidito dagli
uomini che le giravano attorno?
Di solito no, solo quando
gli rivelavo che mi piaceva qualcuno, allora scattava il problema.
Vi tradivate?
Qualcosa, ma negli ultimi
tempi del rapporto. Avevamo l'obbligo della sincerità, ci
raccontavamo
ogni cosa, le mie e le
sue, in qualche modo ci scaricavamo la coscienza.
Lei era gelosa?
In un' occasione gli ho
buttato il materasso giù dalle scale.
Gli altri artisti del
gruppo cosa dicevano di lei?
Da tutti ero considerata
solo la fidanzata di Renato, un' attricetta, Pino Pascali era l'unico
che mi parlava da pari a pari, l'unico che mi guardava negli occhi.
(…)
Dopo piccoli ruoli,
quello da protagonista è arrivato con I pugni in tasca di Bellocchio
Leggo il copione e mi
prende un colpo: a un certo punto il protagonista, Lou Castel,
uccideva la mamma spingendola in un burrone. Guardo Renato e gli
dico: 'Non ce la faccio, sembra un film dell'orrore!'. E lui: 'Vai, è
da protagonista'.
E invece?
Sul set capisco la forza
di Bellocchio, nascosta dietro la sua timidezza. Una scena non veniva
mai girata più di tre volte, nonostante la giovane età sapeva
quello che voleva.
Ci furono problemi
successivi
Soprattutto per la
distribuzione. Dino De Laurentiis non lo voleva, al grido: 'La mamma
non si uccide!'.
La vera fama arrivò
con il ruolo di Lucia ne I Promessi sposi
Neanche intendevo
presentarmi al provino, mi sembrava troppo lontana da me. Io che
faccio il voto di verginità? Ma vogliamo scherzare!
(…)
Lei era considerata
un' intellettuale
No, sbagliato: la
definizione giusta era 'un' intellettuale del cazzo', etichetta
affibbiata dopo il film di Bellocchio.
Nel libro scrive: 'Gli
attori si sa, non hanno etica'.
Frase un po' ironica, ma
quando uno vede in uno spot Antonio Banderas che parla con una
gallina, non pensa che lo fa per amore dell'arte. Poi sulle attici
c'è una pendenza in più.
Quale?
Le domande 'a chi l' hai
data?' e 'quante volte l' hai data?'.
Le è stata rivolta in
molte situazioni?
Una persona se la vede
tra sé e sé, e non si deve mai dire 'io non l' ho data a nessuno' o
'io l' ho data a'.
Quanto fa parte del
suo ambiente questa storia di 'darla'?
Si narra che il primo
cinema hollywoodiano fosse interpretato da sole fidanzate di
produttori.
L'imprinting
Poi è proseguito:
durante i miei anni, le star si chiamavano Cardinale e Loren, donne
di talento ma con un signore importante dietro a seguirle.
La Cardinale a un
certo punto si è ribellata
Solo quando era già una
star internazionale.
Questo atteggiamento
maschilista si è mitigato con gli anni Settanta?
Solo in peggio. Tra una
canna e un bicchiere di vino ti dicevano: 'Che nun ce vieni con me?'
No. 'Allora sei una borghese'. Tutto era borghese, tutto quello che
non funzionava per loro, sparavano una serie infinita di
stupidaggini.
Lei era attaccata per
la storia con Morandi
Un massacro. Venivo
dipinta come la ruba mariti o la sciupafamiglie, io ero 'l' altra',
la perfida, e questa storia è durata anni e anni, una sorta di
stalking, fino a quando un mio amico avvocato mi ha spinto alla
querela, e ho vinto.
Non era vero
No, sono arrivata quando
Morandi e la moglie si erano già lasciati, e non a causa mia. Però
l'obiettivo era far esaltare la purezza del cantante rispetto a me.
La sua carriera
danneggiata?
Sì, e non poco. Non
solo: la storia coincise con un altro problema, questa volta
politico.
Cosa era successo?
Siamo nel settembre del
1973, uccidono Allende, al palazzo dello Sport di Roma organizzano
una grande manifestazione in difesa del Cile. Sono coinvolta. Presa
della foga mi affaccio sul palco e alzo il pugno chiuso. Pochi giorni
dopo esce un articolo su Panorama con il titolo 'Paola la rossa'.
E quindi?
Ero sotto contratto con
la Rca, filo-Vaticano, mi dimezzarono subito il cachet.
(…)
Sarà stata
controllata dai servizi segreti
Non lo so, ma alcune
situazioni strane riguardano quel periodo. Una volta, in un albergo,
ho incontrato una persona che sapeva tutto di me, cose non pubbliche.
L'attore più
coinvolto politicamente era Volonté
Una volta, a una
manifestazione sindacale, arrivò con un cartello sul quale era
scritto 'Abbasso lo zoom'.
Cosa voleva dire?
Mai saputo.
Mai
E me lo sono domandato
tante volte. Ma lui era così, quando parlava pendevamo dalle sue
labbra, un carisma imparagonabile, lo chiamavamo 'Lotto continuo',
protestava pure perché lo pagavano troppo. Un attore strepitoso, un
mostro, a livello interiore tirava fuori cose incredibili.
A casa sua si parlava
di politica?
Certo. Delle risse
violente, uscivo con le orecchie rosse per le urla. Ma in quegli anni
tutta l' Italia discuteva di Pci, Dc, compromesso storico, divorzio.
Anni recenti: lei ha
ottenuto una nuova popolarità con Incantesimo
E soprattutto sono
riuscita a pagare il mutuo, per noi attori non capita spesso di avere
una continuità lavorativa così lunga: ben nove anni di fiction.
Ha l'ansia da palco?
Sempre, una strizza vera,
vissuta con i miei piccoli riti, come raccogliere i chiodi in quinta.
Meglio se arrugginiti.
Lei è stata in
tournée con Gassman
Eravamo in tre, con noi
anche Fred Bongusto. Che fatica!
Per Bongusto
No, mi riferisco a
Vittorio. In quel periodo voleva rompere, puntava sul teatro
d'avanguardia: a Caracas, in occasione della prima, si presentò in
platea con un'enorme insalatiera di pasta da offrire.
Reazione?
Le critiche ci hanno
ammazzato, lo spettacolo era il caos, un ibrido pazzesco.
Osava dirlo a Gassman?
Sì, infatti siamo finiti
a birrate addosso. Solo dopo anni ci siamo riconciliati.
Il suo domani?
Difficile dirlo, non ci
sono parti per le attrici della mia età. Non c' è nulla. È
veramente un altro mondo.
“il Fatto Quotidiano”,
18 giugno 2017