Attento
alla luce del tempo e a quanto spesso permette
alle
ombre del mattino dì allungarsi sul prato,
alle
egrette impettite di scuotere i becchi e inghiottire
quando
tu, non loro, o tu e loro, sarete spariti;
ai
pappagalli vociferi di lanciare la loro flotta all’alba,
all’aprile
d’incendiare la violetta africana
nel
mondo martellante che t’inumidisce gli occhi stanchi
dietro
due lenti appannate, l’aurora, il tramonto,
le
calme devastazioni del diabete.
Accetta
tutto con frasi pacate,
con
l’assegnazione scolpita che dispone ogni strofa,
impara
come il prato assolato non innalza difese
contro
le domande pungenti delle egrette e la risposta della notte.
Traduzione
di Matteo Campagnoli - “La Stampa – Tuttolibri”, 2 aprile 2012
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