Questa lettera non ha
data, ma è del marzo 1937 ed è scritta a un amico studente, Jean
Posternak. È apparsa in lingua originale sul numero 2 del 1953 di
"Nuovi argomenti” ed è stata tradotta qualche decennio dopo
da Saverio Esposito per “Linea d'ombra”, donde l'ho ripresa.
(S.L.L.)
Milano
Caro amico,
eccomi a Milano, anche se
— cosa insolita — non ho ancora dimenticato coloro che languono
in mezzo alle nebbie del Nord. (Le raccomando in proposito di
prendere le poesie di Goethe, che troverà alla Moubra, e di leggere
tra le elegie romane quella che inizia (tenendo conto di possibili
errori di grammatica) “o wie war’ich in Rom so froh! ” e nella
quale si parla di un “Mone! heller wie nordischer Tag”).
Non ho dimenticato, in
particolare, che lei ha visto domenica il suo amico musicista e gli
ha posto— se ha fatto quel che doveva — varie strane domande. Su
questo argomento ha promesso di scrivermi. Lo faccia fermo posta a
Firenze, sarà più sicuro. E insieme scriva tutto ciò che le verrà
in mente sull’Italia, compreso Milano, perché al ritorno mi ci
fermerò senz’altro. E compreso anche il Veneto, perché non so se,
risalendo, resisterò alla tentazione di prendere un andata-ritorno
Milano-Venezia.
Arrivando a Pallanza ho
fatto 13 o 14 km, lungo il lago (verso la Svizzera) e poiché mi
sembrava troppo farnee altrettanti al ritorno sono salita su un carro
che trasportava sacchi di farina. La conversazione con il conduttore,
un ragazzo simpatico, è stata strettamente limitata dalla mia
ignoranza della lingua, ma mi ha fatto capire chiaramente che costui
la pensa in modo diverso dall’amico al quale lei mi ha
raccomandata. È stato il mio primo contatto col popolo italiano...
Arrivando in battello da Pallanza a Stresa (alle 20.30) sono stata
invitata da una insegnante che lavora a Pallanza — e che si era
impietosita della mia condizione di viaggiatrice solitaria... — a
passar la notte da lei in un villaggio a 200 metri di altezza, sulla
montagna che sovrasta Stresa; e lì mi ha fatto un’ardente
propaganda del fascismo. E ho potuto vedere come vivono, alloggiano,
mangiano, pensano gli abitanti di un piccolo paese, poveri, ma un po’
meno dei contadini. Questo è stato il secondo contatto, sia detto
senza prevenzioni, molto meno simpatico. Il lago Maggiore è molto
bello, ma è solo adesso che mi sento in Italia.
Sono arrivata a Milano
contemporaneamente al Re Imperatore, venuto a chiudere la fiera.
Tutto strapieno. Milano è una città popolosa come piacciono a me, e
sento che tra qualche giorno mi ci troverò come se ci fossi nata. La
gente di qui è davvero simpatica. Le scrivo da un delizioso piccolo
caffé di piazza Beccaria; poco fa il cameriere guardava cosa
scrivevo da sopra le mie spalle e quando ho alzato la testa ha riso
in modo affascinante. Stasera alla Scala danno l’Aida di
Verdi e cercherò di trovare un posto in piedi (altri non ce ne
sono). Il mio carissimo amico Stendhal intercederà, credo, per me.
Ho dimenticato di
chiederle se a sua conoscenza esiste, in italiano o in un’altra
lingua, un libro davvero ben fatto sull’arte italiana (e sulla
musica italiana?).
Spero che Platone sia
arrivato, che lei stia leggendo il Fedro tra due ascolti dell’Andante
del 4° Brandeburghese, e che si trovi dunque in piena estasi.
Non dimentichi, se ha
suggerimenti da darmi, di parlarmi non solo delle opere d’arte, ma
dei quartieri, dei ristoranti, degli spettacoli di livello alto o
basso, ma caratteristici... sa che tutto m’interessa.
Pallanza, Stresa, ecc.
sono piene di scritte murali con frasi di Mussolini, che riguardano
più o meno tutte l’Abissinia. A Milano, no.
Qui respiro meglio.
Speriamo che Firenze sia intatta...
χαῖρε
S. Weil
P.S. - χαῖρε è il
termine di cui si servivano i Greci per dire addio, e vuol dire: sii
felice.
P.P.S. - Quando a Montana
giungerà la primavera le raccomando, come lettura primaverile,
l’inizio del De Natura Rerum di Lucrezio:
Aeneadum genitrix,
hominum divumque voluptas,
alma Venus, subter
coeli labentia signa
quae mare navigarum,
quae terras frugiferentis
concelebras, per te
quoniam genus omne animantium
concipitur, visitque
exortum lumina solis;
te, dea, te fugiunt
venti, te nubila coeli
adventumque tuum; tibi
suavis daedala terra
summitit flores, tibi
rident aequora ponti,
placatumque nitet
diffuso lumine caelum
penso che basti per darle
voglia di continuare...
In "Linea d'ombra" n.51, luglio-agosto 1990
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