14.8.17

Lettera da Milano (Simone Weil)

Questa lettera non ha data, ma è del marzo 1937 ed è scritta a un amico studente, Jean Posternak. È apparsa in lingua originale sul numero 2 del 1953 di "Nuovi argomenti” ed è stata tradotta qualche decennio dopo da Saverio Esposito per “Linea d'ombra”, donde l'ho ripresa. (S.L.L.)
Milano
Caro amico,
eccomi a Milano, anche se — cosa insolita — non ho ancora dimenticato coloro che languono in mezzo alle nebbie del Nord. (Le raccomando in proposito di prendere le poesie di Goethe, che troverà alla Moubra, e di leggere tra le elegie romane quella che inizia (tenendo conto di possibili errori di grammatica) “o wie war’ich in Rom so froh! ” e nella quale si parla di un “Mone! heller wie nordischer Tag”).
Non ho dimenticato, in particolare, che lei ha visto domenica il suo amico musicista e gli ha posto— se ha fatto quel che doveva — varie strane domande. Su questo argomento ha promesso di scrivermi. Lo faccia fermo posta a Firenze, sarà più sicuro. E insieme scriva tutto ciò che le verrà in mente sull’Italia, compreso Milano, perché al ritorno mi ci fermerò senz’altro. E compreso anche il Veneto, perché non so se, risalendo, resisterò alla tentazione di prendere un andata-ritorno Milano-Venezia.
Arrivando a Pallanza ho fatto 13 o 14 km, lungo il lago (verso la Svizzera) e poiché mi sembrava troppo farnee altrettanti al ritorno sono salita su un carro che trasportava sacchi di farina. La conversazione con il conduttore, un ragazzo simpatico, è stata strettamente limitata dalla mia ignoranza della lingua, ma mi ha fatto capire chiaramente che costui la pensa in modo diverso dall’amico al quale lei mi ha raccomandata. È stato il mio primo contatto col popolo italiano... Arrivando in battello da Pallanza a Stresa (alle 20.30) sono stata invitata da una insegnante che lavora a Pallanza — e che si era impietosita della mia condizione di viaggiatrice solitaria... — a passar la notte da lei in un villaggio a 200 metri di altezza, sulla montagna che sovrasta Stresa; e lì mi ha fatto un’ardente propaganda del fascismo. E ho potuto vedere come vivono, alloggiano, mangiano, pensano gli abitanti di un piccolo paese, poveri, ma un po’ meno dei contadini. Questo è stato il secondo contatto, sia detto senza prevenzioni, molto meno simpatico. Il lago Maggiore è molto bello, ma è solo adesso che mi sento in Italia.
Sono arrivata a Milano contemporaneamente al Re Imperatore, venuto a chiudere la fiera. Tutto strapieno. Milano è una città popolosa come piacciono a me, e sento che tra qualche giorno mi ci troverò come se ci fossi nata. La gente di qui è davvero simpatica. Le scrivo da un delizioso piccolo caffé di piazza Beccaria; poco fa il cameriere guardava cosa scrivevo da sopra le mie spalle e quando ho alzato la testa ha riso in modo affascinante. Stasera alla Scala danno l’Aida di Verdi e cercherò di trovare un posto in piedi (altri non ce ne sono). Il mio carissimo amico Stendhal intercederà, credo, per me.
Ho dimenticato di chiederle se a sua conoscenza esiste, in italiano o in un’altra lingua, un libro davvero ben fatto sull’arte italiana (e sulla musica italiana?).
Spero che Platone sia arrivato, che lei stia leggendo il Fedro tra due ascolti dell’Andante del 4° Brandeburghese, e che si trovi dunque in piena estasi.
Non dimentichi, se ha suggerimenti da darmi, di parlarmi non solo delle opere d’arte, ma dei quartieri, dei ristoranti, degli spettacoli di livello alto o basso, ma caratteristici... sa che tutto m’interessa.
Pallanza, Stresa, ecc. sono piene di scritte murali con frasi di Mussolini, che riguardano più o meno tutte l’Abissinia. A Milano, no.
Qui respiro meglio. Speriamo che Firenze sia intatta...
χαῖρε
S. Weil

P.S. - χαῖρε è il termine di cui si servivano i Greci per dire addio, e vuol dire: sii felice.

P.P.S. - Quando a Montana giungerà la primavera le raccomando, come lettura primaverile, l’inizio del De Natura Rerum di Lucrezio:
Aeneadum genitrix, hominum divumque voluptas,
alma Venus, subter coeli labentia signa
quae mare navigarum, quae terras frugiferentis
concelebras, per te quoniam genus omne animantium
concipitur, visitque exortum lumina solis;
te, dea, te fugiunt venti, te nubila coeli
adventumque tuum; tibi suavis daedala terra
summitit flores, tibi rident aequora ponti,
placatumque nitet diffuso lumine caelum


penso che basti per darle voglia di continuare...

In "Linea d'ombra" n.51, luglio-agosto 1990

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