22.8.17

Trockij oratore (Anatolij Lunacarskij)



















Trockij era dotato soprattutto come oratore e scrittore. A mio parere è il più grande oratore della nostra epoca. Nel corso della mia vita ho sentito parlare tutti i più grandi parlamentari ed i più popolari tribuni socialisti, nonché moltissimi oratori famosi nel mondo borghese, ma mi sarebbe difficile nominarne uno che possa stargli alla pari, salvo Jaurès (sentii Bebel soltanto quando era già vecchio).
L'aspetto solenne, i gesti ampi e armoniosi, il ritmo potente dell’eloquio, la voce forte ma non affaticante, la notevole coerenza e la perfezione letteraria delle frasi, la ricchezza delle immagini, l’ironia bruciante, il pathos vibrante, la logica rigorosa e limpida come acciaio: ecco le qualità di Trockij oratore. Trockij sa lasciar cadere frasi lapidarie, o scoccare frecciate straordinariamente centrate, e sa tenere magnifici discorsi politici di tipo classico, come ne ho sentiti pronunciare solo da Jaurès. Ho visto Trockij parlare per due ore e mezza o tre ad un pubblico che lo ascoltava ammutolito e immobile, come affascinato dalla sua monumentale dissertazione politica. Conoscevo la maggior parte delle cose che Trockij aveva da dire: naturalmente ogni oratore politico è costretto a ripetere senza stancarsi gli stessi concetti di fronte a folle sempre nuove; eppure Trockij riusciva a dare una forma sempre diversa ai suoi concetti. Non so se quando divenne ministro della Guerra della nostra grande Repubblica durante la rivoluzione e la guerra civile abbia potuto tenere molti discorsi: è molto più probabile che il suo lavoro organizzativo ed i viaggi senza sosta da un capo all’altro del vasto fronte gli lasciassero poco tempo per l’oratoria, ma anche allora Trockij era soprattutto un grande agitatore politico. I suoi articoli ed i suoi libri sono, per così dire, linguaggio gelato: Trockij era letterato nell’oratoria e oratore in letteratura. È naturale quindi che fosse un pubblicista eminente: ma spesso negli scritti l’incanto della sua eloquenza in un certo senso si perdeva.


In Profili di rivoluzionari, De Donato, 1968

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