12.10.17

Il fine umorismo di Radio Pernacchia. Intervista a Renzo Arbore per i 10 anni di “Alto Gradimento” (Franco Recanatesi)

Gianni Boncompagni ed Enzo Arbore, al tempo di "Alto Gradimento" (1970-1980)
GOLIARDATE, pernacchie , ammiccamenti, parolacce. Il 14 luglio di dieci anni fa il pubblico della radio balzò sulla sedia ascoltando la prima puntata di Alto Gradimento. Cose mai sentite. Arbore, ma come le venne in mente? E dove prendeste il coraggio, lei e la sua banda, per stravolgere le regole un po’ bigotte della radio di allora?
«L’idea di fare una trasmissione del genere ha i suoi due bravi genitori: la noia e il gusto della sfida. Cominciamo dalla noia. Io conducevo una fascia pomeridiana che si chiamava Per voi giovani, chiacchiere, canzoni e altro sulla realtà giovanile. Realtà giovanile che in quegli anni, come lei sa, divenne calda, perché nel 68, pare, successe qualcosina... Insomma, divennero tempo curiosi, e anche Per voi giovani divenne pieno di problemi, problematiche, orientamenti professionali, discussioni, diciamo impegno per usare la parolaccia. Io non ho nulla contro i temi importanti, anzi leggo ogni giorno «Repubblica» assieme ad altri due o tre giornali. Però non è questa la mia vena, io sono un uomo di spettacolo, voglio divertire divertendomi. Il mio pane era «Bandiera gialla» che facevo nel 65, un gran casino con la musica del Piper, i Beatles e i Rolling Stones».

E allora decise...
«No, no, aspetti. Contemporaneamente cominciava ad annoiarsi anche Gianni Boncompagni che pilotava con Moccagatta «Chiamate Roma 3131». Insomma, lui aveva a che fare con le lacrime di alcune massaie, io con la nuova identità dei giovani. Tutto troppo maledettamente serio. Ne parlammo e alla fine decidemmo di inventare una trasmissione rigorosamente di evasione. Così cominciammo, la mattina del celebre 14 luglio, senza sapere esattamente che cosa fare se non il contrario di un programma tradizionale di varietà, con un copione vidimato dal funzionario di turno e recitato da attori veri. Un’altra regola: «Alto Gradimento» doveva essere in diretta, o perlomeno registrato come se fosse in diretta, affidato all’ im prò v visazione, all’ e-stro del momento. Inventammo l’uso della cuffia per: ché quei rumori assordanti ci galvanizzavano, cominciami mo a vomitare quello che ci passava per la testa, un sacco di puttanate, ma abbastanza sniritose, salaci. Mordevano».

E il padre dell’idea, la sfida? Che genere di sfida?
«Boncompagni faceva un po’ da spalla a Moccagatta, io stavo per essere cacciato via da Per voi giovani perché alcuni ragazzotti che usavo per le interviste mi avevano preso la mano e alcuni politici non gradiscono. Non attraversavamo un buon momento: mamma Rai non aveva verso di noi un occhio particolarmente affettuoso e di nostro eravamo parecchio frustrati. Ma come, ci si divertiva un mondo di notte e poi di giorno ci si annoiava».

Perché, di notte, cosa facevate?
«Oddio, facevamo gli spiritosoni, facevamo scherzacci notturni. Molti personaggi di Alto Gradimento sono nati da scherzacci notturni. Mi ricordo «Svegliati e vinci», uno spasso, mi creda».

Che cos’era?
«Un finto programma di quiz notturni che facevo da casa di Fabrizio Zampa. Ma condotto ad arte, con tanto di dischi, campanelli e applausi registrati. Svegliavamo il concorrente nel cuore della notte per fargli vincere una Fiat 500. Per dire, c’è cascato Marenco! Ci sono cascati Romolo Siena, Paolo Villaggio, Luciano Salce, che sono andati a ritirare la 500 alla Maglianella. E il colonnello Buttiglione? Lei sa com’è nato il colonnello Buttiglione?»

Com’è nato?
«Marenco telefonava da casa Boncompagni all’osservatorio astronomico di Roma qualificandosi, appunto, come il colonnello Buttiglione, e denunciava che quello stesso giorno aveva notato un insolito ondulare del lampadario sito sul tavolo centrale della sala centrale della caserma Zanzibar, spiegando il fenomeno nei dettagli più infinitesimali al malcapitato che rispondeva dall’altra parte del filo. La gag prevedeva che appena questo sventurato interrompeva, dicendo anche soltanto ’ capisco’, Marenco faceva: 'Non mi interrompere. Sono il colonnello Buttiglione e ti dicevo che questa mattina... e ricominciava da capo tutto il racconto. Dall’altra parte c’erano soltanto gemiti. Erano telefonate basate sulla lunghezza, duravano anche tre o quattro ore».

Ma dall’osservatorio non attaccavano mai il ricevitore?
«Non è mai successo, probabilmente avevano il terrore dell’autorità costituita».

Dunque, Alto Gradimento parte. Con Arbore e Boncompagni più Marenco e Bracardi. Quale accoglienza aveste dalla Rai?
«Alcuni, come il professor Leone Piccioni e il direttore della radio Giuseppe Antonelli ci difendevano a spada tratta. Oltre, naturalmente, a Ugo Porcelli e Massimo Fasan che erano addetti alla trasmissione e che anche in seguito sono rimasti al nostro fianco. Altri, quelli ancora legati alla vecchia Rai, la Rai asservita al potere politico e dalla censura facile, ci avrebbero volentieri messi al muro. Non erano individuabili, noi non venivamo avvertiti delle grane, restavamo sempre un po’ defilati dai corridori. Comunque di momenti difficili ce ne furono tanti, ammonizioni, persino interrogazioni parlamentari. Una ne avanzò, se non sbaglio, anche Signorile. E poi una volta — quando utilizzavamo la voce di alcuni leader politici per rispondere alle domande più cretine — “Il Popolo” insorse con un corsivo in difesa di Fanfani che a qualsiasi affermazione fatta in studio replicava dicendo 'aria fritta’. 'Perché Fanfani sì e Berlinguer no?’, scrisse in sintesi ’Il Popolo’. Fanfani, poverino, a protestare non ci pensava proprio. Telefonò a Boncompagni e gli disse: ‘Guardate che non sono stato io l’ispiratore del corsivo sul Popolo, anzi mi diverto molto’. Non si divertivano i megadirigenti della Rai, però, che ci imposero 1’alt».

E voi obbediste?
«Beh, con qualcuno si poteva trattare, specie quando alla direzione della radio c’era Antonelli, un uomo burbero, ma simpaticamente burbero. Dopo il caso-Fanfani ci recammo da lui e gli chiedemmo: visto che i politici non amano essere sfottuti o la Rai non ama che i politici vengano sfottuti, se noi vi portiamo una lettera firmata da questi personaggi ci concedete di continuare? La risposta fu sì».
«Ci recammo perciò da alcuni leaders per ottenere la licenza di sfottò. Io scelsi biecamente di fare il socialista col socialista, il comunista col comunista, il monarchico col monarchico eccetera. Il radicale no, perché allora non c’era, ma forse avrebbe sgamato. Da Covelli mi recai quindi con una cravatta blu Savoia e mostrai di riconoscere a prima vista le immagini che campeggiavano nel suo studio: quelle di Elena, Umberto, Vittorio secondo, terzo e quarto che ricordavo dai libri di storia : da Almirante andai a Palazzo del Drago in doppiopetto gessato e così via. Tutti mi diedero subito l’autorizzazione. L'unico a fare una certa resistenza fu Malagodi. 'Guardi, Arbore, mi fece, se lei alla domanda se mi piace l’ultimo disco di Peppino di Capri mi fa rispondere che è un problema molto grave per l’Italia in questo momento lei mi fa fare la figura del cretino. Non mi dica di no'. Ma alla fine, grazie anche alle pressioni del capo ufficio stampa del Pli, Marchione, anche Malagodi firmò».

Portaste le lettere autografe in direzione e ricominciaste con le voci dei politici.
«Sì. Ma questa era soltanto una delle tecniche che usavamo con gli alti dirigenti. Un’altra era quella di chiedere cento per ottenere ottanta. All’inizio della trasmissione, per esempio, portammo al nostro direttore un elenco di cento parolacce da poter dire. Fu una trattativa lunga e laboriosa: cazzo neanche a parlarne: culetto sì ma culo no, suona male: coscia se riferita al pollo va bene, ma coscia di donna no. E coscia di uomo? Beh, dipende... Un grande esempio di satira spontanea».

Oltre che alcuni politici, «Alto gradimento» disturbò dei cittadini anonimi che si sentirono offesi dall’anonimia con le macchiette di Marenco e Bracardi. Se non sbaglio un vero colonnello Buttiglione fece fuoco e fiamme...
Franco Bracardi
«Tutti sanno che l’autentico colonnello Buttiglione protestò, ma pochi conoscono un gustosissimo antefatto che lo condusse quasi alla disperazione. Andò così. Il vero Buttiglione cercò di raggiungermi telefonicamente alla Rai, ma sempre con esito disastroso. Le telefonate si svolgevano regolarmente così: 'Vorrei parlare con il signor Arbore, per favore’. Chi parla? 'Sono il colonnello Buttiglione’. Sì, e io sono Scarpantibus, era la risposta regolare prima di riattaccare il ricevitore. Buttiglione, non sapendo cos'altro fare, si rivolse allora all'ammiraglio Sleiter, pregandolo di intervenire dall'alto della sua autorità. Sleiter trovò Porcelli, il nostro funzionario: 'Per favore’, supplicò, fate quello che volete ma non nominate più questo benedetto colonnello Buttiglione».

C’e invece chi ama essere citato alla radio, anche «Alto gradimento» ha subito delle richieste.
«Eh sì, molte, soprattutto quando Bracardi ha cominciato a distribuire dai nostri microfoni i famosi babà».

Quali sono state le categorie più pressanti: uomini politici, di spettacolo, giornalisti?
«Tutte le categorie, tutte... Molti giornalisti, soprattutto. Però, intendiamoci sono successi anche molti equivoci. Una volta per esempio, Bracardi scrisse su un giornale che Gaspare Barbiellini Amidei, vice direttore del 'Corriere della sera’, ci aveva telefonato per figurare nella classifica dei babà. Non era affatto vero, è una persona serissima Barbiellini. Mi cercò, poverino, e mi disse: 'Sa, io l'unica cosa che non possiedo è il gusto di apparire’. No, bisogna stare attenti, perché a volte basta una piccola leggerezza a far apparire una persona sotto una luce che effettivamente non gli compete».

Però anche questo via vai di personaggi famosi con i quali condite la trasmissione è un elemento del vostro successo.
Mario Marenco
«Non tanto. Direi che la vera chiave del successo di ’ Alto gradimento’ sono i suoi personaggi. Personaggi che hanno il pregio di riflettere individui che possiamo incontrare ogni giorno e di far lavorare la fantasia. Il colonnello Buttiglione o la Sgarambona ognuno se li immagina come vuole. Una volta Almirante mi disse: 'Sa perché mi diverte mólto la sua trasmissione? Perché c'è quella Sgarambona che mi ricorda una mia vecchia fidanzata’. E aggiunse: 'Che forse lei sa...'. Io non sapevo, ma non replicai. Doveva essere una donna famosa. Forse c’è stata una Sgarambona nella vita di tutti noi, quella fidanzata petulante con cui uscivamo solo per farci una sveltina in macchina e che poi evitavamo non appena avvenuta l'eiaculatio, per dirla proprio brutalmente».

Sulla comicità di «Alto gradimento» si è detto e scritto tanto, mai però arrivando a una conclusione: che tipo di comicità è mai? Perché resiste da dieci anni?
«Noi crediamo, nel nostro piccolo, di avere un po’ rinnovato la comicità. In maniera autonoma rispetto alla comicità americana, intelligente e sofisticata come quella di Woody Alien. Direi, anzi, in maniera nazionale: Boncompagni umorista toscano, caustico, attentissimo, con l’occhio vispo eccetera: io meridionale, un po' totoiano. faccio il fesso per non andare alla guerra, come si dice; Bracardi ha il gusto per il volgare, e si sa che un certo tipo di volgarità fa parte della tradizione della comicità italiana; Marenco è un maestro del crazy. Il suo è l'umorismo più difficile perché non ha alternative, piace da matti o viene rigettato».

Un po’ di Totò, un po’ di Franchi e Ingrassia, molto surrealismo e un pizzico di follia: è questa la vostra ricetta?
«Ma no. c'è anche dell’altro. La satira politico-sociale, come nel caso di Verzo, la tecnica del tormentone, come quel tipo che apre la porta, dice 'Sono Raffaele La Capria, sono amico di Franco Rossi fin dai tempi della scuola' e la richiude tre o quattro volte a trasmissione per un mese di seguito, intervento completamente avulso da ogni giustificazione reale. Insomma, non esiste una ricetta, o se volete la ricetta è nel nostro spontaneismo e nel nostro divertimento. Ecco perché, probabilmente 'Alto gradimento’ è arrivato agli sgoccioli. Ancora poche battute e noi chiudiamo».

Così, all’improvviso. E perché?
«C’è un momento di stanchezza del gruppo, e quindi anche della trasmissione. Abbiamo paura della noia nostra e quindi anche del pubblico. Abbiamo inventato più di cento personaggi di ogni tipo e fatichiamo a trovarne altri, la satira politica ci è stata ormai sottratta dai giornali che — fortunatamente — ci sguazzano. Insomma, temiamo di non divertirci più, forse perché ci stiamo divertendo con altre cose: Boncompagni con la regia televisiva, io con il cinema. Marenco con il ritrovato gusto di fare l'architetto in Arabia Saudita, Bracardi con i suoi spettacolini. Sì, ho proprio l’impressione che questa celebrazione di 'Alto gradimento’ sia anche un addio».

La Repubblica 12 luglio 1980

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