13.1.18

I presocratici. Una filastrocca filosofica di Umberto Eco

Nel 1958, in occasione di un Congresso Internazionale di Filosofia, a Venezia, in alcuni bar di piazza San Marco, davanti a un uditorio selezionato di filosofiche menti, Umberto Eco lesse una serie di filastrocche che in facili e gioiosi versi raccontano alcuni momenti della filosofia occidentale dai presocratici agli esistenzialisti, e oltre. Insieme a un nutrito numero di vignette filosofiche, ideate già in anni precedenti dallo stesso Eco (“nel corso di alcuni convegni all'Università di Torino” - ci informa l'autore), contribuirono a formare un pregiato volumetto a tiratura limitata, pubblicato dalle Edizioni Taylor con il titolo Filosofi in libertà e firmato Dedalus, pseudonimo che Eco tornò a utilizzare nelle sue collaborazioni al quotidiano “il manifesto” una dozzina di anni dopo. Le filastrocche e alcune delle vignette confluirono in Il secondo diario minimo (Bompiani, 1992), donde ho tratto questa divertentissima filastrocca dal tragico finale e anche la vignetta.
Secondo Eco “l'alto ideale etico che ha animato ciascuna di queste esercitazioni conviviali è stato quello di una assoluta correttezza scientifica”. Da qui il monito per le generazioni a venire: “scherziamo, sì, ma seriamente”. (S.L.L.)
Da "Il secondo diario minimo", Bompiani 1992
Nei dì che gli Argivi
vivevan beati
correndo giulivi
per boschi e per prati,
alcuni messeri
con tono profondo
si chiesero seri:
“Di che è fatto il mondo?”

Un tal di Mileto
chiamato Talete
con tono faceto:
“Se non lo sapete
vi mostrerò tosto
- si mise a affermare -
che il mondo è composto
con l’acqua del mare!”

Al che Anassimandro
mandavagli a dire:
“Ma con lo scafandro
si vada a vestire.
Perbacco, al postutto
mi par più compito
a base del tutto
pensar l’Infinito!”

Al che Anassimene
per farla più varia
con subdole mene
pensò pure all’aria.
Ma Empedocle allora,
passando, per gioco,
gridò: “Alla buon’ora!”
e aggiunse anche il fuoco.

In questo pasticcio
Pitagora stava
e acuendo il bisticcio
i numeri dava:
poiché trasmigrare
con l’alma soleva
infine girare
le sfere faceva.

A questi sapienti
così scalmanati
si uniron frementi
persin gli Eleati;
e tanto che visse
con aria sincera
Parmenide disse
che il mondo è una sfera,
e in questo complesso
concorrer dell’ente
l’uom vive depresso:
non muove mai niente.
In tal situazione 
neppure fai breccia
- lo dice Zenone -
se lanci una freccia,
ed una tra mille
testuggini a caso
ti lascia l’Achille
con tanto di naso.
Ma, assai divertito,
“Che scemo che sei!
- gli disse Eraclito -
perché panta rei!
Chi fa un pediluvio
nel mezzo al torrente
ha sempre un profluvio
di acqua corrente!”

Ma debbo avvertire:
la storia più nera
si mise ad ordire
un tizio di Abdera,
Democrito, il quale
- non è un fatto comico -
con tratto fatale
fondò il pool atomico;
e s’oggi la guerra
ha un tono antipatico,
lo deve, la Terra,
a quel presocratico.

Insomma, col vento,
con gli atomi e il fuoco,
gridavan per cento,
costoro, a dir poco.
E i Greci seccati
da tutti quei vezzi,
infine adirati
li fecero a pezzi.
E ciò è confermato
da prove evidenti:
ne abbiamo trovato
soltanto i frammenti...

da Dedalus, Filosofi in libertà, Taylor 1958, ora in Umberto Eco, Il secondo diario minimo, Bompiani 1992 

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