16.2.18

La poesia (dagli "Eroici furori" di Giordano Bruno)

Questo post è un pensiero per gli amici e compagni che, quest'anno come ogni anno, celebreranno a Perugia Giordano Bruno come martire del libero pensiero. Vi si parla della libertà dei poeti dalle regole arbitrarie imposte dai pedanti. (S.L.L.)

Tansillo
Conchiudi bene, che la poesia non nasce da le regole, se non per leggerissimo accidente; ma le regole derivano da le poesie: e però tanti son geni e specie de vere regole, quanti son geni e specie de veri poeti.

Cicada
Or come dunque saranno conosciuti gli veramente poeti?

Tansillo
Dal cantar de versi; con questo che cantando o vegnano a delettare, o vegnano a giovare, o a giovare e delettare insieme.

Cicada
A chi dunque servono le regole d’Aristo-tele?

Tansillo
A chi non potesse, come Omero, Exiodo, Orfeo ed altri, poetare senza le regole d’Aristotele; e che per non aver propria musa, vuolesse far l’amore con quella d’Omero.

Cicada
Dunque han torto certi pedantacci de tempi nostri, che excludeno dal numero de poeti alcuni, o perché non apportino favole e metafore conformi, o perché non hanno principii de libri e canti conformi a quei d’Omero e Vergilio, o perché non osservano la consuetudine di far l’invocazione, o perché intesseno una istoria o favola con l’altra, o perché finiscono gli canti epilogando di quel ch’è detto, e proponendo per quel ch’è da dire; e per mille altre maniere d’examine, per censure e regole in virtù di quel testo. Onde par che vogliano conchiudere ch’essi loro a un proposito
(se gli venesse de fantasia) sarrebono gli veri poeti, ed arrivarebbono là, dove questi si forzano: e poi in fatto non son altro che vermi, che non san far cosa di buono, ma son nati solamente per rodere, insporcare e stercorar gli altrui studi e fatiche; e non possendosi render celebri per propria virtude ed ingegno, cercano di mettersi avanti o a dritto o a torto, per altrui vizio ed errore.

Tansillo
Or per non tornar là donde l’affezione n’ha fatto al quanto a lungo digredire, dico che sono e possono essere tante sorte de poeti, quante possono essere e sono maniere de sentimenti ed invenzioni umane, alli quali son possibili d’adattarsi ghirlande non solo da tutti geni e specie de piante, ma ed oltre d’altri geni e specie di materie. Però corone a’ poeti non si fanno solamente de mirti e lauri, ma anco de pampino per versi fescennini, d’edera per baccanali, d’oliva per sacrifici e leggi, di pioppa, olmo e spighe per l’agricoltura, de cipresso per funerali, e d’altre innumerabili per altre tante occasioni; e, se vi piacesse, anco di quella materia che mostrò un galant’uomo, quando disse:
O fra Porro, poeta da scazzate,
Ch’ a Milano t’affibbi la ghirlanda
Di boldoni, busecche e cervellate.


da De gli eroici furori, in Dialoghi Italiani, Sansoni, 1958

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