24.3.18

La contessa Morosini (Camilla Cederna)

La contessa Annina Morosini intorno al 1950

Le donne sono spesso molto più utili come informatrici: infatti amano il racconto. Altre, però sono soltanto dispettose. Di una signora dell’alta società, protettrice di giovani attori e vecchi pittori, e della quale era stato noto, cinquantanni prima, il legame con una testa coronata, non riuscii a saper nulla circa questo suo flirt regale. Da una sua amica fui informata invece con una certa ostinazione su un altro trascorso romantico della capricciosa signora. « Dolly era piuttosto egoista, vuole un esempio? Una volta che era in vacanza insieme con un suo amico, ammiraglio mi pare, fu invitata a un ballo in una delle ville vicine. Volle andarci con tutti gli altri suoi ospiti, benché l’amico fosse a letto con un grave ascesso alla gola. Per un caso misterioso, anche la servitù era assente in quella notte, e il povero ammiraglio senza soccorsi poco dopo mezzanotte morì soffocato. Allora », concluse calma l’informatrice, «ricordo che Dolly fu assai criticata». (Storia inedita, ma difficile da raccontare sui giornali.)
Quando morì la contessa Morosini, che avevo visto soltanto una volta e da lontano, andai a trovare due dame sue amiche. Erano due signore estremamente à la page, che avevano una conversazione deliziosa. Prima di entrare in argomento, una di essa infatti stava spiegando all’altra come doveva essere una rosa in quell’anno 1954 (“ovoide, con almeno trentacinque petali, cuore turbinato, foglie non troppo lucide né troppo opache”). L’altra invece cominciò col raccontarmi com’era amante della cucina la duchessa di Windsor e la sua definizione dei soufflés: «Les soufflés font la poésie d’un repas». Infine venimmo a parlare della contessa Annina, ed ecco un esempio fortunato di intervista a terzi. «Era un misto piccante di grandeur e di accattonaggio », attaccò la prima signora e l’altra spiegò : «Riceveva come nessuno, ma era avara come un pidocchio». «Bella?» chiesi. «Incantevole. Viso stupendo, mani e piedi orridi.» «Colta?» ripresi. «Molto intelligente ma d’un’ignoranza immonda». E avanti con questa conversazione in bianco e nero, dalla quale però usciva ben chiaro un carattere. «Faceva fondere i regali d’argento che riceveva, esigeva dagli amici tacchini, polli, champagne e tartufi per le sue parties, regalava quattro fiori secchi a una sposa, ma era capace di mandare all’aria alla vigilia un ricevimento di duecento persone solo perché un amico stava male. Capito il genere?» Capito benissimo, e dopo mezz’ora di dialoghi di questo tipo, era bell’e fatto l’articolo sulla Morosini.

da Noi siamo le signore, Longanesi, 1958 

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