La storia (o
l’aneddotica) pare dica che S.M. Vittorio Emanuele III, re e
imperatore, non abbia mai invitato a pranzo il Cavaliere Benito
Mussolini. Mai nei vent'anni di permanenza a Roma. Ebbene, a me
piacerebbe inventare un racconto fantastorico in cui si smentisse
questa congettura o questo accidente, caricandolo al tempo stesso di
inquietano suggestioni. L'ambiente resterebbe sempre villa Savoia, la
residenza di S.M. imperiale, mentre la data dovrebbe essere il fatale
25 luglio 1943.
“Pronto... Cavaliere,
perché non viene a pranzo da noi? È tanto che volevo invitarla, ma
non si è mai presentata l'occasione. Anche Elena e Umberto saranno
lieti... Sì? Allora l’aspetto domani alla mezza. Domani 25. mi
raccomando...”. Cosa poi sia accaduto dopo il caffè, in quel
pomeriggio d'estate, con ambulanza e carabinieri, ognuno sa bene,
perché ciò appartiene da mezzo secolo, alla cronaca giallo-nera del
reame.
Il pranzo, dunque. Più
che Babette qui potrebbe venirci in soccorso un maestro del
gastrocinema, Bunuel, a suggerirci un rituale o una dinamica degli
avvenimenti e dei comportamenti, un cerimoniale allucinatorio, tra il
macabro e l'osceno, come pretende l'evento. Ma anche Almodovar può
andar bene a sostener la regia. Il punto è altrove, però. Sta
proprio nell'allestimento culinario, nella realizzazione di un menu
storicamente verosimile. Dunque, la guerra durava da tre anni. Gli
alimenti erano razionati e per acquistarli era necessaria una tessera
annonaria, con su tanti quadratini per ogni mese. A ogni acquisto si
tagliava il quadratino specifico. Finiti i quadratini finiti gli
acquisti. Le razioni comportavano: 150 grammi dì pane nero al
giorno, 250 .grammi di zucchero al mese...
L'agiografia sabauda ci
aveva abituato a una regina Elena domestica, donna di casa, perciò è
naturale immaginarla in cucina a presiedere alla scelta dei piatti.
Anziché il solito Cuoco del re consulta Petronilla, 200
suggerimenti per... questi tempi, edizione Sonzogno, fresco
freschissimo di stampa, 30 maggio 1943-XXI; lo stesso, stessissimo
che mi avrebbe lasciato in eredità la mia borghesissima madre.
D'altra parte, mica si può invitare il Cavaliere facendo ricorso
alla regal borsa nera...
Allora, vediamo un po’...
Si potrebbe incominciare con una «Minestra di castagne», niente
pasta, niente riso e niente grassi, come recita la didascalia,
per chi abbia consumato in anticipo i tagliandi della tessera: 15
castagne secche a testa, in molta acqua, con sale e semi di
finocchio; «strabollire»; a cottura ultimata mezzo litro di latte e
cuocere per altri 15'. Oplà! Oppure un «Risotto giallo», ma senza
zafferano, sostituito da un tuorlo d'uovo sbattuto da aggiungere a
fine cottura, assieme a un cucchiaio di burro, per sei persone.
Indi un pesce. Si
potrebbe tentare con una frittura senza (o con pochissimo) olio, con
«quel poco grasso dei quale potete disporre, in modo che ne resti
appena unto il fondo...; quando il poco grasso fumerà, innalzate la
fiamma e versate nella padella i pesci...senza dover né scolarli, né
stenderli su carta asciugante». Credo bene...
La carne: «Scaloppine di
vitello», senza grassi. Il sugo si otterrà stendendo «sul
tegame un foglio di carta gialla da macellaio», ponendo il
coperchio, sovrapponendovi «un ferro da stiro» e collocando «il
tegame sopra una pignatella d'acqua che bolle», lasciando infine
«cucinare le fettine per mezz'ora» («troverete la carne immersa in
un sughetto promettente»!). Se invece si preferirà un lesso, ecco
una maionese d'accompagnamento, senza olio, sostituito da «3
dita di acqua». Contorno di «Insalata di verdure», niente olio.
E per concludere, una «Torta margherita di fagioli», 2 cucchiai di
zucchero. (O meringhe, per recuperare i bianchi d'uovo). Poi
astragalo, in assenza di caffè (o carcadè, in assenza di the).
Potrebbero sembrare ricette di una cuisine quasi nouvelle,
preoccupata più che altro del tasso di colesterolo. Infatti, allora,
i motivi di morte erano ben differenti, ignote, allora, le
colesterolemie. Però il Cavaliere arrivò a villa Savoia con un peso
sullo stomaco, quel 25 luglio: i suoi compari gli avevano propinato,
nella notte, una polpetta avvelenata. Senza grassi, secondo le
indicazioni di Petronilla.
“L'arcigoloso –
l'Unità”, 7 agosto 1989
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