24.6.18

Pierangelo Bertoli a muso duro. E a pugni chiusi (Domenico Sabino)


Per Bertoli l'impegno politico-sociale non è mai stata una moda. Comunista, conobbe il successo e Sanremo, ma restò una persona pulita, un “signore di altri tempi”. E dalla sedia a rotelle e con la sua chitarra si è guadagnato la stima di più generazioni. La sua cifra? La dignità degli individui e delle classi sfruttate.

[...] perché a stare in trincea
sono gli uomini normali
non i capi di Stato o i generali,
perché a stare in trincea
sono gli uomini normali
non i vescovi e neanche i cardinali.
Ci han traditi e lo han fatto molte volte
con cinismo e determinazione
han portato fratelli e compagni in prigione
e hanno messo un guinzaglio all'illusione
non esiste un popolo padrone [...]

È l'ennesimo grido poetico e libertario che ritroviamo in «Varsavia», brano incluso nel disco «Dalla finestra» (1984), cantato da Pierangelo Bertoli (Sassuolo 5 novembre 1942/Modena 7 ottobre 2002) contro la repressione del regime di Jaruzelski in Polonia. Trent'anni di carriera che definirei “in direzione ostinata e contraria”, per citare Faber, uno dei pochi che non a caso Bertoli stimava veramente.
Un cantautore, con uno stile musicale e un timbro vocale inconfondibili e con rimandi poetici e letterali autentici, che s'è battuto sempre per l'emancipazione sociale, lasciando una traccia indelebile della sua poesia in musica nonostante l'ostracismo mediatico.
Il figlio Alberto, che segue le sue orme, dichiara: “Si arrabbiava quando la libertà e i diritti dei più deboli venivano calpestati”.
Un talento vero, sincero, che ha saputo superare con energico slancio il proprio handicap fisico - costretto su una sedia a rotelle da una poliomielite -, scorgendo nel dinamismo della voce, le giuste coordinate per la sua predominante vena artistica.
La chitarra per compagna; al servizio della Lega del Vento Rosso, organizzazione del Partito comunista marxista-leninista, per cui ha realizzato tre 45 giri e un disco «Rosso colore dell'amore» pubblicato nel 1974.
Nel 1976 con la casa discografica di Caterina Caselli, sua concittadina, incide il disco «Eppure soffia», l'immediatezza dei messaggi e la sincerità dell'ispirazione sono la caratteristica delle sue composizioni; la denuncia sociale, ora più ponderata ora più aggressiva, connota il suo modo di raccontare l'uomo e il tempo in cui vive.

[...] Eppure il vento soffia ancora
spruzza l'acqua alle navi sulla prora
e sussurra canzoni tra le foglie
bacia i fiori li bacia e non li coglie.
Un giorno il denaro ha scoperto la guerra mondiale
ha dato il suo putrido segno all'istinto bestiale
ha ucciso, bruciato, distrutto in un triste rosario
e tutta la terra si è avvolta di un nero sudario [...]

In «Eppure soffia» i versi appassionano e ‘trafiggono' tuttora, a distanza di anni, per la forza e l'attualità. È incredibilmente profetica e di un'enorme sensibilità. Bertoli canta la schiettezza e la capacità di brandire una posizione politica senza indugi. I suoi versi sono passionali e spaziano dall'ecologia all'anticlericalismo, dall'aborto alle mutazioni politiche. Dello stesso album ricordiamo i brani: «Sera di Gallipoli», «Non vincono» e «È nato si dice».

Una commistione di rabbia, e poesia popolare
La Caselli s'è convinta della maestria di Bertoli ascoltando «Roca Blues», disco del 1975 con brani in dialetto sassolese.
Una commistione di rabbia e poesia popolare fa innegabilmente di Bertoli uno dei personaggi più singolari e più in armonia con le ballate contadine e anarchiche della nostra cultura. I suoi bersagli privilegiati sono gli ipocriti, i disonesti, i moralisti. Come in «Certi momenti», disco del 1981, in cui il brano omonimo tratta il tema del diritto all'aborto scagliandosi contro Chiesa e benpensanti.

[...] Credo che in certi momenti
il cervello non sa più pensare
e corre in rifugi da pazzi e non vuole tornare
poi cado coi piedi per terra e scoppiano folgore e tuono
non credo alla vita pacifica non credo al perdono
Adesso quando i medici di turno
rifiuteranno di esserti d'aiuto
perché venne un polacco ad insegnargli
che è più cristiano imporsi col rifiuto
pretenderanno che tu torni indietro
e ti costringeranno a partorire
per poi chiamarlo figlio della colpa
e tu una Maddalena da pentire [...]

«Pescatore», nel medesimo disco, è cantato insieme a Fiorella Mannoia. Un brano struggente: un uomo lotta col mare, mentre la compagna vive un conflitto interiore con i propri sentimenti.

Dimmi dimmi mio Signore
dimmi se tornerà
quell'uomo che sento meno mio
ed un altro mi sorride già
scaccialo dalla mia mente
non indurmi nel peccato
un brivido sento quando mi guarda
e una rosa egli mi ha dato
una rosa lui mi ha dato
Rosa rossa pegno di amore
rosa rossa malaspina
nel silenzio della notte ora
la mia bocca gli è vicina
no per Dio non farlo tornare
dillo tu al mare
è troppo forte questa catena
io non la voglio spezzare
io non la voglio spezzare

Nel 1977 pubblica «Il centro del fiume», seguito, l'anno successivo, da «S'at ven in meint», album in dialetto modenese in cui Caterina Caselli canta nel brano «L'Erminia temp adree».
Il «manifesto poetico-politico» arriva col disco «A muso duro» pubblicato nel 1979, in cui nel brano omonimo s'evidenziano il rapporto complesso col mercato discografico e la fermezza a scrivere canzoni secondo il proprio stile, senza concedere nulla alla logica edonistica del mercato e invitando tutti i cantautori a riflettere sul loro ruolo civile e politico.

E adesso che farò non so che dire
ho freddo come quando stavo solo
ho sempre scritto i versi con la penna
non ho ordini precisi di lavoro
ho sempre odiato i porci ed i ruffiani
e quelli che rubavano un salario
i falsi che si fanno una carriera
con certe prestazioni fuori orario
canterò le mie canzoni per la strada
ed affronterò la vita a muso duro
un guerriero senza patria e senza spada
con un piede nel passato
e lo sguardo dritto e aperto nel futuro

La profondità poetica dell'album si svela anche nei brani «Non finirà», «L'autobus» e «Dietro me», dedicata a Emiliano, il primo figlio. A metà degli anni Settanta conosce Bruna Pattacini, che sposa e da cui ha tre figli: Emiliano, Petra a cui ha dedicato l'album omonimo pubblicato nel 1985, e Alberto.

[...] Con i tuoi giochi di colombe bianche e i tuoi vestiti di incenso e d'oro
Con il tuo trono su tanti morti e la ricchezza senza lavoro
Un palco, luci, gente che ti ammira
Uomini in ginocchio, una lunga fila
I tuoi scagnozzi anche nelle scuole a costruire un gregge vendendo le parole
Una speranza in fondo ti sostiene,
di costruire un mondo dove il pastore è un bene
Dove comandi tu su tanta gente Dove ci sia la fede come nel Medio Oriente [...]
La tua censura, la religione di Stato
Dal codice Rocco verso il Concordato
La frigidità, le torture più vere
E le benedizioni sulle camicie nere.

È «Bianchezza» la forte invettiva contro il Papa che troviamo nel disco «Album» del 1981 insieme a «La fatica» e «Caccia alla volpe».
Bertoli ha una visione ‘sacra' del cantautore, equiparabile a quella di Fabrizio De André. “Per lui il cantautore, etichetta di moda all'epoca, o era davvero impegnato sulla carne viva della società o — tale non era. Nella sua filosofia, il cantautore è l'antenna di una comunità. Ha l'obbligo di percepire il cambiamento, anticipandolo”. È quanto riporta Marco Dieci a Leo Turrini nel libro-intervista «Ep
pure Angelo canta ancora», dove narra del suo impareggiabile rapporto d'amicizia con Pierangelo.

Con i Tazenda
Nel 1983 pubblica «Frammenti», sempre in coerenza con la sua poetica che marcia contro la musica intesa come prodotto di consumo. Si menzionano «Nuova migrazione», «A Bruna», «I miei pensieri sono tutti lì» e la magnifica «Così», di cui trascrivo alcuni versi:

Non amo trincerarmi in un sorriso
detesto chi non vince e chi non perde
non credo nelle sacre istituzioni
di gente che ha il potere e se ne serve [...]
Si macchiano dei crimini più bassi
per conservare il posto da sedere
le chiese il parlamento i sindacati
le banche e gli altri centri del potere
gli amici sai gli amici tante volte
mi dicono che sono un piantagrane
che parlo senza un poco di rispetto
che amo più gli oppressi o le puttane.
Perché son fatto così
e non ci posso far niente
prendimi pure così
come mi accetta la gente
che mi sorride e che mi lascia parlare
però non mi sente

Nel 1986, per i dieci anni di carriera, Bertoli produce un doppio album antologico, «Bertoli Studio & Live», che comprende il brano inedito «Favola». Con «Canzone d'autore» del 1987 interpreta brani di Paolo Conte, Fabrizio De André, Enzo Jannacci, Luigi Tenco, alternandoli a canzoni inedite. L'anno successivo incide «Tra me e me», in cui canta anche «Sogni di rock'n'roll» canzone di un ancora sconosciuto Luciano Ligabue, di cui diventerà mentore. Seguirà «Sedia elettrica» nel 1989 che contiene «Figlio d'un cane», altro pezzo di Ligabue. Nello stesso anno vince un Telegatto per lo spot televisivo della “Lega per l'emancipazione dell'handicappato”.
In «Oracoli», disco del 1990, duetta con Fabio Concato in «Chiama piano»; in «Acqua limpida», invece, canta sia con Concato che con Grazia Di Michele. Si ricordano altresì «Se potesse bastare» e «Dal vero».
Nel 1991, inaspettatamente, Bertoli si presenta al Festival Sanremo, manifestazione discordante e agli antipodi con la concezione musicale e ideologica dell'artista. L'obiettivo principale è far conoscere, dal palcoscenico più popolare della canzone italiana, un brano suggestivo, cantato col gruppo sardo dei Tazenda, nella prospettiva del recupero delle tradizioni folcloristiche ed etniche: «Spunta la luna dal monte» (Disamparados). Il brano riscuote consensi di critica, pubblico e vendite. L'esperienza del Festival viene ripetuta l'anno successivo con «Italia d'oro», brano che dà il titolo all'album: un'accusa pesante alla corruzione e al malaffare politico e sociale che anticipa tangentopoli.

[...] Romba il potere che detta le regole
cade la voce della libertà
mentre sui conti dei lupi economici
non resta il sangue di chi pagherà
Italia d'oro frutto del lavoro cinta dall'alloro/
trovati una scusa tu se lo puoi
Italia nera sotto la bandiera
vecchia vivandiera
te ne sbatti di noi
mangiati quel che vuoi fin quando lo potrai
tanto non paghi mai [...]

Nel disco è presente anche il brano «Giulio» 'dedicato' ad Andreotti. Seguono gli album «Gli anni miei» del 1993 in cui le tematiche trattate vanno dallo smarrimento esistenziale nella società dei consumi alla tragedia della guerra; «Angoli di vita» del 1997, un lavoro prezioso a prova della mai placata vena poetica. «301 guerre fa» è l'ultimo disco pubblicato nel 2002 poco prima della morte. È composto da quattro brani inediti e pezzi di album precedenti riarrangiati e reinterpretati.

Musica intrisa di ribellione e poesia
Pierangelo Bertoli ha affrontato la vita sempre «A muso duro». Antagonista incredibile, inflessibile, mai ipocrita, sempre schierato con l'estrema sinistra. Pur avendo conosciuto l'esilio telecratico, non s'è mai posto con toni polemici. Credo che necessiti rileggere/riascoltare e ripubblicare l'intera discografia in maniera critica per comprenderne e diffonderne appieno la sua musica intrisa di ribellione e poesia.

Da “A – Rivista Anarchica”, febbraio 2018

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