a K.
Ripenso il tuo sorriso,
ed è per me un'acqua limpida
scorta per avventura tra
le petraie d'un greto,
esiguo specchio in cui
guardi un'ellera i suoi corimbi;
e su tutto l'abbraccio
d'un bianco cielo quieto.
Codesto è il mio
ricordo; non saprei dire, o lontano,
se dal tuo volto
s'esprime libera un'anima ingenua,
o vero tu sei dei
raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire
con sé come un talismano.
Ma questo posso dirti,
che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi
in un'ondata di calma,
e che il tuo aspetto
s'insinua nella mia memoria grigia
schietto come la cima
d'una giovinetta palma...
Nota
Ci
fu una polemica qualche anno fa, quando in una prova di Maturità il
Ministero chiese un commento di questa celebre lirica montaliana, uno
dei miracoli degli Ossi di seppia. Il
quesito ministeriale faceva riferimento a una “figura femminile”,
mente il K. della dedica si chiamava Boris Kniaseff ed era un
ballerino russo.
Il bello della poesia risiede - secondo Croce - nella sua capacità di universalizzazione, nel suo saper incarnare il generale nel particolare, nell'unico; io preferisco parlare di fungibilità, di “valore d'uso”. Per me il sorriso cui ripensa chi legge e rilegge il testo, quello che “sommerge i crucci” e s'insinua “schietto nella … memoria”, può benissimo appartenere a una figura femminile.
E così è concretamente nel mio caso. (S.L.L.)
Il bello della poesia risiede - secondo Croce - nella sua capacità di universalizzazione, nel suo saper incarnare il generale nel particolare, nell'unico; io preferisco parlare di fungibilità, di “valore d'uso”. Per me il sorriso cui ripensa chi legge e rilegge il testo, quello che “sommerge i crucci” e s'insinua “schietto nella … memoria”, può benissimo appartenere a una figura femminile.
E così è concretamente nel mio caso. (S.L.L.)
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