3.7.18

Verso il millennio del rumore. Compreremo pacchetti di silenzio? (Umberto Eco)


In una delle sue ultime rubriche su “Panorama” Adriano Sofri prevedeva che (del silenzio essendo meglio ormai scordarsi) la linea del futuro sarà il Controrumore, rumori gradevoli da sovrapporre a quelli sgradevoli.
L'idea evoca il Gog di Papini, ma non si tratta di futuro: è quello che avviene già.
Si pensi alle musiche da aeroporto, soffici e invadenti, che servono a contemperare il rumore degli aerei. Ma due decibel cattivi più un decibel buono non fanno un decibel e mezzo bensì tre decibel. La soluzione è peggiore del male.
Il silenzio è un bene che sta scomparendo, anche dai luoghi deputati.
Non so cosa accada nei monasteri tibetani, ma mi sono trovato in una grande chiesa a Milano dove erano stati invitati dei bravissimi cantori di gospels i quali gradatamente, con effetti da discoteca riminese, hanno coinvolto i fedeli in una partecipazione che forse sarà stata mistica, ma quanto a decibel era da girone infernale. A un certo punto me ne sono andato mormorando «non in commotione, non in commotione, Dominus» (vale a dire che Dio sarà forse in ogni luogo, ma difficilmente lo si troverà nel casino).
La nostra generazione ballava alla musica sussurrata dei Frank Sinatra e dei Perry Como, questa ha bisogno dell’ecstasy per reggere ai livelli sonori del sabato sera. Ascolta musica sugli ascensori, la porta in giro in un auricolare, la ascolta andando in macchina (insieme al rombo del motore), lavora con musica di fondo mentre dalla finestra aperta viene il rumore del traffico.
Negli alberghi americani non c'è stanza che non rimbombi del rumore di macchine ansiose e ansiogene.
Vediamo intorno a noi persone che, terrorizzate dal silenzio, cercano rumori amici nel cellulare.
Forse le generazioni future saranno meglio adattate al rumore ma, per quello che so di evoluzione delle specie, questi riadattamenti prendono di solito millenni e, per una percentuale di individui che si adattano, milioni periranno lungo la strada.
Dopo la bella domenica del 16 gennaio, quando nelle grandi città la gente andava a cavallo o su pattini a rotelle, Giovanni Raboni sul "Corriere” ha notato come i cittadini che andavano per strada si godessero un magico silenzio improvvisamente ritrovato.
È vero. Ma quanti sono andati per strada a godersi il silenzio e quanti sono rimasti corrucciati in casa con televisore al massimo volume?
Il silenzio si avvia a diventare un bene costosissimo, e infatti è a disposizione solo di persone facoltose che possono permettersi ville tra la verzura, o di mistici della montagna con sacco a pelo, che poi s'inebriano talmente dei silenzi incontaminati delle vette da perdere la testa, e precipitano nei crepacci, in modo che dopo la zona sia inquinata dal ronzio degli elicotteri dei soccorritori.
Arriveremo al momento che, chi non resiste più al rumore, si potrà comperare "pacchetti" di silenzio, un’ora in una stanza imbottita come quella di Proust, al prezzo del biglietto di una poltrona alla Scala.
Come squarcio di speranza, poiché le astuzie della Ragione sono infinite, noto che - salvo che per coloro che usano il computer per tirare su musica rumorosissima - tutti gli altri possono ancora trovare il silenzio proprio di fronte allo schermo luminescente, di giorno e di notte, annullando con un comando persino i bip e le musichette che annunciano l’avvio della macchina.
Diventeranno drogati da navigazione, e questo è un altro problema, ma potranno avere ore di silenzio.
Il prezzo di questo silenzio sarà rinunciare al contatto con i propri simili. Ma è poi quello che facevano i padri del deserto.

“L'Espresso”, 3 febbraio 2000

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