21.12.18

I beni culturali come beni comuni (Massimo Bray)


Cordova, La statua di Seneca alla Porta di Almodovar


“La folle avidità degli uomini divide tutte le cose in possessi e in proprietà esclusive, e pensa che ciò che è un bene comune non sia anche di ciascuno. Ma il saggio niente considera maggiormente suo che quel bene di cui ha in comune la proprietà col genere umano”: con queste parole quasi duemila anni fa Seneca dichiarava, in una delle epistole a Lucilio, la propria fede nell'importanza dei beni comuni. E tali vanno considerati innanzitutto i beni culturali, che sono il canale attraverso il quale resta vivo e vitale il nostro rapporto con quel passato che, nella bella immagine di Platone, “è come una divinità che quando è presente tra gli uomini salva tutto ciò che esiste”.
Negli ultimi anni i beni culturali, così come la cultura in generale, sono stati fatti oggetto in Italia di un duplice attacco: da una parte, l'indiscriminata (e poco lungimirante) riduzione dei finanziamenti; dall'altra, la delegittimazione sul piano politico-ideologico, basata sul luogo comune secondo il quale, soprattutto in tempi di crisi, litterae non dant panem. È importante comprendere invece che è proprio la cultura la risorsa sulla quale l'Italia può e deve maggiormente contare per raggiungere gli obiettivi più urgenti: uscire dalla crisi, rilanciare l'economia e l'occupazione, riaffermare il ruolo del paese in un contesto internazionale. Tolstoj assegnava all'arte il compito di educare il popolo al bene comune, a quei valori di fraternità che avrebbero consentito di realizzare la convivenza pacifica tra le persone non sotto la minaccia dei tribunali, bensì come libera adesione, come sentimento divenuto abituale e istintivo in ciascun individuo; e a questo anelito utopico credo si possa ancora guardare come a una fonte di ispirazione per le scelte individuali e collettive: l'arte, la cultura, il patrimonio artistico e architettonico, così come quello paesaggistico e ambientale, possono svolgere una funzione fondamentale di ricostruzione della coesione sociale e del senso di appartenenza alla comunità; ma affinché ciò sia possibile il primo passo deve essere il recupero dell'idea dei beni culturali - e così della scuola, dell'università, delle istituzioni di ricerca - come beni pubblici, che lo stato deve farsi carico di tutelare e valorizzare in prima persona, nell'interesse della collettività e in vista del progresso culturale e civile del paese: nel rispetto (come mostra un altro dei libri recensiti in queste pagine, Costituzione incompiuta) delle direttive ideali consegnateci dai padri costituenti nella carta fondativa della nostra democrazia.

L'Indice, ottobre 2013

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