Cordova, La statua di Seneca alla Porta di Almodovar |
“La folle avidità
degli uomini divide tutte le cose in possessi e in proprietà
esclusive, e pensa che ciò che è un bene comune non sia anche di
ciascuno. Ma il saggio niente considera maggiormente suo che quel
bene di cui ha in comune la proprietà col genere umano”: con
queste parole quasi duemila anni fa Seneca dichiarava, in una delle
epistole a Lucilio, la propria fede nell'importanza dei beni comuni.
E tali vanno considerati innanzitutto i beni culturali, che sono il
canale attraverso il quale resta vivo e vitale il nostro rapporto con
quel passato che, nella bella immagine di Platone, “è come una
divinità che quando è presente tra gli uomini salva tutto ciò che
esiste”.
Negli ultimi anni i beni
culturali, così come la cultura in generale, sono stati fatti
oggetto in Italia di un duplice attacco: da una parte,
l'indiscriminata (e poco lungimirante) riduzione dei finanziamenti;
dall'altra, la delegittimazione sul piano politico-ideologico, basata
sul luogo comune secondo il quale, soprattutto in tempi di crisi,
litterae non dant panem. È importante comprendere invece che
è proprio la cultura la risorsa sulla quale l'Italia può e deve
maggiormente contare per raggiungere gli obiettivi più urgenti:
uscire dalla crisi, rilanciare l'economia e l'occupazione,
riaffermare il ruolo del paese in un contesto internazionale. Tolstoj
assegnava all'arte il compito di educare il popolo al bene comune, a
quei valori di fraternità che avrebbero consentito di realizzare la
convivenza pacifica tra le persone non sotto la minaccia dei
tribunali, bensì come libera adesione, come sentimento divenuto
abituale e istintivo in ciascun individuo; e a questo anelito utopico
credo si possa ancora guardare come a una fonte di ispirazione per le
scelte individuali e collettive: l'arte, la cultura, il patrimonio
artistico e architettonico, così come quello paesaggistico e
ambientale, possono svolgere una funzione fondamentale di
ricostruzione della coesione sociale e del senso di appartenenza alla
comunità; ma affinché ciò sia possibile il primo passo deve essere
il recupero dell'idea dei beni culturali - e così della scuola,
dell'università, delle istituzioni di ricerca - come beni pubblici,
che lo stato deve farsi carico di tutelare e valorizzare in prima
persona, nell'interesse della collettività e in vista del progresso
culturale e civile del paese: nel rispetto (come mostra un altro dei
libri recensiti in queste pagine, Costituzione incompiuta) delle
direttive ideali consegnateci dai padri costituenti nella carta
fondativa della nostra democrazia.
L'Indice, ottobre 2013
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