5.4.19

Uno, tre, molti omofobi ("micropolis")

Articolo del dicembre scorso, nella rubrica “il fatto” del mensile “micropolis”. Giova consegnare anche alla memoria del blog i fatti e fatterelli che, nelle intenzioni dei nuovi fascisti, contribuiscono a determinare la svolta reazionaria che si vuole imporre al nostro paese. Si legga, perché c'è da leggere e anche da agire. (S.L.L.)


Bel personaggio, il senatore Pillon. Non si è ancora spenta l’eco delle manifestazioni che in tutta Italia hanno contestato il suo disegno di legge per “l’affido condiviso”, quando l’avvocato animatore del Popolo della famiglia, protagonista delle battaglie contro i diritti, in particolare quelli delle minoranze Glbt, pensa di mettersi in mostra per l’ennesima volta.
Ecco che ai primi di dicembre sul profilo facebook di Devid Meggiora, vicepresidente del consiglio comunale ternano, appare una foto di tre facce sorridenti: lo stesso Meggiora, il suddetto Pillon, e il sindaco di Terni Leonardo Latini. A far discutere è la didascalia della foto (scat-tata in un albergo ai margini di un convegno della Lega): “tre omofobi a Terni”. Di fronte alle tante proteste Meggiora la butta sullo scherzo - “Una goliardata, una battuta. Dispiace che non sia stata capita l’autoironia della cosa. Solo chi non conosce Pillon e la sua autorironia in merito alle accuse e agli insulti che riceve per le sue posizione in difesa della famiglia naturale può pensare che fossi serio” - lamentandosi poi della (temporanea) cancellazione da facebook. Qualcuno gli risponde: “Per voi forse è un gioco, forse per voi sono solo risate e selfie, ma per una persona omosessuale l’omofobia non è divertente”. La provocazione è come minimo di cattivo gusto e fa parte della retorica parafascista della Lega: tirare il sasso e poi far finta di ritirare la mano, ammiccare ai più beceri sentimenti e poi fare le vittime: puro stile Salvini nell’epoca dei social.
Per capire che non si gioca, ma si fa politica sull’intolleranza e la discriminazione, basta vedere quello che succede pochi giorni dopo lo “scherzetto”: la Regione Umbria, in colla-borazione con l’Università di Peru-gia, propone agli studenti di terza media e quarta superiore un questionario per sondare il grado di consapevolezza sul bullismo omofobico. Elaborato dal Dipartimento di filosofia e scienze umane, il sondaggio (ovviamente anonimo), come è prassi in questi casi, incrocia le domande sull’identità sessuale a quelle sull’origine familiare e nazionale, alle opinioni politiche. Si scatena il putiferio: diversi consiglieri regionali della destra attaccano a testa bassa, il presidente del Popolo della fami-glia umbro, Marco Sciamanna, ritiene che l’obiettivo, “nemmeno troppo velato, che si prefigge tale questionario è di mettere sotto processo la libertà di opinione dei ragazzi e delle famiglie, per promuovere sempre più il pensiero unico”.
Alla crociata si unisce anche l’ineffabile Belpietro che sul suo quotidiano “La verità” titola: Test per sapere se i ragazzi amano i gay. L’ideologia gender non ammette dissenso.
Prova a rispondere Federico Batini, il docente coordinatore del progetto: “Siamo studiosi dell’università, abbiamo a cuore la scienza, la conoscenza e anche la sicurezza dei nostri ragazzi, vedere che queste questioni scivolano verso l’opportunismo politico di qualcuno rende la cifra dei tempi che viviamo. Noi registriamo che il fenomeno della violenza nei nostri istituti legati al bullismo omofobico, il razzismo, il sessismo, ha una dimensione che deve allertare chi di dovere, dalle istituzioni alle famiglie, ai docenti. Siamo a conoscenza persino di ragazzi che si sono suicidati, e di tanti giovani che cadono in forme di depressione molto gravi.” Serve a poco: a stretto giro il ministro della Pubblica istruzione Bussetti pone fine d’imperio alla somministrazione del questionario. Sul “Corriere dell’Umbria” motiva la decisione per il fatto che “il questionario aveva “suscitato un polverone” e “molte scuole non avevano aderito”. Dichiara anche, di passaggio, di non aver letto il questionario incriminato. A proposito di pregiudizi ideologici, appunto.

“micropolis”, dicembre 2018

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