7.6.19

Perugia 1482. Lorenzo Spirito Gualtieri e il Libro della Ventura (Giampaolo Dossena)

Una pagina del "Libro delle sorti" di Lorenzo Spitito Gualtieri


A Perugia nel 1482 si stampa un libro intitolato Libro della ventura ovvero libro delle sorti, autore Lorenzo Gualtieri detto Lorenzo Spirito.
Le enciclopedie dedicano un certo spazio a questo Lorenzo Spirito (nato a Perugia nel 1426 circa, morto non si sa dove nel 1496), soldato di ventura ovvero mercenario, che nei ritagli di tempo scrive tante cose: un lungo poema, Altro Marte, che parla del condottiero Niccolò Piccinino (nato in una Callisciana, presso Perugia, di cui s’è persa traccia, nel 1380 circa, morto nel 1444 forse a Cusago, al giorno d’oggi comune in provincia di Milano, da non confondere con Cusano Milanino, fino al 1925 Cusano sul Sèveso).
Il quale Niccolò Piccinino resta famoso per le due sconfitte subite a Maclodio (al giorno d’oggi comune in provincia di Brescia) nel 1427 e ad Anghiari (al giorno d’oggi comune in provincia di Arezzo), a loro volta famose, le sconfitte più che le località, per certi versi di Alessandro Manzoni e per certi cartoni di Leonardo da Vinci di cui parlavo in un altro momento di disperazione, sotto la data del 1412.
Sono vicende fra le più chiare della storia d’Italia, per chi ci dedica la vita; sempre più chiare le vicende dei figli di Niccolò, Francesco (nato a Perugia non si sa quando, morto a Milano nel 1449) e Iacopo (nato a Perugia nel 1423, morto a Napoli nel 1465), anche loro condottieri, anche loro collezionatori di sconfitte.
Il minor soldato da cui siamo partiti, Lorenzo Spirito, parla di queste cose e chi l’ha letto dice che il suo poema, Altro Marte, è brutto e noioso; non dicono che roba sia un altro poema, intitolato La Fenice; dicono che c’è rimasto, di lui Lorenzo Spirito, anche un canzoniere amoroso.
Del libro stampato qui a Perugia in questo anno 1482 alcuni non parlano, altri ne fanno cenno definendolo «curioso libretto che ebbe molto successo». In effetti questa edizione perugina del 1482 s’è persa (ce n’era una sola copia alla biblioteca di Ulma, tedesco Ulm, Ulm an der Donau: sulle enciclopedie le vicende di Ulma occupano uno spazio doppio di quelle di Niccolò Piccinino). Ma ce ne restano altre, stampate per esempio a Brescia nel 1484, a Roma nel 1485, e traduzioni francesi (1559, 1560, 1583,1634,1637), inglesi (1618, 1686), olandesi (1650)...
È un libro da «leggere», da adoperare, in un modo diverso dal solito. È una macchina divinatoria con venti quesiti che fanno da contorno a una Ruota della Fortuna («Se la vita dev’essere felice o sventurata», «Se la moglie è bona», «Se si deve vincere una guerra»). Dal quesito si passa, in altre pagine, a un Re, e dal Re a un «segno» (Alicorno, Diamante, Grifone...), e dal «segno», col tiro di tre dadi, si passa, sempre saltabeccando da una pagina a un’altra, a questo o quel pianeta, a questo o quel segno zodiacale, finché si perviene a un Profeta che dà in versi la risposta al quesito iniziale.
Posto, per ipotesi, che questo libro di Perugia del 1482 sia un ragionevole punto di partenza intermedio, molta strada si può fare per risalire indietro nel tempo, o per venire avanti.
Indietro nel tempo si trova notizia di libri (manoscritti) intitolati Sortes Prophetarum, Sortes Apostolorum «sorti dei profeti, sorti degli apostoli», che sembra fossero analoghi a questa macchina divinatoria perugina del 1482. Scarnificando il meccanismo, sembra ci porti indietro di secoli e secoli l’abitudine di aprire un libro a caso (la Bibbia, Virgilio) per trovare, puntando a caso il dito su una riga, la risposta oracolare a una domanda. Arricchendo daccapo il meccanismo, ai limiti estremi della raffinatezza meditativa, troviamo quel classico cinese che si chiama Yijing o I Ching o I King. So che mi seguite, perché so che avete letto tante cose di Carl Gustav Jung (1875-1961).
Poiché le pagine di Yijing vanno molteplicemente sfogliate, saltabeccando, non è assurdo trasformare il libro in un mazzo di carte, e ciò è stato fatto da A.G. Muller nel 1971. Col che finalmente avrete capito dove vado a parare: al mazzo dei tarocchi, e alla possibilità di utilizzarli non per fare una partita, bensì per un gioco di conversazione, o per scopi divinatori. Col che, sciogliendo e annodando i millenni, siamo ai giorni nostri.
Ma tornando a questo libro perugino del 1482 come ipotetico punto di partenza possiamo trovare ramificazioni meno vertiginose. Ne conosco due:
Triompho di fortuna di Sigismondo Fanti ferrarese, Venezia 1526 (di questo han fatto un buonissimo reprint le Edizioni Aldine di Modena, 1983);
Le ingeniose sorti composte per Francesco Marcolini intitulate Giardino di Pensieri, Venezia 1550.
Anche questi due libri, che cito a caso, solo perché mi è capitato di vederli, hanno avuto tante edizioni e imitazioni e traduzioni. Voglio ricordare che ancora negli anni Sessanta del nostro secolo due diversi editori come Bietti e Rizzoli avevano in catalogo L’Oracolo delle dame, e ancora qualche copia se ne trovava nelle cartolibrerie di periferia o di provincia nei primi anni Ottanta nel nostro secolo.
Se togliamo gli ultimi brandelli oracolari, il meccanismo che lacera la tradizione di leggere un libro dalla prima pagina all’ultima ha applicazioni in certe macchinazioni avanguardistiche recenti (Raymond Queneau, Marc Saporta eccetera).
Se, infine, a questi esperimenti di rarefatta letterarietà facciamo una robusta iniezione di intrattenimento popolare e giovanile arriviamo ai game-books (che sembra siano stati inventati o reinventati a New York nel 1969 da un avvocato, Edward Packard, e sono comparsi sul mercato librario italiano nel 1982, che combinazione, nel quinto centenario del libro da cui siamo partiti).
Chi si occupa di «narratologia» potrebbe prendere sul serio le strutture «arborescenti» dei game-books. Funzionano non solo su «supporto cartaceo» («libro» nel senso millenario della parola) ma anche su supporto elettronico.

Da Storia confidenziale della letteratura italiana. Dall'età del Boiardo al Seicento, BUR, 1990

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