12.1.18

Nuove religioni (o quasi). I pastafariani (Samuele Cafasso)

Venerano un prodigioso spaghetto volante, hanno il loro “Pappa” e celebrano pastrimoni. 
Il pastafarianesimo con l’arma dell’ironia pone il problema della separazione tra Stato e Chiesa
Milano - «Molte religioni spiegano il male nel mondo con giustificazioni molto deboli: se Dio è buono, perché il mondo che ha creato non è perfetto? Il Prodigioso spaghetto volante, invece, ha generato per prima cosa un vulcano di birra e, dopo essersi ubriacato, ha proceduto con la Creazione. Francamente, questa mi sembra la spiegazione più plausibile di tutti i guai». Vladimir è un artista di strada russo, trascorre ogni inverno in Italia e in Svizzera mentre in estate, solitamente, resta nel suo Paese, dove è Frescovo della Chiesa pastafariana di San Pietroburgo. Mi parla con un bicchiere di vino in mano, uno scolapasta agganciato al cappello calcato sulla testa e mai – assolutamente mai – mostra di non credere a quello che dice.
Ci sono otto persone a un tavolo d’angolo del pub Kapuziner, a Milano. Due hanno uno scolapasta in testa, uno un cappello da pirata, una quarta un berretto fatto a maglia raffigurante spaghetti e polpette. Età media molto bassa, scherzano e ridono in continuazione: è una riunione di pastafariani, una religione che può sembrare una burla, una goliardata, ma che in realtà sta cambiando il modo con cui alcune persone pongono il problema della laicità dello Stato nel quale vivono e che, ora, si prepara a chiedere anche all’Italia il riconoscimento ufficiale.
Oggi nel nostro Paese circa tremila persone hanno accettato di registrarsi online a un sito dove dichiarano di appartenere alla religione pastafariana mentre i simpatizzanti, secondo gli associati, sono circa 15 mila. Partecipano a manifestazioni per la laicità, ai Gay Pride, erigono simboli religiosi – il Liscafisso, una lisca di pesce – in cima alle montagne, accanto alle croci, salvo dirsi pronti a smontare tutto se anche i cattolici rimuoveranno i loro simboli. Dove vogliono arrivare i pastafariani? Manuel Guastella, fotografo, 38 anni, Frescovo della Pannocchia di Milano, sorride: «Abbiamo una lunga serie di rivendicazioni». Dopo la Polonia, l’Italia dove si sta riaccendendo su molti temi lo scontro tra laici e cattolici è uno dei Paesi dove il pastafarianesimo sta prendendo sempre più piede, attirando l’attenzione di media, associazioni e anche partiti, come i radicali. I pastafariani chiedono l’otto per mille, l’esenzione dell’Imu per le loro cucine e i pub che frequentano – dove mangiamo e beviamo sono luoghi di culto, dicono –, celebrano pastrimoni dove si possono unire anche più di due persone, di qualunque sesso, «purché maggiorenni e che si vogliano bene», parodiando le “Sentinelle in piedi” hanno fondato le “Tagliatelle in piedi”, manifestando con fumanti piatti di pasta e forchette in mezzo agli oltranzisti cattolici. In una di queste occasioni uno di loro, Giampietro Belotti, si è presentato vestito come la parodia di Hitler nel film il Grande dittatore, leggendo il Mein Kampf e sostenendo di essere «un nazista dell’Illinois» (altra citazione, da un film dei Blues Brothers). L’hanno portato in questura per accertare se non abbia commesso il reato di apologia del fascismo. A parte questo caso, mai ci sono stati problemi con le forze dell’ordine alle loro manifestazioni.
La storia del pastafarianesimo inizia nel 2005, negli Stati Uniti, quando un fisico americano scrive una lettera al consiglio superiore dell’istruzione del Kansas che doveva decidere se bisognasse insegnare nelle scuole, accanto all’evoluzionismo, anche la teoria del disegno intelligente, per rispetto alle convinzioni religiose di parte della popolazione. Bobby Handerson, da allora definito il profeta del pastafarianesimo, nella lettera sosteneva di credere, lui e altre persone, che il mondo fosse stato creato da «un Prodigioso spaghetto volante» e di aspettarsi, quindi, che tale teoria venisse insegnata nelle scuole. Di fatto, la lettera era la versione scherzosa della metafora della teiera di Bertrand Russel che, in chiave anti-religiosa, scrisse nel 1952 un articolo ipotizzando di sostenere che, tra Marte e la Terra, si muovesse su un’orbita ellittica una teiera di porcellana, troppo piccola per essere avvistata. «Se io dicessi che, giacché la mia asserzione non può essere smentita, dubitarne sarebbe un’intollerabile presunzione da parte della ragione umana, si penserebbe giustamente che stia dicendo fesserie». Eppure, sosteneva Russel, è quello che succede con le religioni dove, anzi, è considerato eccentrico chi dubita.
La differenza tra la metafora della teiera e lo Spaghetto volante è che gli adepti del pastafarianesimo hanno costruito intorno a quella lettera tutta una loro cosmologia e fede fatta di condimenti al posto dei comandamenti, riti, officianti, paramenti “pirateschi”. Chiedono, per la propria religione, gli stessi diritti riconosciuti a tutte le altre. Oppure, niente a nessuno, riducendo la fede a questione privata. A capo dell’associazione italiana c’è un ricercatore universitario che ha vissuto per lungo tempo in Messico, Marco De Paolini. Si fa chiamare Pastefice Massimo, o Pappa: «I miei figli sono entusiasti del mio pastafarianesimo. Mia moglie dipende, va a periodi: dubita che questo sia il modo giusto per portare avanti battaglie sui diritti civili». Problema confermato da uno dei partecipanti alla riunione milanese: «I miei genitori dicono: non vi prenderanno mai sul serio».
Gli adepti del Prodigioso spaghetto volante in effetti non hanno sedi (almeno in Italia), si incontrano soprattutto per mangiare e bere assieme, manifestano vestiti da pirati tra urla e scherzi. Come prenderli sul serio? La formula però fa breccia, soprattutto tra i giovani, nelle università ma anche nelle scuole superiori dove i pastafariani vengono invitati durante le autogestioni e dando così nuovo smalto a un movimento anticattolico che raramente, nella storia italiana, si è mostrato disposto a usare l’arma dell’ironia e del sorriso, Vernacoliere escluso. In più, qui c’è l’elemento del paradosso portato al suo estremo.
«Qualcuno dice che noi non siamo una religione: la verità è che nel mondo è forte la Pastafarianofobia. La fede pastafariana non è sindacabile», conclude un altro associato, Carlo Ferretti e alza la sua birra, o quel che ne rimane. «Imbecilli», li apostrofa qualcuno per strada durante le manifestazioni. Molti sorridono e alzano le spalle. Ma in Polonia, dove già i pastafariani hanno presentato la domanda per il riconoscimento come religione, sui giornali e anche nei tribunali la questione è diventato dibattito nazionale. Cosa succederà quando, presto, faranno lo stesso anche in Italia? In attesa di saperlo, il mese scorso il russo Andrei Filin è riuscito a farsi riconoscere dal proprio Paese il diritto a mettere sulla patente di guida la foto con in testa lo scolapasta. Prima di lui l’impresa era riuscita solo ad altri quattro adepti in tutto il mondo. A fare da apripista, nel 2011, era stato l’austriaco Niko Alm.


Pagina 99, 13 febbraio 2016

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