Venerano un prodigioso
spaghetto volante, hanno il loro “Pappa” e celebrano pastrimoni.
Il pastafarianesimo con l’arma
dell’ironia pone il problema della separazione tra Stato e Chiesa
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Milano - «Molte
religioni spiegano il male nel mondo con giustificazioni molto
deboli: se Dio è buono, perché il mondo che ha creato non è
perfetto? Il Prodigioso spaghetto volante, invece, ha generato per
prima cosa un vulcano di birra e, dopo essersi ubriacato, ha
proceduto con la Creazione. Francamente, questa mi sembra la
spiegazione più plausibile di tutti i guai». Vladimir è un artista
di strada russo, trascorre ogni inverno in Italia e in Svizzera
mentre in estate, solitamente, resta nel suo Paese, dove è Frescovo
della Chiesa pastafariana di San Pietroburgo. Mi parla con un
bicchiere di vino in mano, uno scolapasta agganciato al cappello
calcato sulla testa e mai – assolutamente mai – mostra di non
credere a quello che dice.
Ci sono otto persone a un
tavolo d’angolo del pub Kapuziner, a Milano. Due hanno uno
scolapasta in testa, uno un cappello da pirata, una quarta un
berretto fatto a maglia raffigurante spaghetti e polpette. Età media
molto bassa, scherzano e ridono in continuazione: è una riunione di
pastafariani, una religione che può sembrare una burla, una
goliardata, ma che in realtà sta cambiando il modo con cui alcune
persone pongono il problema della laicità dello Stato nel quale
vivono e che, ora, si prepara a chiedere anche all’Italia il
riconoscimento ufficiale.
Oggi nel nostro Paese
circa tremila persone hanno accettato di registrarsi online a un sito
dove dichiarano di appartenere alla religione pastafariana mentre i
simpatizzanti, secondo gli associati, sono circa 15 mila. Partecipano
a manifestazioni per la laicità, ai Gay Pride, erigono simboli
religiosi – il Liscafisso, una lisca di pesce – in cima alle
montagne, accanto alle croci, salvo dirsi pronti a smontare tutto se
anche i cattolici rimuoveranno i loro simboli. Dove vogliono arrivare
i pastafariani? Manuel Guastella, fotografo, 38 anni, Frescovo della
Pannocchia di Milano, sorride: «Abbiamo una lunga serie di
rivendicazioni». Dopo la Polonia, l’Italia dove si sta
riaccendendo su molti temi lo scontro tra laici e cattolici è uno
dei Paesi dove il pastafarianesimo sta prendendo sempre più piede,
attirando l’attenzione di media, associazioni e anche partiti, come
i radicali. I pastafariani chiedono l’otto per mille, l’esenzione
dell’Imu per le loro cucine e i pub che frequentano – dove
mangiamo e beviamo sono luoghi di culto, dicono –, celebrano
pastrimoni dove si possono unire anche più di due persone, di
qualunque sesso, «purché maggiorenni e che si vogliano bene»,
parodiando le “Sentinelle in piedi” hanno fondato le “Tagliatelle
in piedi”, manifestando con fumanti piatti di pasta e forchette in
mezzo agli oltranzisti cattolici. In una di queste occasioni uno di
loro, Giampietro Belotti, si è presentato vestito come la parodia di
Hitler nel film il Grande dittatore, leggendo il Mein Kampf e
sostenendo di essere «un nazista dell’Illinois» (altra citazione,
da un film dei Blues Brothers). L’hanno portato in questura per
accertare se non abbia commesso il reato di apologia del fascismo. A
parte questo caso, mai ci sono stati problemi con le forze
dell’ordine alle loro manifestazioni.
La storia del
pastafarianesimo inizia nel 2005, negli Stati Uniti, quando un fisico
americano scrive una lettera al consiglio superiore dell’istruzione
del Kansas che doveva decidere se bisognasse insegnare nelle scuole,
accanto all’evoluzionismo, anche la teoria del disegno
intelligente, per rispetto alle convinzioni religiose di parte della
popolazione. Bobby Handerson, da allora definito il profeta del
pastafarianesimo, nella lettera sosteneva di credere, lui e altre
persone, che il mondo fosse stato creato da «un Prodigioso spaghetto
volante» e di aspettarsi, quindi, che tale teoria venisse insegnata
nelle scuole. Di fatto, la lettera era la versione scherzosa della
metafora della teiera di Bertrand Russel che, in chiave
anti-religiosa, scrisse nel 1952 un articolo ipotizzando di sostenere
che, tra Marte e la Terra, si muovesse su un’orbita ellittica una
teiera di porcellana, troppo piccola per essere avvistata. «Se io
dicessi che, giacché la mia asserzione non può essere smentita,
dubitarne sarebbe un’intollerabile presunzione da parte della
ragione umana, si penserebbe giustamente che stia dicendo fesserie».
Eppure, sosteneva Russel, è quello che succede con le religioni
dove, anzi, è considerato eccentrico chi dubita.
La differenza tra la
metafora della teiera e lo Spaghetto volante è che gli adepti del
pastafarianesimo hanno costruito intorno a quella lettera tutta una
loro cosmologia e fede fatta di condimenti al posto dei comandamenti,
riti, officianti, paramenti “pirateschi”. Chiedono, per la
propria religione, gli stessi diritti riconosciuti a tutte le altre.
Oppure, niente a nessuno, riducendo la fede a questione privata. A
capo dell’associazione italiana c’è un ricercatore universitario
che ha vissuto per lungo tempo in Messico, Marco De Paolini. Si fa
chiamare Pastefice Massimo, o Pappa: «I miei figli sono entusiasti
del mio pastafarianesimo. Mia moglie dipende, va a periodi: dubita
che questo sia il modo giusto per portare avanti battaglie sui
diritti civili». Problema confermato da uno dei partecipanti alla
riunione milanese: «I miei genitori dicono: non vi prenderanno mai
sul serio».
Gli adepti del Prodigioso
spaghetto volante in effetti non hanno sedi (almeno in Italia), si
incontrano soprattutto per mangiare e bere assieme, manifestano
vestiti da pirati tra urla e scherzi. Come prenderli sul serio? La
formula però fa breccia, soprattutto tra i giovani, nelle università
ma anche nelle scuole superiori dove i pastafariani vengono invitati
durante le autogestioni e dando così nuovo smalto a un movimento
anticattolico che raramente, nella storia italiana, si è mostrato
disposto a usare l’arma dell’ironia e del sorriso, Vernacoliere
escluso. In più, qui c’è l’elemento del paradosso portato al
suo estremo.
«Qualcuno dice che noi
non siamo una religione: la verità è che nel mondo è forte la
Pastafarianofobia. La fede pastafariana non è sindacabile»,
conclude un altro associato, Carlo Ferretti e alza la sua birra, o
quel che ne rimane. «Imbecilli», li apostrofa qualcuno per strada
durante le manifestazioni. Molti sorridono e alzano le spalle. Ma in
Polonia, dove già i pastafariani hanno presentato la domanda per il
riconoscimento come religione, sui giornali e anche nei tribunali la
questione è diventato dibattito nazionale. Cosa succederà quando,
presto, faranno lo stesso anche in Italia? In attesa di saperlo, il
mese scorso il russo Andrei Filin è riuscito a farsi riconoscere dal
proprio Paese il diritto a mettere sulla patente di guida la foto con
in testa lo scolapasta. Prima di lui l’impresa era riuscita solo ad
altri quattro adepti in tutto il mondo. A fare da apripista, nel
2011, era stato l’austriaco Niko Alm.
Pagina 99, 13 febbraio
2016
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