10.2.11

Otello (di Vittorio Gassman)

1959
Otello suda a rivoli; è entrato nella camera di Desdemona, la torcia poggiata accanto al baldacchino butta riflessi d'ombra sulle sue guance madide. Ha una forte bronchite. Otello, scava dal fondo del ventre i brandelli di voce rimastigli, impastandoli a un'emozione che sta toccando il culmine.
"Avete detto stasera le vostre preghiere?".
"Sì, mio signore". Come la scena si addentra nei meandri del dolore, la mente dà la caccia a cento immagini parallele.
Che teatro, stasera! - devo serbare un po' di fiato per il "non ha fulmini" - c'è anche Visconti, che dirà? - alza la testa, Annamaria, come faccio a strangolarti - ora devo piangere - oh, papà, il fienile in cui ci riparammo durante quella gita... - così commosso ma composto, a Norina lo spettacolo piacerà, eccola lì accanto a Luchino, naturalmente - cantavamo, il vento soffiava fuori dal fienile, stavo aggrappato a te, sentivo il calore del tuo corpo - mi avrà già messo le corna, Annamaria? sarebbe comprensibile - che avrà da agitarsi quella stronza col cappellino - basta, non pensare più, abbandonati... - "Bianca sei, bianca come la tua veste notturna...". 
E mentre sospirava l'addio a Desdemona, scosso da un pianto che, ora sì, gli squassava le viscere, suonò distinta la voce del cappellino, rivolta alla poltrona accanto ma forte per arrivare al palcoscenico: "Guarda com'è cattivo: piange sul serio".
Vittorio avrebbe riflettuto molto sul senso di quella frase in apparenza priva di senso: vi avrebbe decifrato lo scetticismo di fondo di certo pubblico italiano, quel modo di andare a teatro nella speranza che qualcosa non funzioni, che il protagonista scordi la parte o muoia incornato nella corrida. Forse la distanziazione predicata da Brecht è anche la cautela lucida che l'attore deve imporsi per non soccombere al duello con gli spettatori, impedir loro di divorarlo col loro amore o con la loro idifferenza.

Da Un grande avvenire dietro le spalle, Longanesi,1981. 

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